Le forze israeliane hanno ucciso quattro palestinesi, compreso un
ragazzino, mentre per il quarto venerdì consecutivo si svolgevano
manifestazioni di massa lungo il lato orientale di Gaza come parte di una
protesta di sei settimane per la “Grande Marcia del Ritorno”.
Muhammad
Ibrahim Ayyoub, 14 anni, colpito venerdì alla testa a est di Jabaliya nel nord
di Gaza, è il quarto minorenne tra i più di 30 palestinesi uccisi durante le
proteste da quando, il 30 marzo, le manifestazioni sono iniziate.
“Infermieri
che oggi hanno portato via il ragazzino hanno dichiarato che è stato colpito
alla testa con un proiettile letale a circa 50 metri dalla barriera, a est di
Jabaliya, senza nessun indizio che rappresentasse un pericolo per le forze
israeliane,” ha affermato venerdì l’ufficio delle Nazioni Unite per il
Coordinamento delle Questioni Umanitarie.
L’inviato
delle Nazioni Unite per la pace in Medio Oriente Nickolay Mladenov ha
abbandonato le sue abitualmente caute dichiarazioni che esprimono
“preoccupazione” e chiedono “la massima moderazione”.
Su Twitter
Mladenov ha sostenuto che è “vergognoso sparare a un ragazzino!” ed ha aggiunto
che “il tragico incidente deve essere indagato.”
Gli altri
tre palestinesi uccisi venerdì sono stati identificati dal ministero della Salute
di Gaza come Ahmad Nabil Abu Aqel, 20 anni, Ahmad Rashad al-Athamna, 24, e Saad
Abd al-Majid Abd al-Al Abu Taha, 29.
Abu Aqel, di
Beit Hanoun, nella parte settentrionale di Gaza, è stato colpito da un
proiettile alla nuca durante proteste a est del campo di rifugiati di Jabaliya.
Fotografie che circolano sulle reti sociali mostrano che parte del suo cranio è
stata strappata via.
Immagini che
mostrano Abu Aqel prima che venisse colpito sono circolate sulle reti sociali
in seguito all’annuncio della sua morte.
Una di
queste lo mostra mentre viene curato da un medico per una lieve ferita prima
che venisse ucciso.
Secondo il
gruppo per i diritti umani “Al Mezan”, con sede a Gaza, Abu Aqel era “seduto su
una collina di sabbia a circa 150 metri a ovest della barriera di confine, e
voltava la schiena alle forze di occupazione israeliane quando queste ultime
gli hanno sparato” venerdì.
Abu Aqel
usava le stampelle in seguito al fatto di essere rimasto ferito da un
proiettile vero alla gamba sinistra durante la protesta dell’8 dicembre contro
il riconoscimento USA di Gerusalemme come capitale di Israele.
Al Mezan
afferma che l’uccisione di Abu Aqel, un disabile che non rappresentava nessuna
ragionevole minaccia per le forze israeliane, a molta distanza e protette da
fortificazioni di terra e da barriere, ricorda l’uccisione da parte di un
cecchino, nel dicembre 2017, di Ibrahim Abu Thurrayya, un uomo in sedia a
rotelle che aveva perso le sue gambe in un precedente attacco israeliano.
Ahmad Rashad
al-Athamna è stato ferito mortalmente venerdì da una pallottola alla schiena a
Beit Hanoun, nel nord della Striscia di Gaza.
Dopo
l’annuncio della sua morte sulle reti sociali è circolata una sua foto.
Il ministero
della Salute di Gaza ha affermato che Saad Abd al-Majid Abd al-Al Abu Taha è
stato colpito al collo durante proteste a est di Khan Younis.
Il ministero
ha informato che più di 700 persone sono rimaste ferite durante le proteste di
venerdì, 156 delle quali da proiettili veri. Quattro sarebbero state gravemente
ferite.
“Al Mezan”
ha chiesto “alla comunità internazionale di passare dalla semplice condanna a
un’azione concreta per proteggere i civili e garantire il rispetto dei principi
dei diritti umani e delle leggi umanitarie.”
Il gruppo ha
aggiunto che la continua tolleranza nei confronti del comportamento di Israele
costituisce “un incoraggiamento perché le forze israeliane mettano in atto
sistematiche violazioni delle leggi internazionali.”
Secondo “Al
Mezan” dal 30 marzo più di 1.600 palestinesi di Gaza sono rimasti feriti da
proiettili veri durante le proteste.
Questa
settimana il gruppo palestinese per i diritti umani “Al-Haq” ha affermato di
aver documentato ferite da parte delle forze israeliane “che hanno preso di
mira deliberatamente specifiche parti del corpo dei manifestanti palestinesi a
Gaza, provocando la morte o ferite gravi e permanenti.”
Il direttore
del pronto soccorso dell’ospedale al-Shifa, il più grande di Gaza, ha detto ad
“Al-Haq” che la maggior parte delle ferite sono state provocate da “munizioni
vere, per lo più dirette agli arti inferiori, con la rottura di vaste parti
ossee, il taglio di vene, nervi e muscoli e la perdita di pelle nella zona
ferita.”
Secondo
Al-Haq l’ospedale ha osservato “una nuova caratteristica delle ferite”
dall’inizio delle proteste della “Grande Marcia del Ritorno” il 30 marzo, “per
cui il punto di entrata del proiettile è piccolo mentre il foro d’uscita è
grande.” Questi casi “richiedono operazioni di molte ore e una equipe medica
più numerosa.”
Al-Shifa ha
anche avuto casi senza precedenti di danni provocati da gas lacrimogeni che
comprendono “commozione cerebrale, forti crampi e perdita dei sensi a causa
dell’inalazione dei gas, che necessitano di immediata sedazione, ausili
respiratori e trattamenti di evaporazione.”
Il gruppo
umanitario “Medici senza Frontiere” ha anche osservato nelle scorse tre
settimane “ferite insolitamente gravi e devastanti da armi da fuoco.”
“La grande
maggioranza dei pazienti – per lo più giovani, ma anche qualche donna e bambino
– presenta ferite insolitamente gravi agli arti inferiori,” ha affermato il
gruppo, sottolineando che alcuni dei fori d’uscita erano “delle dimensioni di
un pugno.”
Giovedì
l’associazione umanitaria ha dichiarato che “il numero di pazienti curati nei
nostri ambulatori nelle ultime tre settimane è maggiore del numero di quelli
che abbiamo assistito durante tutto il 2014, quando è stata lanciata
l’operazione militare israeliana “Margine protettivo” contro la Striscia di
Gaza.
Marie-Elisabeth
Ingres, capo della missione di “Medici senza Frontiere” in Palestina, ha
affermato in un comunicato stampa che “metà dei più di 500 pazienti che abbiamo
accolto nei nostri ambulatori presenta ferite in cui la pallottola ha
letteralmente distrutto il tessuto dopo aver fatto a pezzi l’osso.”
“Questi
pazienti necessiteranno di operazioni chirurgiche estremamente complesse e
molti di loro rimarranno disabili a vita,” ha aggiunto.
Alcuni
pazienti dovranno subire l’amputazione delle gambe se non riceveranno da
Israele il permesso di avere cure mediche specialistiche fuori da Gaza, come è
già successo per molti manifestanti feriti.
Jamie
McGoldrick, il vice-coordinatore speciale dell’ONU per il processo di pace in
Medio Oriente, giovedì ha affermato che “l’attuale picco di necessità
umanitarie è una crisi che è più grave di una catastrofe.”
McGoldrick
ha aggiunto che “gli operatori dei servizi essenziali di Gaza non hanno al
momento la possibilità di gestire l’attuale situazione.”
Venerdì
l’ufficio ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari ha detto che il
sistema sanitario di Gaza è “sull’orlo del collasso in seguito al blocco decennale,
alla divisione politica sempre più profonda tra i palestinesi, alla crisi
energetica in peggioramento, al pagamento irregolare del personale medico del
settore pubblico e alla crescente mancanza di medicine e di prodotti monouso.”
L’OCHA ha
aggiunto che “l’esposizione alla violenza durante le ultime tre settimane ha
anche avuto conseguenze significative per la salute mentale e psicosociale,
soprattutto tra i bambini.”
Propaganda
israeliana
Israele
continua a sostenere la versione secondo cui la sua repressione mortale contro
manifestanti disarmati è necessaria per difendere i suoi confini e i civili da
“disordini” utilizzati come copertura del “terrorismo” di Hamas.
Un video
propagandistico dell’esercito afferma: “È per questo che l’IDF (l’esercito
israeliano) deve proteggere la barriera di sicurezza.”
Non un solo
soldato o civile israeliano risulta essere stato ferito in seguito alle
proteste della “Grande Marcia del Ritorno”.
Due terzi
dei due milioni di abitanti di Gaza sono rifugiati provenienti dalle terre su
cui è stato dichiarato lo Stato di Israele nel 1948. Israele ha da molto tempo
impedito ai rifugiati palestinesi di tornare nelle loro terre e case in quanto
non sono ebrei.
Venerdì
mattina l’esercito israeliano ha lanciato su Gaza volantini che mettono in
guardia gli abitanti dall’avvicinarsi o danneggiare la barriera di confine tra
Gaza e Israele.
“L’IDF
prenderà iniziative contro qualunque tentativo di danneggiare la barriera e le
sue parti e di ogni altra struttura militare”, afferma il volantino.
L’avvertimento
dell’esercito aggiunge: “Hamas vi sta utilizzando per promuovere gli interessi
del suo movimento. Non seguite gli ordini di Hamas che mettono in pericolo le
vostre vite.”
All’inizio
della settimana il COGAT, il braccio amministrativo dell’occupazione militare
israeliana, ha affermato che avrebbe sanzionato 14 compagnie di autobus che
trasportano “terroristi di Hamas e rivoltosi violenti” al confine orientale di
Gaza.
Il COGAT
aveva in precedenza pubblicato quella che ha sostenuto essere una registrazione
tra uno dei propri funzionari e un rappresentante della compagnia di autobus di
Gaza, in cui il funzionario dice che “non consentiremo che tu e la tua famiglia
manteniate un qualunque rapporto commerciale o imprenditoriale o personale con
il lato israeliano” come punizione per aver trasportato manifestanti.
I messaggi
di Israele non sembrano aver avuto effetto, in quanto Israele ha ricevuto un
avvertimento dalla procura generale della Corte Penale Internazionale che i
suoi dirigenti potrebbero dover affrontare un processo per l’uccisione di
manifestanti disarmati.
Ha anche
ricevuto la condanna di una serie di esperti dei diritti umani dell’ONU che
hanno chiesto la fine immediata del blocco di Gaza.
La scorsa
settimana Israele ha pubblicato una foto che mostrerebbe giornalisti utilizzati
come scudi umani durante le proteste a Gaza.
L’agenzia
France Press ha informato che, quando per la prima volta ha distribuito la
foto, il 13 aprile, l’esercito ha sostenuto che mostrava “un terrorista che
brandiva un oggetto sospettato di essere un ordigno esplosivo utilizzato per
fini terroristici mentre giornalisti e una persona invalida gli stavano
vicino.”
Un’inchiesta
dell’APF ha scoperto, invece, che il “terrorista” mostrato nella foto stava
“cercando senza riuscirci di accendere quello che sembrava un normale fuoco
d’artificio mentre era a terra in mezzo al fumo nero di copertoni incendiati.”
Il
giornalista dell’AFP che si vede nell’immagine ha detto che l’uomo “in seguito
ha rinunciato e se n’è andato.”
Secondo la
“Commissione per la Protezione dei Giornalisti”, dal 30 marzo almeno 13
giornalisti palestinesi sono stati colpiti da cecchini israeliani mentre
informavano sulle proteste, compreso uno che è stato ucciso.
Venerdì
quattro giornalisti sono stati feriti da proiettili veri, da inalazioni di gas
lacrimogeni e da un candelotto lacrimogeno.
In una
lettera al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu la “Commissione per la
Protezione dei Giornalisti” (CPJ) ha osservato che la maggior parte dei
giornalisti colpiti dal 30 marzo portava giubbotti con la scritta “STAMPA” al
momento del ferimento.
“I colpi
sparati suggeriscono che le autorità israeliane potrebbero star cercando di
reprimere la copertura mediatica delle proteste,” ha affermato il CPJ.
“Persino se
l’IDF (l’esercito israeliano) non stesse deliberatamente prendendo di mira
giornalisti,” ha aggiunto il gruppo, “il suo uso di munizioni letali come primo
strumento da utilizzare invece di mezzi non letali sottopone i giornalisti –
soprattutto i fotografi e i video operatori che devono essere in prima linea
per riprendere le immagini – a un rischio terribile, rendendo il loro lavoro
quasi impossibile.”
Anche le
affermazioni fatte dal ministro della Difesa di Israele Avigdor Lieberman
secondo cui Yaser Murtaja, un cameraman ucciso il 6 aprile dalle sue forze
armate mentre stava informando sulle proteste, era un membro stipendiato
dell’ala militare di Hamas, sono state smentite da organi di controllo della
libertà di stampa, compresa la CPJ.
Nel contempo
il gruppo della resistenza palestinese Jihad Islamica ha diramato un proprio
video propagandistico, avvertendo Israele che “state uccidendo la nostra gente
a sangue freddo e pensate di essere al sicuro, ma i mirini dei nostri cecchini
sono puntati sui vostri comandanti in capo.”
Il video
mostra ufficiali dell’esercito, compreso il capo del COGAT Yoav Mordechai,
visti attraverso un binocolo e il mirino di un fucile.
Il video
della Jihad Islamica sembra essere una risposta alla propaganda presentata dal
portavoce in arabo dell’esercito israeliano, che mostra manifestanti, compreso
un bambino, inquadrati da un binocolo con l’avvertimento che “vi vediamo bene”
o minacce del genere.
In risposta al
video [della Jihad Islamica, ndt.], il ministro israeliano dell’Intelligence
Yisrael Katz ha diramato una minaccia secondo cui qualunque aggressione a
importanti personalità dell’esercito israeliano da parte dei gruppi della
resistenza palestinese “porterà immediatamente alla ripresa degli omicidi
mirati dei dirigenti di Hamas.”
Un rapporto
di “Human Rights Watch” [organizzazione per i diritti umani con sede a New
York, ndt.] afferma che la violenza letale di Israele contro i palestinesi che
manifestavano durante l’inizio della “Grande Marcia del Ritorno” è stata
premeditata, illegale in base alle leggi internazionali e ordinata dai più alti
livelli del governo.
(traduzione di Amedeo Rossi)
20 aprile 2018, Electronic Intifada
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