Prima che tutto accada occorre ragionare e
far pensare.
Prima che la canea mediatica fascista, razzista, nazionalista, militarista, perbenista e di sinistra falsamente antagonista inizi ad ululare occorre dire, scrivere, organizzare. Prima ancora che arrivi il conteggio definitivo delle vittime.
Prima che le colpe si riversino sui più deboli e sugli ultimi occorre prepararne la difesa.
Prima che i potenti cerchino il nostro abbraccio occorre denunciarli.
Prima che gli incoscienti accorrano a manifestare con l’imperialismo, il militarismo e il patriottismo, come ai tempi di Charlie Hebdo, occorre smascherare i moventi e i mandanti.
Prima che la canea mediatica fascista, razzista, nazionalista, militarista, perbenista e di sinistra falsamente antagonista inizi ad ululare occorre dire, scrivere, organizzare. Prima ancora che arrivi il conteggio definitivo delle vittime.
Prima che le colpe si riversino sui più deboli e sugli ultimi occorre prepararne la difesa.
Prima che i potenti cerchino il nostro abbraccio occorre denunciarli.
Prima che gli incoscienti accorrano a manifestare con l’imperialismo, il militarismo e il patriottismo, come ai tempi di Charlie Hebdo, occorre smascherare i moventi e i mandanti.
Da tempo vado scrivendo che la
guerra è alle porte e nella notte tra il 13 e il 14 novembre ci è entrata in
casa. Solo gli imbecilli, che troppo spesso governano le società, potevano
pensare che la guerra rimanesse sempre lontana. Solo un pubblico rintronato dai
media e dai social network poteva pensare di continuare a godersi lo spettacolo
dalla finestra di uno schermo. Solo una sinistra fumosa e pervertita nei suoi
ideali e nei suoi principi poteva negarne l’attualità. Nessuno ha ragionato a
sufficienza sul significato di “guerra asimmetrica”.
Certo lo hanno fatto i militari, i
servizi più o meno segreti, gli esperti di geopolitica e hanno usato le loro
conoscenze per diffondere il panico e la paura. Una paura superficiale,
strumentale al fascismo strisciante e al nazionalismo razzista. Una paura
irrazionale, ma ancora lontana. Uno sfondo per una rappresentazione politica e
governativa ancora tutta rivolta alle strategie di governo e di mantenimento
del consenso.
Ma il 14 novembre non è soltanto
l’equivalente europeo dello spettacolo americano dell’11 settembre. E’ un altro
28 giugno 1914.
A poco più di un secolo di distanza la guerra è arrivata definitivamente sul fronte occidentale. Ma non l’hanno portata gli immigrati e i profughi, come tanti continuano a blaterare.
A poco più di un secolo di distanza la guerra è arrivata definitivamente sul fronte occidentale. Ma non l’hanno portata gli immigrati e i profughi, come tanti continuano a blaterare.
L’hanno portata gli alleati
dell’Occidente e dell’Europa (Stati del Golfo? Arabia Saudita? Israele? USA?
Turchia?). L’ha portata la competizione imperialista tra gli stati occidentali
e la loro necessità di balcanizzare il Vicino Oriente senza, tra l’altro,
saperne prevedere le conseguenze.
L’ha portata la miseria politica, sociale ed economica delle periferie metropolitane diseredate dove si formano i moderni Gavrilo Princip.
L’ha portata la miseria politica, sociale ed economica delle periferie metropolitane diseredate dove si formano i moderni Gavrilo Princip.
L’ha portata l’incapacità di
pensare autonomamente il mondo da parte di chi a questo vorrebbe opporsi. L’ha
portata la mancata azione sindacale in difesa di chi lavora. L’ha portata un
antifascismo ridotto a pacifismo e a spettacolo estetizzante. L’ha portata
l’analisi fumosa degli pseudo-intellettuali che si dilettano di discettare
sulla cultura della destra, là dove vi è solo odio, violenza e menzogna. L’ha
portata un parlamentarismo ridotto ormai a veder gli schieramenti antagonisti
di un tempo rispecchiarsi l’uno nell’altro così come i loro avversari
populisti.
L’ha provocata l’indifferenza per
il destino della specie e dell’ambiente in cui dovrebbe vivere. L’ha provocata
l’egoismo del guadagno e del profitto. L’ha provocata l’egoismo dei singoli e
delle nazioni. L’ha provocata la scomparsa del concetto di classe e di lotta di
classe. L’ha provocata un modo di produzione distruttivo e assurdo, spacciato
per progresso e modernità. L’hanno provocata il petrolio e le società che se ne
occupano e servono. L’hanno provocata il motore a scoppio e le guerre tra
coloro che ne detengono il monopolio della produzione. L’ha provocata il
consumismo con le sue cattedrali in attesa di essere trasformate soltanto in
cimiteri di corpi e di merci.
L’ha determinata l’assenza di lotta
di classe o anche solo una sua seria e riconoscibile rappresentanza politica,
sia a livello nazionale che internazionale. L’ha determinata la frenesia per la
novità politica e per il rifiuto dell’esperienza passata. L’ha determinata la
scomparsa delle capacità organizzative e la ricerca della soggettività edonistica
che ha trionfato nella società dello spettacolo. L’ha determinata la
convinzione che un concerto potesse sostituire la lotta. L’ha determinata una
concezione del tempo arcaica in cui si pensa che venti, trenta o cento anni
costituiscano una distanza enorme tra gli avvenimenti e che ha contribuito ad
annullare ogni memoria dell’azione anti-militarista e antifascista e delle
forme più adeguate per condurla.
Prima di tirare calci al vento come
gli impiccati di Francois Villon, però, possiamo ancora provare a reagire,
lottare, studiare ed organizzare. Abbiamo mani, voci, libri, esperienze,
tastiere, penne: usiamole.
Gridiamo, scriviamo, denunciamo, lottiamo. Non domani. Oggi.
Prima che sia troppo tardi.
Gridiamo, scriviamo, denunciamo, lottiamo. Non domani. Oggi.
Prima che sia troppo tardi.
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