La volontà di risolvere la crisi dei
migranti non pregiudichi il vostro impegno per i diritti umani, per la libertà
di stampa e di espressione, che sono valori fondamentali del mondo
occidentale": questo l'appello lanciato ai leader dell'Unione europea, alla
vigilia del vertice Ue-Turchia, dai due giornalisti del quotidiano turco
Cumhuriyet detenuti nel carcere di Silivri con l'accusa di
"spionaggio" e "divulgazione di segreti di Stato", per aver
pubblicato lo scorso maggio un articolo sulla possibile consegna di armi da
parte dei servizi segreti turchi (MIT) ai ribelli islamisti siriani.
In quanto giornalisti noi crediamo
che la Turchia faccia parte della famiglia europea e che dovrebbe essere un
membro dell'Unione - hanno scritto il direttore Can Dundar e il caporedattore
Erdem Gul - la libertà di pensiero e di espressione sono valori imprescindibili
della nostra civiltà. Noi siamo stati arrestati e detenuti in attesa di
giudizio per aver esercitato queste libertà e per aver difeso il diritto dei
cittadini a essere informati".
Il premier turco, che voi
incontrerete questo fine settimana, e il regime che rappresenta sono noti per
le loro politiche e pratiche che ignorano completamente la libertà di stampa e
i diritti umani - hanno ricordato - i vostri governi stanno negoziando con
Ankara sulla crisi dei migranti, una crisi che preoccupa e spezza il cuore a
tutti. Ci auguriamo veramente che questo vertice porti a una soluzione duratura
per questo problema. Ma auspichiamo anche che la vostra volontà di mettere fine
alla crisi non pregiudichi il vostro impegno per i diritti umani, per la libertà
di stampa e di espressione, che sono valori fondamentali del mondo
occidentale".
Ricordiamo che i nostri valori
condivisi possono essere protetti solo facendo fronte comune e con la
solidarietà, e questa solidarietà è oggi più importante e urgente che mai.
«Il prossimo sono io, siamo pronti a vedere succedere
qualcosa in qualsiasi momento». Lo aveva detto poco prima delle elezioni del
primo novembre scorso, quando le redazioni di due televisioni e due quotidiani
erano state commissariate dalla magistratura e la loro linea editoriale era
cambiata, diventando più filo governativa. E infatti ieri il direttore di
Cuhmuriyet, Can Dundar, è stato arrestato dalla polizia, poche ore dopo la sua
incriminazione. Con lui, in manette anche il capo della redazione di Ankara,
Erdem Gul.
L’accusa: spionaggio
Dundar, da anni una delle firme più autorevoli del
giornalismo turco, e Gul sono accusati di spionaggio. Il presidente della
Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, ha addirittura parlato di tradimento. Il
direttore è nell’occhio del ciclone dallo scorso giugno, quando in pochi giorni
prima delle elezioni, Cumhuriyet aveva pubblicato foto e video compromettenti
che provenivano dall’esercito turco e che mostravano membri dell’intelligence e
dello Stato Islamico mentre aprivano camion nei quali erano contenute armi. I
due reporter sono stati anche accusati di fare parte della Feto, una sedicente
organizzazione segreta che sarebbe stata fondata da Fetullah Gulen, filosofo
islamico avverso a Erdogan e che vive in auto esilio negli Usa. Nonostante non
vi siano prove dell’esistenza di questa organizzazione, chiamata anche Stato
Parallelo, in molti giornalisti, intellettuali e dirigenti di polizia sono
stati accusati di farne parte, tanto che la stampa di opposizione la considera un
mezzo per togliere di torno chi si mette troppo di traverso rispetto al governo
e al Capo dello Stato.
No alla paura
Dundar è stato arrestato subito dopo la sua deposizione
davanti al giudice. «Ci hanno accusati di spionaggio, addirittura per il presidente
saremmo dei traditori – ha detto Dundar ai giornalisti al momento dell’arresto
– Non siamo traditori, né eroi. Abbiamo fatto solo il nostro lavoro di
giornalisti». «Questo processo e queste inchieste – ha detto Dundar – avranno
la funzione di far parlare dell’accaduto, anziché far dimenticare quello che è
successo». A novembre, Dundar ci aveva detto che la pressione sui media in
Turchia era diventata sempre più insistente. «Sentiamo il fiato sul collo –
aveva spiegato Dundar – ormai le testate che possono lavorare in autonomia sono
sempre meno. Sappiamo che i prossimi a poter essere colpiti siamo proprio noi,
ma non per questo bisogna cedere alla paura». Il direttore aveva poi escluso
che Erdogan potesse riconquistare la maggioranza assoluta, persa proprio a
giugno, spiegando «Tutti i sondaggi danno ancora il partito di Erdogan in
difficoltà. La Turchia ha bisogno di un governo di coalizione e di un periodo
di pace. Se dovesse vincere ancora lui ci sarebbe spazio solo per
l’autoritarismo assoluto».
L’ira di Erdogan
Intanto il presidente della Repubblica sembra piuttosto
soddisfatto su come si sta evolvendo la situazione giudiziaria. Era stato
proprio lui in giugno a denunciare Dundar, arrivando a chiedere alla
magistratura di condannarlo a due ergastoli. Nella denuncia si leggeva che “con
la pubblicazione di materiale manipolato e le informazioni che gli sono
arrivate dallo Stato Parallelo, Dundar si è reso complice delle azioni
dell’organizzazione di Gulen, il più acerrimo nemico di Erdogan, i cui seguaci
hanno accusati di aver infiltrato la polizia, la magistratura e la burocrazia”.
Intanto il presidente della Repubblica ha fatto sapere che
i camion stavano trasportando aiuti umanitari alle popolazioni turkmene oltre
confine e che i video erano stati diffusi appositamente per cercare di
infangare il suo nome e quello dell’Akp, il Partito islamico-moderato per la
Giustizia e lo Sviluppo, alla guida nel Paese dal 2002.
(qui e qui la premessa e l'amore del governo turco per i giornalisti)
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