Non so a voi ma a me questo referendum mi dà un po’ di angoscia
senza esagerare, intendiamoci. La vita mi sorride abbastanza, ma un
po’ di angoscia questo referendum me la dà. Le ragioni sono molteplici e cerco
di raccontar(me)le. I miei amici litigano fra loro astiosamente, si arriva al
punto che qualcuno cancella da Facebook quelli che votano sì, o quelli che
votano no. Potrei anche sopportarlo, se si trattasse di una disputa che davvero
ci riguarda. Che ne so, se qualcuno votasse a favore del licenziamento degli
operai dissenzienti di Pomigliano, se qualcuno votasse a favore della guerra di
George Bush e Dick Cheney, beh allora d’accordo, io con un tipo così non ci
voglio aver nulla a che fare, che vada a farsi fottere.
Ma qui mi pare che siamo tanto rissosi per la semplice ragione che siamo insicuri,
non crediamo davvero a questo referendum a questo sì e a questo no, perciò alziamo tanto
la voce, e ci ripetiamo che la costituzione non si tocca oppure che bisogna
toccarla eccome.
Chi (come me) vota No non può non sapere che sta
votando come Gianfranco Fini, e che se il No è maggioritario si va presto a
nuove elezioni in un clima drammatico di collasso finanziario in cui vincitori
probabili saranno razzisti ininterrotti come Salvini o razzisti a giorni
alterni come Grillo. Chi vota Si non può non sapere che sta rafforzando il potere di un
ammiratore di Tony Blair, criminale di guerra, e sta rafforzando il governo del
voucher, non può non sapere che una riforma della costituzione non dovrebbe
assolutamente essere varata da un governo che non è stato eletto da nessuno, e
non può essere imposta alla metà del corpo elettorale.
Chi vota sì non può non sapere che una riforma costituzionale di questo
genere spacca per sempre il paese, senza speranza di tornare indietro.
Il fatto è che questo referendum è una trappola costruita da un
furbetto che era convinto di stravincere e avere poi tutto il potere con cui
asfaltare del tutto i diritti dei lavoratori. Ma siccome il furbetto non è poi
così intelligente come fa finta di essere ha fatto male i conti e a un certo
punto si è reso conto che non siamo tutti come Letta a cui si può dire “Enrico
stai sereno” che ti frego il posto appena ti volti. Una buona parte della
popolazione ha deciso di non aspettare serenamente, e di votare no.
I contenuti di questa riforma sono risibili dal punto
di vista specificamente costituzionale: nessuno può pensare davvero che il
bicameralismo è il problema principale di un paese in cui gli studenti che
vogliono studiare vanno all’estero, nessuno può credere che il risparmio di
qualche spicciolo per i senatori sarà decisivo per le sorti economiche di un
paese che ha perduto un quarto del sistema industriale negli ultimi dieci anni
a causa del Fiscal compact e del debito
che più lo paghi e più cresce. Questa riforma costituzionale miserella
serviva nelle intenzioni del furbetto a sbaragliare ogni opposizione alla
riforma vera, che è la riforma interminabile del mercato del lavoro, la
privatizzazione infinita l’impoverimento illimitato della società (su questo tema vale
la pena rileggere Come pensa la classe dominante di Raúl Zibechi, ndr).
Purtroppo il referendum è una trappola che scatterà in
ogni caso. Se vince il sì la società è sbaragliata, e Marchionne ha vinto per
sempre. Se vince il No si spalanca un abisso di instabilità finanziaria e
politica. Ma se ci penso meglio poi mi rendo conto del fatto che se invece
vince il sì l’abisso è solo rimandato di qualche mese, e in qualche mese lo
spostamento a destra dell’elettorato è destinato ad accentuarsi.
È meglio saperlo, è meglio dirlo, invece di alzare la
voce e cancellare gli amici. Siamo in una trappola, e la sola cosa che possiamo
fare è impedire la (provvisoria) stabilizzazione del governo di un tizio che
ammira il criminale di guerra Tony Blair e lo schiavista Marchionne.
Siamo in una trappola, e la sola cosa che possiamo
fare è prepararci in ogni caso al peggio, e lavorare a un lungo periodo di ricostruzione
della prospettiva europeista e anti-finanzista.
Siamo in una trappola, e la sola cosa che possiamo fare è non comportarci
come i polli di Renzo Tramaglino, evitare di rompere amicizie in nome di una
sconfitta in ogni caso assicurata.
L’inimicizia tra sconfitti (e lo siamo tutti, in ogni caso) è la peggiore
delle cretinate.
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