martedì 3 settembre 2019

Tv delle lor brame, ormai avete perso quasi tutto il reame - Ennio Remondino



Le malattie da cattiva televisione
Oliver Burkeman, su The Guardian (in Italia su Internazionale), spara subito la questione che lascia intuire la risposta. «Troppa cattiva televisione può portare al populismo?». Domanda chiara con tante risposte possibili ancora in via di molteplici elaborazioni. Ma se invece le risposte fossero semplici, butta lì Oliver? Burkeman sostiene dunque che «una delle ragioni dell’ondata di populismo degli ultimi anni -Trump, la Brexit, l’ascesa dell’estrema destra in Europa- sia legata al fatto che gli elettori hanno visto troppa tv spazzatura. Televisione infima che gli ha mandato in pappa il cervello». Vero anche il contrario, diciamo noi, che il minor sapere induce al peggior vedere. Oliver Burkeman lancia il sasso ma poi nasconde la mano, definendo ‘detestabile’ il gioco del pregiudizio secondo il quale l’altra parte è sempre stupida. Detestabile forse, ma assolutamente diffuso. Anche perché i dati che poi l’autore cita danno ragione al peggio.

‘Minori capacità cognitive’
Qui virgolettiamo perché l’affermazione è pesante. «Chi ha studiato la diffusione dei canali del gruppo Mediaset in Italia ha scoperto che le persone che da bambine sono state più esposte ai suoi cartoni, alle telenovele e ai quiz, hanno il dieci per cento di probabilità in più di votare i partiti populisti, perché, a causa delle loro minori capacità cognitive sono più inclini a credere ai politici che propongono tesi semplicistiche». Accusa pasante che rinviamo alla fonte, l’American Economic Review, con spunti da far sorridere. Mediaset che appartiene a Silvio Berlusconi, affidata alla gestione del figlio, e i suoi programmi orientati chiaramente a destra. «Ma ‘l’effetto Mediaset’ ha funzionato anche a favore del suo rivale vagamente di sinistra, il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo: è stato il populismo, non il berlusconismo a essere incentivato».

Furono Dc, Craxi, Berlusconi e Renzi
Il possesso proprietario o politico delle televisioni in Italia ne segna la storia politica facendo coincidere, più o meno, il post fascismo con l’avvento della televisione, ovviamente a partire dagli anni Sessanta. Ma su questo ci sono libri ed autori di ben maggior pregio e prestigio ad aver detto. Sulla scia di quanto sopra, quando il possesso (più o meno legittimo) dello strumento Tv non sempre ne garantisce un vantaggio finale. Berlusconi già citato, ma l’aspetto non considerato dal colto britannico, il troppo che ‘stroppia’ all’italian, e arriva ad irritare anche il pensiero critico forse un po’ ottenebrato ma ancora esistente nella società civile e nei Partiti allora ancora esistenti. Più emblematico il caso di Renzi premier che avendo scelto il referendum costituzionale come sfida personale contro tutti, straripa televisivamente forse come mai nessuno prima e si prende una bastonata di repulsione che va molto oltre il dissenso politico. Più giramento di scatole che senso critico, che la crisi di governo attuale ha evitato per un pelo all’onnipresente Salvini.

Torniamo alle considerazioni colte
Forzatura il parallelo tra chi ha guardato Mediaset e il voto per i partiti populisti? The Guardian propone l’analisi della diffusione geografica della ricezione delle emittenti durante gli anni ottanta, un ‘esperimento naturale’. I ragazzi delle zone in cui era più difficile ricevere il segnale di Mediaset, la penisola, le montagne, il mercato pubblicitario poco appetibile, sarebbero stati meno influenzati. «Le persone che hanno passato più tempo a guardare i suoi programmi (Rai innocente?) hanno finito per avere meno capacità cognitive e meno senso civico, oltre a riportare risultati peggiori nelle prove di matematica e di comprensione di un testo». Pure asini a scuola. Ma, precisa Oliver Burkeman, «è importante capire che questo tipo di “intorpidimento” non si verifica perché la cattiva televisione instupidisce le persone. È una questione di opportunità: ogni ora passata a guardare un cartone spazzatura è un’ora rubata alla lettura, all’esplorazione del mondo fisico o a vedere un programma educativo». E su questo, pur con nessun titolo, Remocontro condivide e rilancia. Lo stesso discorso per i videogame, i social (salvo sempre Remocontro) e così via. «Non devono necessariamente essere spazzatura per essere dannosi, basta che ci impediscano di fare qualcosa di meglio».

Peggio di Orwell in piaceri futili
Il teorico dei media Neil Postman sosteneva che a prevedere correttamente il nostro futuro fosse stato ‘Il mondo nuovo di Aldous Huxley’ piuttosto che ‘1984’ di George Orwell. Huxley prevedeva che a rovinarci sarebbe stata la nostra dipendenza da piaceri futili piuttosto che la coercizione dello Stato. Lui, Oliver Burkeman, sostiene che avevano ragione entrambi, dato che i piaceri futili «contribuiscono a fare di noi il tipo di persone che preferiscono i leader autoritari». Volete un elenco? Trump, Putin, Xi, lo straripante BoJo britannico e tutto quel bel pezzo di Europa dell’est che non ha ancora superato l’eredità dei regimi precedenti. In Italia? Beh, fate voi l’elenco, che è facile facile. E se proprio siete anti tv spazzatura e pro libri di non solo intrattenimento, leggetevi il famoso libro di Neil Postman ‘Divertirsi da morire’, la moderna economia dell’attenzione che, lungi dal tenerci più informati, “ci allontana dalla conoscenza”.

da qui

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