Veniva dal Mali, aveva 14 anni e la speranza, sotto forma di una pagella
scolastica, cucita nella giacca. Veniva dal Mali ed è morto nel Mediterraneo il
18 aprile 2015. A raccontare la storia di questo piccolo naufrago è stata
Cristina Cattaneo, medico legale che negli ultimi anni si è occupata di
riconoscere i corpi dei migranti annegati in mare.
Ci sono domande che ci facciamo poco. Ad esempio perchè
quel ragazzino venisse dal Mali. Perché sui barconi che arrivano (sempre meno
per la verità) non ci siano mai ragazzini (o uomini o donne)
della Namibia, del Rwanda, del Botswana o anche della poverissima
Sierra Leone. Ma ci sono spesso cittadini del Sudan, della Nigeria, dell'Eritrea, del Mali. Se ci facessimo
queste domande scopriremmo che dai paesi in cui convivono pacificamente gruppi
etnici e religiosi diversi (come in Sierra Leone) dove c'è un'economia vivace e
governi stabili e poco corrotti (come in Bostwana) e nessuna crisi idrica o
ambientale (come in Rwanda) nessuno vuole andarsene.
Nessuno lascia casa se sta bene a casa sua. Nessun
quattordicenne si mette nella giacca una pagella e affronta il deserto, le
carceri libiche, il rischio concreto di affogare se sta bene a casa sua. Allora perché alcuni scappano? Il
continente africano è composto da 54 paesi. Molti non li sentiamo mai nominare
perché da quei paesi nessuno arriva sotto casa nostra. Altri paesi attraversano
crisi profonde umanitarie, politiche, economiche, climatiche o nella sfera dei
diritti umani. Ed è da questi e per queste ragioni che si creano i flussi
migratori.
Le mille contraddizioni della Nigeria
Se c'è un paese da cui cominciare per indagare i contesti di partenza dei migranti questo è certamente la Nigeria. Con i suoi 190 milioni di abitanti è il paese più popoloso del continente africano e il settimo nel mondo. È un paese giovanissimo: il 40% della popolazione ha meno di 14 anni e, con un tasso di crescita del 2,6% annuo, dovrebbe raggiungere entro il 2050 i 250 milioni di abitanti, poco meno della metà degli abitanti del continente europeo. Sul piano economico la Nigeria è un paese di forti contraddizioni. È povero e allo stesso tempo in crescita economica, seppur con alti e bassi, garantita soprattutto dalla presenza di giacimenti di petrolio. Dalla Nigeria sono arrivate 36 mila persone nel 2016 e 18 mila nel 2017. I nigeriani sono la nazionalità di sub-sahariani più numerosa in Italia (i residenti erano 93.915 al 1 gennaio 2017).
Se c'è un paese da cui cominciare per indagare i contesti di partenza dei migranti questo è certamente la Nigeria. Con i suoi 190 milioni di abitanti è il paese più popoloso del continente africano e il settimo nel mondo. È un paese giovanissimo: il 40% della popolazione ha meno di 14 anni e, con un tasso di crescita del 2,6% annuo, dovrebbe raggiungere entro il 2050 i 250 milioni di abitanti, poco meno della metà degli abitanti del continente europeo. Sul piano economico la Nigeria è un paese di forti contraddizioni. È povero e allo stesso tempo in crescita economica, seppur con alti e bassi, garantita soprattutto dalla presenza di giacimenti di petrolio. Dalla Nigeria sono arrivate 36 mila persone nel 2016 e 18 mila nel 2017. I nigeriani sono la nazionalità di sub-sahariani più numerosa in Italia (i residenti erano 93.915 al 1 gennaio 2017).
Perché i nigeriani emigrano? Il primo profilo di migranti nigeriani è
composto da giovani delle zone
rurali con scarsa formazione e poca possibilità di impiego. Il secondo
profilo è costituito da ragazzi, spesso minori, che si trovano in gravi
situazioni familiari e pensano che l'Europa
sia il solo orizzonte di sopravvivenza possibile. Il terzo profilo è
quello composto dagli abitanti delle regioni del delta del fiume Niger. Si
tratta di regioni ricchissime in petrolio, ma la cui estrazione ha conseguenze
devastanti per l'ecosistema e per le popolazioni che vivono principalmente di
agricoltura e pesca. In questo caso parliamo di rifugiati ambientali, costretti
all'esilio a causa della devastazione subita dal territorio in cui risiedevano.
La pratica delle espropriazioni forzate da parte delle compagnie petrolifere in
accordo con lo Stato aumenta la povertà e l'emarginazione sociale.
Il quarto profilo è composto da
ragazze giovani, a volte minorenni, destinate alla tratta per la prostituzione.
Molte delle storie di queste ragazze sono simili. Desiderose di raggiungere
l'Europa con la speranza di una vita migliore, fanno affidamento a dei passeur
con la promessa di un lavoro come colf o come cameriera. Contraggono un debito dai 30 ai 50 mila euro che
dovrebbero teoricamente pagare con una parte dei soldi guadagnati con il lavoro
promesso e una volta portate in Italia sono costrette a prostituirsi. Se si
rifiutano mettono in pericolo la
famiglia rimasta in Nigeria, che rischia di subire minacce da parte dei
membri della mafia nigeriana, molto attiva in questa vera e propria tratta di
esseri umani. Il quinto profilo è quello di coloro che scappano da Boko Haram,
un gruppo terroristico jihadista attivo dal 2002 ma le cui azioni violente sono
aumentate negli ultimi cinque anni, cioè da quando l'attuale leader Abubakar
Shekau ha preso le redini del gruppo, sconfinando anche nei paesi vicini come
Camerun, Niger e Ciad. Tra il 2009 e il 2017 le azioni terroristiche di Boko
Haram hanno causato 51 mila morti
di cui 32 mila civili e 2,5 milioni di sfollati.
Somalia, Eritrea, Gambia, in fuga da dittatura e
fanatismo
In cima alla lista dei paesi africani da cui i migranti provengono c'è stata per anni anche la Somalia. Prima il regime di Siad Barre, poi la guerra civile, infine l'estremismo che è passato dalle Corti islamiche agli Al Shabaab, hanno fatto si che una grande fetta della classe media del paese sia fuggita all'estero. La diaspora somala è tra le più nutrite al mondo. Poichè la Somalia è un'ex colonia italiana per molti somali è parso naturale venire in Italia. A proposito di ex colonie per anni in Italia sono arrivati anche molti cittadini eritrei. Sono stati loro, fra il 2015 e il 2018, ad affollare i barconi.
In cima alla lista dei paesi africani da cui i migranti provengono c'è stata per anni anche la Somalia. Prima il regime di Siad Barre, poi la guerra civile, infine l'estremismo che è passato dalle Corti islamiche agli Al Shabaab, hanno fatto si che una grande fetta della classe media del paese sia fuggita all'estero. La diaspora somala è tra le più nutrite al mondo. Poichè la Somalia è un'ex colonia italiana per molti somali è parso naturale venire in Italia. A proposito di ex colonie per anni in Italia sono arrivati anche molti cittadini eritrei. Sono stati loro, fra il 2015 e il 2018, ad affollare i barconi.
Scappano da un dittatore, Isaias
Afewerki, al potere da quasi vent'anni, che obbliga i suoi cittadini ad
un servizio militare a vita, che ha soppresso la libertà di stampa e di
pensiero. Non tanto diversa è stata fino a due anni fa la situazione del Gambia dove Yahya Jammeh ha governato
per 22 anni dopo essere arrivato al potere con un colpo di Stato e
aver represso ogni dissenso con veri e propri squadroni della morte. Per questo
il Gambia, il più piccolo paese africano con solo due milioni di abitanti, è
stato negli anni scorsi in testa nelle classifiche dei paesi di provenienza dei
richiedenti asilo in Europa.
Repubblica Centrafricana e Sudan, quando la
guerra spacca a metà il paese
Ci sono paesi poi, come la Repubblica Centrafricana, che continuano a essere dilaniati da una guerra civile che sembra non voler finire mai. Ex colonia francese, da sempre uno dei territori più poveri del pianeta, dal 2012 la repubblica Centrafricana è di nuovo in preda all'ennesima guerra civile tra la coalizione di governo cristiana anti-balaka e le forze ribelli a maggioranza musulmana Sèlèka. Lo stupro è usato come arma di guerra, i massacri sono all'ordine del giorno e la gente continua a scappare. In questo paese un bambino su 24 muore nel primo mese di vita, due terzi della popolazione è senza accesso ad acqua potabile e la metà è in stato di insicurezza alimentare. Nel primo semestre 2018 gli sfollati erano 1,2
Ci sono paesi poi, come la Repubblica Centrafricana, che continuano a essere dilaniati da una guerra civile che sembra non voler finire mai. Ex colonia francese, da sempre uno dei territori più poveri del pianeta, dal 2012 la repubblica Centrafricana è di nuovo in preda all'ennesima guerra civile tra la coalizione di governo cristiana anti-balaka e le forze ribelli a maggioranza musulmana Sèlèka. Lo stupro è usato come arma di guerra, i massacri sono all'ordine del giorno e la gente continua a scappare. In questo paese un bambino su 24 muore nel primo mese di vita, due terzi della popolazione è senza accesso ad acqua potabile e la metà è in stato di insicurezza alimentare. Nel primo semestre 2018 gli sfollati erano 1,2
Un altro paese africano di cui ci interessiamo poco, ma la cui situazione
ci dovrebbe invece essere cara perché molti giovani africani arrivano in Italia da quell'area è il Sudan. Nel
2018 un migrante su tre di quelli che sono sbarcati sulle nostre coste proviene
da questa terra. Nord e sud Sudan sono arrivati a uno scontro durato oltre
vent'anni dal 1983 al 2005 che ha
causato più di due milioni di morti e quattro milioni di dispersi. Alla
fine il Sud Sudan è diventato un paese indipendente nel 2011. Ma nonostante
questo per entrambi i paesi non c'è pace e di conseguenza molti abitanti del
Sudan e del Sud Sudan emigrano.
Il Mali è il nono paese di provenienza (Viminale, dati
immigrazione 2018) dei migranti provenienti in Italia. La povertà,
l'instabilità politica, la diffusione del terrorismo islamico e le crisi
ambientali sono le cause di migrazione. Nel nord del paese tra il 2013 ed il
2014 le forze fedeli ad Al Qaeda nel Sahel hanno costituito un piccolo emirato
durato pochi mesi, ma che ancora oggi non manca di mostrare profonde cicatrici
soprattutto per ciò che concerne la stabilità e la sicurezza. Come se non
bastasse il Mali è uno dei paesi più poveri al mondo. Occupa il quintultimo
posto nella classifica mondiale dello sviluppo umano stilata dalle Nazioni
Unite, e la maggior parte della popolazione - il 77% - vive con meno di due
dollari al giorno.
Il “colpo di grazia” della crisi ambientale
Diverse crisi ambientali hanno aggravato ancora di più le condizioni del territorio che per il 35% è di natura desertica. Nel 2011, una crisi alimentare ha causato nuove migrazioni che si sono orientate così, verso il Mediterraneo. Il collasso della Libia di Gheddafi, è stato un altro motivo che ha spinto i maliani verso l'Europa. Forse anche il quattordicenne con la pagella nella giacca, chissà. Situazione simile in Ciad, ex colonia francese, paese molto povero dove è in corso una crisi umanitaria senza precedenti che porta a migrazioni infinite. La malnutrizione acuta, endemica nella regione, colpisce non solo le province rurali della fascia del Sahel ma ora è cronica e ha raggiunto proporzioni allarmanti tra i bambini sotto i cinque anni a N'Djamena, capitale del Ciad, città di circa 1,5 milioni di abitanti.
Diverse crisi ambientali hanno aggravato ancora di più le condizioni del territorio che per il 35% è di natura desertica. Nel 2011, una crisi alimentare ha causato nuove migrazioni che si sono orientate così, verso il Mediterraneo. Il collasso della Libia di Gheddafi, è stato un altro motivo che ha spinto i maliani verso l'Europa. Forse anche il quattordicenne con la pagella nella giacca, chissà. Situazione simile in Ciad, ex colonia francese, paese molto povero dove è in corso una crisi umanitaria senza precedenti che porta a migrazioni infinite. La malnutrizione acuta, endemica nella regione, colpisce non solo le province rurali della fascia del Sahel ma ora è cronica e ha raggiunto proporzioni allarmanti tra i bambini sotto i cinque anni a N'Djamena, capitale del Ciad, città di circa 1,5 milioni di abitanti.
Bisogna anche dire che la
nazionalità africana che arriva di più in Italia oggi è quella dei tunisini,
per lo più con sbarchi fantasma. Dei 4.953
migranti arrivati nel 2019 la maggior parte sono tunisini. Secondo
Flavio Di Giacomo dell'Oim, la ripresa dell'emigrazione tunisina è dovuta
principalmente al peggioramento della situazione economica nel paese
nordafricano. Il tasso di disoccupazione nazionale in Tunisia è al 15%, e arriva addirittura al 25% nelle
aree rurali del Paese. Quella giovanile è al 40% e quella dei laureati è
al 31%. La povertà e la fame rimangono opprimenti in molte aree del territorio
e migliaia di persone non hanno mai smesso di protestare nelle piazze,
sfociando talvolta anche in manifestazioni violente. A fuggire dalla Tunisia è
quindi un'intera generazione
frustrata e senza prospettive. Malgrado l'incremento di arrivi, sono
poche le richieste di asilo concesse ai tunisini giunti nel nostro Paese
proprio data la loro natura di migranti economici. Con la Tunisia è inoltre in
vigore un accordo di rimpatrio per i migranti che arrivano in Italia. E così si
infrange per i tunisini il sogno italiano.
I paesi di provenienza non-africani: Pakistan e
Bangladesh
Ci sono poi due nazionalità, non africane, che sono sempre più presenti negli sbarchi e fra gli arrivi via terra: Pakistan e Bangladesh.
Il Pakistan è il secondo paese per provenienza in Italia nel 2019 dopo la Tunisia (dati Viminale). Nel 2018 secondo Eurostat la principale nazionalità dei richiedenti protezione internazionale in Italia è stata quella pakistana (15 per cento del totale), seguita da quella nigeriana (10 per cento) e da quella bangladese (8 per cento). Anche qui bisognerebbe cercare di capire perché partono. I migranti che arrivano dal Bangladesh per lo più fuggono dalla povertà. Molti dei bangladesi che stanno arrivando sulle coste italiane negli ultimi mesi lavoravano nelle imprese di costruzione, negli alberghi e nella ristorazione in Libia. Prima della caduta di Muammar Gheddafi la Libia era un paese d'elezione per i bangladesi che volevano lavorare qualche anno all'estero per mettere da parte un po' di soldi.
Ci sono poi due nazionalità, non africane, che sono sempre più presenti negli sbarchi e fra gli arrivi via terra: Pakistan e Bangladesh.
Il Pakistan è il secondo paese per provenienza in Italia nel 2019 dopo la Tunisia (dati Viminale). Nel 2018 secondo Eurostat la principale nazionalità dei richiedenti protezione internazionale in Italia è stata quella pakistana (15 per cento del totale), seguita da quella nigeriana (10 per cento) e da quella bangladese (8 per cento). Anche qui bisognerebbe cercare di capire perché partono. I migranti che arrivano dal Bangladesh per lo più fuggono dalla povertà. Molti dei bangladesi che stanno arrivando sulle coste italiane negli ultimi mesi lavoravano nelle imprese di costruzione, negli alberghi e nella ristorazione in Libia. Prima della caduta di Muammar Gheddafi la Libia era un paese d'elezione per i bangladesi che volevano lavorare qualche anno all'estero per mettere da parte un po' di soldi.
Tuttavia negli ultimi mesi la situazione sta peggiorando per questo gruppo
di immigrati: i gruppi criminali
li rapiscono, li rinchiudono in luoghi isolati dove li picchiano e li
torturano. Quindi scappano in Italia.
La situazione in Pakistan è piuttosto complicata. È un paese musulmano moderno, che fa parte delle Nazioni Unite e del Commonwealth, è una potenza nucleare a tutti gli effetti e uno stato solido finanziariamente parlando perché la Cina fa grandi investimenti. Eppure la disoccupazione è un problema enorme tanto quanto gli investimenti. Così come la paura degli attentati che colpiscono la popolazione civile perchè il paese ha serissimi e gravi conflitti ai suoi confini. Ad Ovest c'è il confine meridionale dell'Afghanistan, in mano ai talebani che hanno da tempo cominciato a penetrare anche oltre il confine pakistano, assieme a altri gruppi terroristici come Al Qaida e Isis.
La situazione in Pakistan è piuttosto complicata. È un paese musulmano moderno, che fa parte delle Nazioni Unite e del Commonwealth, è una potenza nucleare a tutti gli effetti e uno stato solido finanziariamente parlando perché la Cina fa grandi investimenti. Eppure la disoccupazione è un problema enorme tanto quanto gli investimenti. Così come la paura degli attentati che colpiscono la popolazione civile perchè il paese ha serissimi e gravi conflitti ai suoi confini. Ad Ovest c'è il confine meridionale dell'Afghanistan, in mano ai talebani che hanno da tempo cominciato a penetrare anche oltre il confine pakistano, assieme a altri gruppi terroristici come Al Qaida e Isis.
E proprio dall'Afghanistan c'è il
costante flusso di profughi in fuga dall'Afghanistan meridionale in
mano ai talebani. Il governo di Islamabad è in crisi sulla gestione
dell'accoglienza anche considerando il fatto che il Pakistan è il quinto stato
più popolato del mondo. Per arrivare nel nostro paese i profughi pakistani sono
costretti a viaggi durissimi via terra che passa dall'Iran e la Turchia, dove
si imbarcano. E poi c'è la strada che passa attraverso i Balcani: Bulgaria e
Servia, poi la Bosnia ed infine la Croazia dalla quale riescono ad arrivare in
Italia. Chissà quanti di questi ragazzini hanno la pagella cucita nella giacca.
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