La notizia è arrivata domenica 4: l’Army Corps of
Engineers ha annunciato che non approverà i permessi per costruire il Dakota
Access Pipeline sotto un pezzo del fiume Missouri e vicino a terre sacre agli
indiani d’America.
Jo-Ellen Darcy la Assistant Secretary delle opere interne per conto
dell’Army dice che considereranno percorsi alternativi, in cui ci saranno
delle valutazioni di impatto ambientale con le osservazioni del pubblico.
La storia parte molto tempo fa.
Il Dakota Access pipeline è un proposto oleodotto di 1.700
chilometri che avrebbe dovuto trasportare 400,000 barili di petrolio ogni
giorno (64 milioni di litri!) provenienti dai campi petroliferi detti Bakken e
Three Forks nel nord Dakota ed estratti con il fracking, nella sua versione per
petrolio.
In questo momento il petrolio viene trasportato via rotaia. L’oleodotto
cosi come era stato proposto avrebbe dovuto attraversare il North Dakota, South
Dakota, lo Iowa, e poi finire nella città di Patoka, nell’Illinois. Da qui, una
ragnatela di altri oleodotti avrebbero dovuto trasportare il petrolio in tutta
la nazione.
Dicono che l’oleodotto servirà a decongestionare il trasporto su rotaia ed
a renderlo meno pericoloso, e dunque a salvare l’ambiente.
Arrivano i costruttori a realizzare questo Dapl – Dakota Access Pipeline.
La ditta si chiama proprio come l’oleodotto, Dakota Access ed è una filiale
della Energy Transfer che già controlla 114mila kilometri di oloeodotti Usa.
Indovinate con chi fa affare questa Dakota Access e
questa Energy Transfer? Con il futuro presidente Trump!
Ad ogni modo, la costruzione del Dapl è iniziata qualche mese fa, nel 2016
e più o meno si è a metà dell’opera.
Particolarmente arrabbiati sono stati gli indigeni, gli indiani
d’America che protestano da due anni almeno. Non vogliono l’oleodotto. Punto.
Questo perché prendono l’acqua dal fiume Missouri e sono preoccupati di
eventuali perdite che potrebbero inquinarla, e poi come detto sopra, perche’ ci
sono terre a loro sacre, siti archeologici e cimiteri. Soprattutto, dicono di
non essere mai stati interpellati nella progettazione di questo oleodotto.
Le proteste si sono intensificate nell’estate del 2016 quando quelli
della Dakota Access hanno chiesto una variante per portare l’oleodotto proprio
sotto il Lake Oahe, particolarmente prezioso ai Sioux e a ottocento metri dalla
loro riserva.
I permessi qui devono essere dati da vari enti. Già a settembre 2016
l’amministrazione Obama aveva dato il suo no al cosiddetto Dapl. La palla
passava appunto a questo Army Corps of Engineers.
Chi sono costoro?
È un corpo di circa duecento anni, fondato per studiare ed approvare a
livello centrale strade, canali, ferrovie e altra infrastruttura di “importanza
nazionale” che magari comprendevano più stati e che riguardano
l’approvvigionamento idrico.
Per esempio, quando venne approvato il Clean Water Act, sotto Nixon nei primi
anni ’70, questi dell’Army Corps furono incaricati di sorvegliare tutte le
infrastrutture idriche nazionali per far si che i limiti agli inquinanti
e i controlli all’acqua potabile venissero rispettati secondo la nuova legge.
Fra le altre cose, l’Army Corps deve dare il suo nulla osta a tutti i
progetti che in qualche modo intaccano o hanno la possibilità di intaccare la
rete e le sorgenti
idriche.
E doveva darlo anche per il Dakota Access Pipeline.
Le cose però si complicano quando di mezzo ci sono gli indiani d’America,
maltrattati da cinquecento anni.
Gli indiani hanno un attaccamento profondo alle loro
terre, e in teoria le riserve in cui vivono sono oggi sotto la propria
giurisdizione. Sulle riserve per molte cose hanno l’autonomia e molte cose possono
deciderle da se. C’è pero’ una importante considerazione: durante la conquista
del west le tribù indigene vennero spesso spostate dalle loro terre ancestrali
verso altri siti, che oggi sono diventate le riserve indiane.
In molti casi queste riserve nulla hanno a che fare con i siti storici.
Cimiteri, aree archeologiche e altre zone che gli indiani considerano sacre non
sempre (e anzi quasi mai!) sono dentro i confini delle riserve. Semplicemente a
suo tempo le riserve vennero disegnate a tavolino altrove, senza preoccuparsi
di metterci dentro l’area X perché non ci pensarono o perché era impossibile
farlo.
L’Army Corps riconosce tutto ciò e quindi ogni volta che devono approvare
un progetto nelle vicinanze di siti di indiani d’America sotto l’obbligo di
fare tutto il possibile per identificare siti archeologici o storici di
speciale importanza per le tribu indiane e soprattuto che tali indiani devono
essere interpellati *prima* che le loro ex-terre diventino qualsiasi altra
cosa.
Dave Archambault II, il rappresentante dei Sioux di Standing Rock ha
ringraziato tutti – Obama, il Dipartimento della Giustizia, il Dipartimento
dell’Interno, e l’Army Corps per questo risultato.
Esultano un po tutti: al canto di “We will not fight
tonight, we will dance!”.
La gente era qui accampata da settimane e mesi, e ci si
preparava a resistere per tutto l’inverno.
Sono arrivate le celebrità in persona o a dare il loro supporto (da Jane
Fonda a Mark Ruffalo, da Leonardo di Caprio a Robert Kennedy, da Susan Sarandon
a Ben Affleck, da a Shailene Woodley). Ci sono state azioni di protesta in vari
campus americani, per le strade di Washington e di New York, e qualche giorno fa
sono arrivati anche 2mila veterani di guerra a dare il loro supporto.
Neve, freddo, minacce. Non c’è stato niente da fare,
alla fine, abbiamo vinto ancora noi, gente normale, con la persistenza e la
resistenza ad oltranza.
Grazie. È un bel giorno.
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