giovedì 19 settembre 2019

Contro l'emigrazione in Europa una donna in Senegal crea una rete con le ong italiane - Franca Giansoldati



Una donna senegalese, coraggiosa attivista per i diritti umani, sta dimostrando con i fatti che se si aiutano i ragazzi africani in loco, si scoraggia la loro emigrazione in Europa. Finora ha salvato 1500 giovani dal rischio di morire in mare o nei lager libici.
Una sfida che Yay Bayam Diouf, fondatrice per la lotta all'emigrazione clandestina (Coflec), ha raccolto anni fa, dopo la morte nel Mediterraneo del suo unico figlio. Oggi ha dato vita ad un circuito alternativo per trattenerli, cercando di dare loro alternative, facendo nascere micro imprese, preoccupata non solo per l'alto tasso di emigrazione nazionale ma perchè i viaggi dei ragazzi sono ormai pericolosi oltre ogni immaginazione.

Nei sobborghi che circondano la capitale Dakar, in Senegal, dove la disoccupazione e il disagio sociale sono alla base delle partenze Yayi Bayam Diouf, ha iniziato a creare una sorta di rete con tante ong italiane. Recentemente è stato presentato ‘Ponti’, un progetto per prevenire le migrazioni ideato da Arcs-Culture solidali, e realizzato in Senegal ed Etiopia da oltre 20 ong italiane.

Diouf spiega all'agenzia Dire che si tratta di creare opportunità di impiego per dare modo ai ragazzi di non correre dietro sogni che possono diventare incubi e vere e proprie traettorie di morte. «Ci occupiamo di sensibilizzare sui pericoli delle migrazioni irregolari, ma cerchiamo anche di creare opportunità di impiego per i candidati alle migrazioni. Vogliamo che credano di più nelle proprie potenzialità e in quelle del nostro Paese, per vivere dignitosamente».

Yayi Bayam Diouf è originaria di Thiaroye su Mer, un villaggio che un tempo era popolato prevalentemente da pescatori nell’interland di Dakar. Qui, come in molte altre zone del Senegal, la pesca industriale dei pescherecci stranieri ha messo in ginocchio quella tradizionale, creando povertà e limitando le prospettive per il futuro. Anche l’unico figlio di Diouf è emigrato e nella rotta del Mediterraneo ha trovato la morte: «Qualche hanno fa mio figlio è annegato in mare, dopo che insieme a degli amici ha tentato di raggiungere l’Europa a bordo di una piroga, per trovare lavoro e dignità».
Da qui la decisione di fondare Coflec: «Mi è scattato qualcosa dentro e ho trovato le energie per parlare con le comunità tradizionali e patriarcali, per convincerle che la donna può portare un cambiamento ed essere una risposta al problema dell’emigrazione irregolare. Se una donna lavora può mandare i figli a scuola, garantendo loro un’istruzione di qualità e quindi alternative alle migrazioni irregolari».
Naturalmente non è facile far cambiare mentalità. L'organizzazione patriarcale è profondamente radicata. Finora il coraggio e l'iniziativa di questa donna ha impedito ad almeno 1500 giovani di non partire e restare. 
«Siamo riuscite a sensibilizzare persino i trafficanti. Siamo andate a casa loro, ci abbiamo parlato. Sono giovani come tanti. Alcuni comprendono, e cambiano idea: ora alcuni fanno parte dell’associazione e si occupano di sensibilizzazione». 

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