Il 16 di novembre su repubblica.it c’era questo titolo:
Zouheir e Safer, quei musulmani eroi di Francia La guardia che ha sventato la strage
nello stadio e il cameriere che ha salvato due donne (qui)
Non
mi tornava, poi ho capito che è un titolo razzista, mi sono ricordato quando
negli anni ’80 mi è capitato di vivere per motivi di studio in una città delle
Marche, e qualcuno mi diceva qualcosa sul mio essere sardo, che non ero come si
immaginavano.
Parlare
di musulmani eroi è come dire che quelli citati nell’articolo sono eccezioni,
che lombrosianamente parlando, i musulmani sono assassini potenziali,
esattamente come, negli anni ’70 e ’80, i sardi (di una certa zona, e io sono
di quella certa zona) erano, lombrosianamente parlando, potenziali delinquenti
e potenziali sequestratori.
Quanto
può la stampa e la televisione modellare l’immaginario, quanta responsabilità
hanno i giornalisti quando hanno ripetuto, e continuano a ripetere le parole, e
solo quelle, di chi fa scoppiare le guerre?
Qualcuno
spiega ai futuri giornalisti il peso delle parole? E a quelli presenti non
faranno un corso di rieducazione?
O,
come dice qualcuno, scrivono quello che dicono loro di scrivere, poi diranno,
ma non capivo, oppure, e come potevo fare altrimenti?
Che Zouheir e Safer fossero cristiani, animisti o musulmani non era importante, scrivere la
religione è utile, per qualcuno, ma dipende, i soldati di Abu Grahib nessuno li
ha chiamati pessimi cristiani, erano solo esseri umani e soldati di merda, e
basta. È che a volte si dice una cosa per far intendere altro.
Quando
arrivò negli Stati Uniti gli impiegati dell'ufficio immigrazione chiesero ad
Albert Einstein di indicare su un modulo a quale razza appartenesse. Einstein
scrisse: «umana».
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