L’amico Giuseppi e
Pinochet Venezuelano
E’ tentazione da Robin
Hood essere un po’ carogna con i potenti. Il Web impietoso, senza bisogno di
discutibili missioni giornalistiche, anticipa tutti (velocità sua forza e
debolezza), e accoglie con irriverenti sfottò i nuovi ministri prima ancora del
giuramento. Quei quattro o cinque che si conoscono nella marea degli
sconosciuti che sono assieme sorpresa e speranza. «Vieni avanti Giuseppi»
(Trump a Conte), della stampa più seria ma critica (Il Manifesto), e
l’ineludibile sottolineatura della ‘creatività culturale’ di un Di Maio,
ministro degli esteri. Aveva collocato Pinochet in Venezuela e chiamato il
presidente della Cina ‘Ping’. Ora che è diventato ministro degli Esteri, tutte
le gaffe di Luigi Di Maio tornano virali, e su Twitter l’hashtag
#DiMaioAgliEsteri va in tendenza. Poi lo sconosciuto e tutto da scoprire Enzo
Amendola, ministro degli Affari europei che ha qualche titolo accademico in
più.
Ma noi parliamo di
Esteri seri
«Una vera riflessione su
una politica estera italiana latitante da un bel po’ e con molti fronti di
emergenza» avevano tentato giorni fa Alberto Negri assieme a Tommaso Di
Francesco. Anche con loro proviamo a immaginare l’agenda di politica estera di
Conte partendo dal recentissimo passato, visto quel ‘amico Giuseppi’ che Trump
ha concesso al premier bis. Distratto Donald nel passaggio dal nero Salvini a
un governo giallo rosso, e qualche problema a sinistra sul fronte Atlantico con
quel presidente Usa che più forcaiolo e imprevedibile di così, si muore.
Ricordandoci doverosamente di come, ‘Giuseppi’ Conte si era bevuto da Trump la
balla della «cabina di regia» in Libia. Atlantismo ‘senza se e senza ma’
-dichiara Conte- ma almeno senza farci prendere per il sedere, adesso. Dal
contingente italiano in Afghanistan, al dopo la rottura del Trattato sulle armi
atomiche e basi Usa in Italia.
Esteri nascosti da
Rousseau?
Dalla politica estera
fatta a gomitate dal Viminale a cosa? Medio Oriente, la guerra permanente di
Israele, che fine dei Territori palestinesi occupati? E la stessa Libia che
adesso, altro che migranti! A voler insistere si potrebbe parlare anche di
Iran, Russia e Cina. O la crisi in Venezuela con l’inutile autoproclamato
«presidente» Guaidó. Lega e 5stelle spesso su questi temi sono stati su
posizioni di rottura. 5stelle Pd? Salvini appiattito su Netanyahu
dimenticandosi delle truppe italiane in Libano. Salvo sperare che tra due settimane
il voto metta fuori gioco (e presto in galera per corruzione) l’ultradestro
israeliano, cosa fare e dire dopo? La questione iraniana che sta montando in
questi giorni (o gli Usa tolgono l’embargo e noi ci facciamo l’atomica per
davvero). Ricordandoci che anche nei sei mesi di sospensione delle sanzioni
accordati dagli Usa, l’Italia non ha acquistato dall’Iran neppure una goccia di
petrolio.
La Russia, Putin e
l’amico Salvini
In attesa di prossimi
inevitabili sviluppi dell’affare Metropol-Lega, la Russia è anche problema
italiano, e non soltanto commerciale. «L’Italia è propensa, soprattutto nella
presente congiuntura politica, a porsi come soggetto equidistante tra gli Stati
Uniti e la Russia, pur non rinnegando la propria appartenenza all’Unione europea
e alla Nato», relazione esteri al senato. Poi Conte appoggia la richiesta di
Trump di riammettere la Russia di Putin al G7. La stessa Russia «prova ora a
smarcarsi dallo schieramento sovranista, e sta riaprendo al malconcio asse
franco tedesco, cominciando a trattare davvero sull’Ucraina», annota Alberto
Negri. Per quanto riguarda la Cina, l’Italia ha firmato il protocollo d’intesa
sulla Via della Seta avviata da Xi Jinping. Che fine fa quel protocollo in
tempi di guerra dei dazi dell’alleato sovranista Trump?
Trump, Putin, BoJo,
Unione europea
Trump è apertamente
nemico dell’unità europea e spinge per una Brexit di rottura. Ma anche Putin
non ama una Unione europea forte, anche perché, troppo sovente strumento
politico della Nato che le schiera truppe e missili ai confini, anche se
l’attuale guerra dei dazi e problemi economico sociali in casa, lo rendono più
‘morbido’ e attento a certe alleanza europee pericolose. La Cina, il bersaglio
dei raid economici di Trump, che sta alleandosi commercialmente con tutti,
versione orientale e più intelligente della ‘China first’. Tutto questo otterrà
un cambio della politica estera italiana? La grande politica a livello mondiale
la fa il premier e non la Farnesina, chiunque ne sia il ministro. Battute e
sfottò d’avvio anno scolastico, ma poi occorrerà mettersi a studiare. Con
qualche coerenza in più dall’aver messo fuori gioco il rozzo Salvini. Tempi
feroci di guerra dei dazi che il sovranismo isolazionista dell’America first
sta scatenando e che ridisegna strategie e alleanze nel mondo.
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