giovedì 5 settembre 2019

“DOVE E COME” i migranti trovano i soldi per salire sulle barche con destinazione Italia - Claudio Khaled Ser



Desidero rispondere a Daniele Malenchini e a tutti coloro che si chiedono “dove e come” i migranti trovano i soldi per salire sulle barche con destinazione Italia.
Non é facile spiegarlo ma ci provo.
È innanzi tutto importante ricordare che il viaggio, non inizia sulle coste libiche ma ha un antecedente di sofferenza forse tanto grande quanto la traversata del Mediterraneo. 

E non è un “unicum”, ma è fatto di traversate del deserto, di soste di mesi, di ricerca di fondi, di attese, di schiavitù, di rimpatri da un Paese africano all’altro, di fallimenti e di ripartenze.

Se si guarda il viaggio solo dalla prospettiva europea, ovvero, da quando delle barche lasciano le acque territoriali libiche non potremo mai capire il senso e la natura dello stesso.
Un posto su un barcone costa 250 dollari e per chi porta quattro compagni di viaggio paganti, il posto è gratis. Come per un’agenzia di viaggi. Le città della Libia nord occidentale, da dove parte la quasi totalità delle imbarcazioni dirette verso l’Italia, sono in mano a milizie che si arricchiscono (anche ma non solo) con il traffico dei migranti.
Non esistono vere cupole, non c’è un’unica mafia.

A Sabratha (100 chilometri a ovest di Tripoli) ad esempio c’è una famiglia che comanda: i Dabbashi. Tra loro ci sono miliziani filo-Isis, ex ministri, ambasciatori, sindaci e trafficanti di uomini. Le loro relazioni toccano sia il governo di Tripoli, sia i suoi oppositori: il loro potere è forte e radicato.

È frequente il caso di ex miliziani che così arrivano a ricoprire ruoli politici «ufficiali», con il beneplacito del governo.
Più a sud, invece, non esiste alcuna autorità. I migranti così finiscono nelle reti delle tribù beduine che li rivendono ad altri gruppi di miliziani. I soldi intascati vengono poi reinvestiti per l’acquisto di armi. Nella zona di confine con Niger e Ciad ci sono i Tebu, i Souleyman, i Tuareg.
Una volta finiti nelle mani dei miliziani, per i migranti non vi sono più certezze sul buon esito della loro traversata. Il riscatto di un migrante può costare anche diverse migliaia di dollari, Chi non li ha, o non ha una famiglia alle spalle che si impegna a pagare per Lui, è costretto a lavorare in condizioni di semi schiavitù per i propri carcerieri.
A volte, invece, i migranti vengono semplicemente abbandonati in centri di detenzione senza legge e senza autorità. Il caos è tale che qualcuno vuole addirittura tornare ad Agadez e abbandonare il viaggio verso l’Europa: il biglietto di ritorno dalla Libia al Niger costa 150 dollari.
Il viaggio nel deserto è diventato per questo pericoloso almeno quanto quello in mare. Ed è anche il più costoso: la rotta più economica è quella da Khartoum (Sudan) a Kufra (Libia sud occidentale)
Da Agadez, in Niger, a Sebha, nel Fezzan libico, il prezzo arriva anche al doppio. Per gli eritrei e gli etiopi, poi, entrare in Libia è diventato proibitivo, anche in termini di economici.

Così i trafficanti hanno aperto una nuova rotta verso l’Egitto.

Da lì ci si imbarca per la Grecia o a volte fino all’Italia, al prezzo di circa 2 mila euro.
Prendiamo per esempio e per chiarire meglio il discorso, il caso di “Ahmed e di Ebrima”
Ahmed è partito da Kisimayo, in Somalia, quando aveva 23 anni, nel 2015. Non aveva i soldi per partire, ma ha deciso lo stesso di diventare «tahriib», migrante. La parola in arabo significa «attività illegale».
Capita spesso che prima di partire un migrante non abbia i 3 mila dollari per andare dalla Somalia all’Italia. Così nelle grandi città di passaggio (Khartoum, Addis Abeba, Tripoli) Ahmed ha dovuto lavorare per paghe da fame (20/30 dollari al mese) per finanziarsi il viaggio.

Ha impiegato quasi quattro anni per arrivare al Cara di Mineo.
Ebrima ha da poco compiuto 18 anni. Viene dal Gambia e ora è in attesa del riscontro alla sua domanda d’asilo, rigettata alla prima istanza.
Quando è partito, più di due anni fa, il presidente Jammeh stava trasformando il Paese in una delle dittature peggiori del continente. È sbarcato a Pozzallo nel luglio 2018 dopo un viaggio costato oltre 3 mila dollari. Nella periferia di Banjul aveva cominciato a lavorare come parrucchiere.

Quando ha racimolato abbastanza soldi per partire, ha preso «la strada sul retro» («the back way»), come i gambiani chiamano la rotta per l’Italia. La tappa più importante è Agadez, in Niger, il cuore della rotta occidentale.
Qui arrivano circa 3 mila migranti alla settimana, e altrettanti ne ripartono, a bordo di 4×4 stipate con almeno 25 passeggeri ciascuno o su camion, ammassati uno sopra l’altro pur di partire..

Da lì si prosegue per Tumu, il confine Niger-Libia, poi Sebha e da quel punto, si va verso la costa. I circa 600 dollari raccolti da Ebrima sono stati sufficienti a raggiungerla, ma per l’ultimo tratto ne servivano altri. Ha lavorato nei campi, ha fatto il muratore (dodici ore di lavoro per 3 dollari al giorno) fino a quando aveva in tasca i soldi per partire.
Questi sono solo due esempi, ne potrei citare molti altri.
Persone che andavano a combattere per l’Isis,
Persone che hanno venduto un rene,
Persone che si sono prostituite sia in Libia che in Italia,
Persone che vengono vendute dai trafficanti alla malavita italiana,
Persone che vengono dirottate, al loro arrivo, nei campi siciliani e/o pugliesi per ripagare il debito…..
Persone che continuano a pagare per molto tempo dopo essere arrivati nel Paradiso Italiano.
Quindi, per concludere, dietro un viaggio di tre giorni che dalla Libia porta in Italia, ce n’é un altro che dura mesi o anni. 
C’é un calvario fatto di sofferenza e schiavitù, di rinuncia a qualsiasi Diritto, di umiliazioni, privazioni, di fuga dai Campi della violenza dove non esiste nessuna Legge se non quella dei soldati aguzzini.
Chi non capisce questo, non può capire tutto il resto.
E a chi dice “in televisione sembrano tutti in ottima forma” non rispondo nemmeno.
Non ne vale la pena.


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