Fino
agli anni ’70 il medico condotto, con anche 5000 assistiti, in servizio giorno
e notte, senza poter dedicare un minuto della propria giornata alla famiglia o
allo svago, dava risposte di salute che andavano dalla risoluzione di problemi
odontoiatrici a quelli ginecologici e psichiatrici, visto lo scarso ricorso a
figure specialistiche da parte di una utenza a quei tempi poco esigente.
A
partire dagli anni ’80, per consentire anche ai medici di famiglia di avere una
vita privata, si è andati incontro ad un ridimensionamento del numero di
assistiti per ciascun medico e ad una riorganizzazione della sanità del
territorio, basata su un modello di progressivo decentramento del servizio
grazie all’istituzione della Guardia Medica, presidio presente anche nei piccoli
centri, con attività notturna, prefestiva e festiva, a supporto di quella
diurna del medico di fiducia, così da offrire un’assistenza medica capillare
per tutte le 24 ore.
Dopo
questi decenni di decentramento dei servizi, che hanno favorito una maggiore
inclusività ed impedito che parti di popolazione potessero essere più
svantaggiate di altre, invece di ottimizzare i risultati raggiunti e portare
sempre più la sanità al domicilio dei cittadini, particolarmente di quelli più
svantaggiati e fragili, ecco che si ritorna al passato, anzi anche peggio, con
una controriforma sanitaria che mira ad un nuovo aggressivo accentramento.
Dicono
che sia in nome di una razionalizzazione della spesa e riqualificazione della
sanità nel territorio. In realtà, l’unico vero risultato sarà lo smantellamento
della sanità pubblica a favore di quella privata, con impossibilità di accesso
alle cure primarie per le fasce più deboli della popolazione. Come vedremo si
risparmierà ben poco e, se risparmio ci sarà, verrà fatto sulla pelle dei
cittadini.
La
controriforma della rete sanitaria territoriale mira al superamento del
servizio di guardia medica fino alla sua scomparsa, con riorganizzazione
dell’attività di medicina generale secondo un modello di continuità
assistenziale H16 e non più H24 com’è attualmente. Il numero delle guardie
mediche verrà ridotto da 190 a 29 (in un secondo tempo spariranno anche queste)
e i medici verranno associati in una forma organizzativa detta AFT o
aggregazione funzionale territoriale, 62 su tutto il territorio regionale,
costituita da medici di famiglia e medici di guardia medica in un rapporto di
5/1, per un bacino d’utenza di 30 mila persone.
Il
servizio verrà garantito dalle 8 alle 24 nei giorni da lunedì a venerdì,
coperto dalle 8 alle 20 dai medici di assistenza primaria, e dalle 20 alle 24
dai medici di guardia medica; sabato e festivi il servizio verrà garantito
dalle 8 alle 20 dalla guardia medica. Dopo le 24 e sino alle 8 del mattino, per
le sole urgenze, il servizio dovrà essere garantito dal 118 che dunque dovrà
occuparsi oltre che di emergenze anche di codici bianchi, venendo meno ai suoi
compiti istitutivi.
Un
ritorno al passato ed anche peggio, visto che i piccoli centri, anche quelli
che distano più di 30’ dal più vicino presidio ospedaliero, geograficamente
isolati e con strade tortuose e difficilmente praticabili , non solo verranno
privati della guardia medica ma, durante le ore notturne, non avranno alcun
servizio sostitutivo, se non quel servizio emergenziale, il 118 che, così come
è organizzato in questo momento, non potrà certo fronteggiare la richiesta di
un così vasto territorio senza il filtro di una postazione medica locale. Ma
non solo perderanno la guardia medica, verranno anche privati dell’ambulatorio
del medico di fiducia, associato ad altri medici nel centro di maggiori
dimensioni, così da costringere l’utenza a faticosi pellegrinaggi.
Questa
riforma porterà all’isolamento sanitario dei piccoli paesi, che in Sardegna
sono la maggior parte, favorendone l’ulteriore spopolamento o comunque
costringendo i cittadini a ridurre l’attenzione per la propria salute vista la
difficoltà di accesso alle cure. Ci sarà un sovraccarico del 118 che già oggi
opera in condizioni di enorme difficoltà e una presa d’assalto del Pronto Soccorso
da parte di un’utenza che non avrà più riferimenti sul territorio, con
conseguente incremento degli accessi e dei ricoveri impropri.
Mi
auguro che tutti i Sindaci, che nei rispettivi centri, rappresentano la massima
autorità sanitaria, abbiano il coraggio di ribellarsi ad una riforma sanitaria
scellerata e penalizzante, che metterà a rischio la vita delle persone, e
abbiano la forza di difendere le comunità di cui sono rappresentanti. E mi
auguro che i cittadini tutti, rendendosi conto della pericolosità di questa
controriforma scendano in piazza per protestare e difendere un diritto
fondamentale, il diritto alla salute, costituzionalmente sancito a prescindere
dal censo di appartenenza.
(Paola
Correddu è un’attivista della Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica)
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