Qualche
mese fa avevo incrociato in internet, da
qualche parte, Ahmed Nàgi e ne avevo scritto qualcosa, se non conoscete Ahmed iniziate da qui.
Ho cercato il suo primo libro in italiano, del 2010, scritto quando era un
ragazzo, l'aperto e scrive, Ahmed, di leggerlo ascoltando “The Wall”
dei Pink Floyd.
E così ho fatto.
Ed è un libro straordinario, dopo qualche giorno l’ho ripreso in mano e l’ho
riletto, sempre con la musica dei Pink Floyd.
Uno si aspetta che un libro di uno scrittore egiziano sia facilmente riconoscibile
classificabile, qualche vecchietto nel suo campo di datteri, i poveracci nei
vicoli del Cairo, qualche piramide, cose così.
E poi ti trovi un libro che potrebbe aver scritto uno degli scrittori
inglesi arrabbiati degli anni ’60, o qualche scrittore argentino o forse
giapponese.
Per fortuna in letteratura i confini sono di carta, e quando inizi a
leggere un libro inizia un viaggio che non sai ancora dove ti porterà.
E però ancora non ho scritto del libro, guardo in rete e trovo le parole di Karim Metref, come scrivere meglio quello già dice lui?
Ecco cosa dice Karim:
“Rogers
e la via del drago divorato dal sole” è il titolo completo del libro. Potrebbe
essere il titolo di un romanzo di avventure, stile Indiana Jones. Ma non lo è.
“Rogers” non è un romanzo, non è una raccolta di racconti. L'autore stesso lo
chiama Gioco. Io, se dovessi per forza azzardare una definizione, lo chiamerei
fiaba cyber-psichedelica o le Mille e una notte del postmoderno.
Ma per fortuna definire un libro non è obbligatorio, perché: come definire un libro che esso stesso non sa e non vuole sapere che cos'è e cosa vuole diventare da grande?
Se tutto fosse iniziato con l'estratto delle “mille e una notte”, allora uno poteva dire “ecco! Probabilmente un nuovo tentativo di trasporre i racconti delle mille e una notte nelle megalopoli sovraffollate, inquinate e globalizzate del Medio Oriente odierno. Invece, per evitare ogni equivoco l'autore avvertiva, come premessa, la raccomandazione seguente: Per godere appieno di questo gioco, si raccomanda vivamente l'ascolto, nel corso della lettura, dell'album “The Wall” dei Pink Floyd. E così andrà avanti il libro – pardon, il gioco- portandoci dopo ogni pagina, ogni angolo di pensiero, dopo ogni pausa in una parentesi spaziotemporale diversa. Ricordi nostalgici, fiabe, leggende, atmosfere di altri tempi passati e futuri, scene da manga giapponese si alternano al realismo di squarci di vita quotidiana di una classe media egiziana (o globale) che pur di non guardare in faccia l'amara realtà di una società piovra che si strozza con i propri tentacoli, cerca rifugio nell'abuso di piaceri facili: droghe, alcool e sesso mordi e fuggi.
Ahmad Nàgi è più conosciuto come blogger e “Rogers” è nato da un blog. Ma, in realtà, solo da un blog poteva nascere una cosa del genere. La moda dei blog si è diffusa in modo veloce e potente nel mondo arabo in genere e in Egitto in modo molto particolare. Il Cyberspazio ha aperto margini di libertà che la stampa e l'editoria tradizionale avevano da tempo chiuso. Nella rete si sono rifugiati sia autori in cerca di libertà di espressione che lettori in cerca di informazione e letteratura alternativa.
Probabilmente, senza la popolarità raccolta già sul web, il “manoscritto” di Rogers non avrebbe mai superato l'esame di un comitato di lettura di una casa editrice egiziana. Forse è solo perché mi immagino i comitati di lettura delle case editrici mediorientali composti da vecchi e ottusi insegnanti di letteratura araba, old style. Ma nello stesso tempo mi rendo conto di quanto sia stereotipata questa visione. Se fosse stato così, un'opera come “La memoria del corpo” di Ahlam Mostaghanemi non sarebbe mai stata pubblicata da una delle più popolari case editrici del Medioriente, Dar al Adab di Beirut, nel lontano 1993.
Rimane che negli ultimi anni dalla rete provengono alcune delle opere più innovative della letteratura araba degli ultimi anni e “Rogers” fa sicuramente parte di questa categoria. E così come la rete nel mondo arabo rompe con il triste conformismo dell'editoria tradizionale, in Italia, sono le piccole case editrici come Il Sirente a rompere con la triste tradizione della grossa editoria che consiste nel non importare dalla letteratura mondiale solo ciò che è già bestseller sui mercati anglosassoni, francofoni o ispanofoni tralasciando così molte meraviglie della letteratura mondiale. Basta pensare che fino al premio Nobel, Herta Muller era pubblicata da una piccolissima casa editrice di Rovereto.
Dopo il viaggio di Rogers, parcheggiate il vostro tappeto volante/navicella spaziale. Spegnete la “voce irritante” di Roger Waters, le chitarre e le tastiere dei Pink Floyd. Tornate su questo nostro pianeta, sempre più piccolo e sempre più globalizzato. Aprite la pattumiera e gettateci, se ce le avete ancora, le immagini di un Oriente mitico e mistico attaccato alla tradizione.
Ma per fortuna definire un libro non è obbligatorio, perché: come definire un libro che esso stesso non sa e non vuole sapere che cos'è e cosa vuole diventare da grande?
Se tutto fosse iniziato con l'estratto delle “mille e una notte”, allora uno poteva dire “ecco! Probabilmente un nuovo tentativo di trasporre i racconti delle mille e una notte nelle megalopoli sovraffollate, inquinate e globalizzate del Medio Oriente odierno. Invece, per evitare ogni equivoco l'autore avvertiva, come premessa, la raccomandazione seguente: Per godere appieno di questo gioco, si raccomanda vivamente l'ascolto, nel corso della lettura, dell'album “The Wall” dei Pink Floyd. E così andrà avanti il libro – pardon, il gioco- portandoci dopo ogni pagina, ogni angolo di pensiero, dopo ogni pausa in una parentesi spaziotemporale diversa. Ricordi nostalgici, fiabe, leggende, atmosfere di altri tempi passati e futuri, scene da manga giapponese si alternano al realismo di squarci di vita quotidiana di una classe media egiziana (o globale) che pur di non guardare in faccia l'amara realtà di una società piovra che si strozza con i propri tentacoli, cerca rifugio nell'abuso di piaceri facili: droghe, alcool e sesso mordi e fuggi.
Ahmad Nàgi è più conosciuto come blogger e “Rogers” è nato da un blog. Ma, in realtà, solo da un blog poteva nascere una cosa del genere. La moda dei blog si è diffusa in modo veloce e potente nel mondo arabo in genere e in Egitto in modo molto particolare. Il Cyberspazio ha aperto margini di libertà che la stampa e l'editoria tradizionale avevano da tempo chiuso. Nella rete si sono rifugiati sia autori in cerca di libertà di espressione che lettori in cerca di informazione e letteratura alternativa.
Probabilmente, senza la popolarità raccolta già sul web, il “manoscritto” di Rogers non avrebbe mai superato l'esame di un comitato di lettura di una casa editrice egiziana. Forse è solo perché mi immagino i comitati di lettura delle case editrici mediorientali composti da vecchi e ottusi insegnanti di letteratura araba, old style. Ma nello stesso tempo mi rendo conto di quanto sia stereotipata questa visione. Se fosse stato così, un'opera come “La memoria del corpo” di Ahlam Mostaghanemi non sarebbe mai stata pubblicata da una delle più popolari case editrici del Medioriente, Dar al Adab di Beirut, nel lontano 1993.
Rimane che negli ultimi anni dalla rete provengono alcune delle opere più innovative della letteratura araba degli ultimi anni e “Rogers” fa sicuramente parte di questa categoria. E così come la rete nel mondo arabo rompe con il triste conformismo dell'editoria tradizionale, in Italia, sono le piccole case editrici come Il Sirente a rompere con la triste tradizione della grossa editoria che consiste nel non importare dalla letteratura mondiale solo ciò che è già bestseller sui mercati anglosassoni, francofoni o ispanofoni tralasciando così molte meraviglie della letteratura mondiale. Basta pensare che fino al premio Nobel, Herta Muller era pubblicata da una piccolissima casa editrice di Rovereto.
Dopo il viaggio di Rogers, parcheggiate il vostro tappeto volante/navicella spaziale. Spegnete la “voce irritante” di Roger Waters, le chitarre e le tastiere dei Pink Floyd. Tornate su questo nostro pianeta, sempre più piccolo e sempre più globalizzato. Aprite la pattumiera e gettateci, se ce le avete ancora, le immagini di un Oriente mitico e mistico attaccato alla tradizione.
ma
non fermatevi qui, buona lettura del libro.
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