Invalsi, per bocca del suo Presidente Roberto Ricci, conferma che nelle scuole italiane, è in atto una schedatura di massa degli studenti fragili. “Nessuna etichettatura” sostiene Ricci, ma si contraddice subito dopo, ammettendo che Invalsi sta inviando i codici che consentono di associare il valore dell’indicatore di fragilità alla scheda di ciascuno studente. Il Presidente Invalsi rivela anche che i genitori sono tenuti all’oscuro del bollino di fragilità attaccato ai loro figli. L’algoritmo Invalsi sancisce “oggettivamente” per milioni di studenti una condizione di fragilità scolastica che Ricci paragona a una condizione fisica: “Come dire: se ho determinate caratteristiche fisiche, sono esposto a determinati rischi”. Appare paradossale che alle professioni di fede liberaldemocratica, esternata così platealmente dal Ministro Valditara nell’anniversario della caduta del Muro di Berlino, si accompagni il silenzio-assenso su schedature di massa che poco hanno da invidiare alle occhiute pratiche dei regimi che stavano oltre la cortina di ferro. Se il Ministro dell’Istruzione e del merito non è un fantasma, è ora che batta un colpo.
Ieri abbiamo dato notizia della schedatura di massa
attualmente in corso nelle scuole italiane: Invalsi ha fornito i codici
mediante i quali vengono resi noti alle scuole i nomi degli studenti che, in
base test mantenuti segreti e un algoritmo non verificabile, sono ricaduti
nella categoria dei dispersi impliciti. Le scuole sapranno che sono
ufficialmente “fragili”, senza che le famiglie abbiano dato alcun consenso a
questa “certificazione algoritmica”. Difficile immaginare che questi bollini
rossi possano rimanere strettamente confidenziali se, come previsto dal PNRR, i dirigenti
scolastici dovranno firmare un “atto d’obbligo” e saranno sottoposti a
monitoraggio trimestrale per verificare come utilizzeranno i fondi ricevuti per
migliorare i risultati di questi studenti.
La notizia
ha destato sensazione. È stata ripresa dal Fatto Quotidiano, dal Corriere.it, da alcuni siti online (qui, qui, qui, qui e qui) ed è stata seguita da un duro comunicato della FLC-CGIL. Il Corriere.it
riporta anche la “replica durissima” di Roberto Ricci, il Presidente
dell’Invalsi. Una replica che però, al netto del tono, non fa altro che
confermare quello che avevamo scritto e, anzi, rivela che il quadro è persino
più preoccupante di quanto si sapeva fino a ieri. Per rendercene conto,
leggiamo insieme i virgolettati del Presidente Invalsi.
1. Secondo Invalsi, attaccare l’indicatore alla scheda
studente non è etichettatura
Ricci:
“Nessuna etichettatura, nessuna certificazione di fragilità- aggiunge Ricci-
Semplicemente, la scuola chiede ad Invalsi di attaccare il valore di questo
indicatore a ciascuna scheda studente, sempre in forma anonima, e il dirigente
ne fa quello che ritiene più opportuno”
Che
differenza c’è tra un’etichettatura e attaccare il valore di un indicatore (di
fragilità) alla scheda dello studente? E come si fa ad attaccare l’indicatore a
ciascuna scheda studente, ma “sempre in forma anonima”? Chi lo capisce è bravo.
2. Schedatura: ce l’ha chiesta l’Europa
Ricci:
“visto che la Comunità europea vuole che dei dati comparabili per poter
distribuire le risorse, e i dati scolastici (i voti, per capirci) non sono
comparabili, l’Invalsi è intervenuto per fornire alle scuole uno strumento in
più per poter capire il grado di fragilità dei propri studenti e per poter
chiedere risorse in proporzione”
Forse lo
stesso Ricci intuisce che, rivelando alle scuole gli esiti individuali, è stata
varcata una soglia problematica. Meglio allora scaricare la responsabilità:
Invalsi è intervenuto per soddisfare una richiesta della Unione Europea.
3. Le famiglie tenute all’oscuro dei bollini rossi dei
loro figli
Ricci:
“Nessuna famiglia sta ricevendo lettere di fragilità” “È un file elettronico
dove non abbiamo nomi e cognomi, che non possono e non devono uscire dalla
scuola: la scuola ha solo un dato che può decidere come usare.”
Veniamo così
a sapere che gli studenti certificati come fragili dall’algoritmo saranno
attenzionati dalle scuole, senza però avvisare le famiglie della “bollinatura”
dei loro figli. I genitori meno sprovveduti, non tarderanno ad accorgersene e
chiederanno se il figlio è stato dichiarato “disagiato Invalsi”. Come dovranno
comportarsi i dirigenti scolastici e i professori? Negare l’informazione?
Fornirla? Nel secondo caso, come giustificare l’averla tenuta nascosta fino a
quel momento? È pure lecito domandarsi se i genitori apprezzeranno che la
scuola progetti interventi educativi mirati servendosi di una schedatura
eseguita “a loro insaputa”.
4. Fragilità Invalsi: è come avere “determinate
caratteristiche fisiche”
Ricci:
“Nessuna certificazione, nessuna etichettatura. L’idea è proprio quella di
fornire indicatori che probabilisticamente individuano dei fragili. Come dire:
se ho determinate caratteristiche fisiche, sono esposto a determinati rischi, e
mi controllerò per prevenirli. Un’altra lettura delle cose favorisce
l’oscurantismo”.
L’indicatore
di fragilità, equiparato ad avere “determinate caratteristiche fisiche” che
espongono “a determinati rischi” somiglia in modo sinistro alla certificazione
di un handicap fisico. Abbiamo un ministero che ripone fiducia cieca in un
algoritmo che, applicato all’intera popolazione scolastica, distingue
“scientificamente” gli studenti alfa da quelli beta e gamma, come se questi
ultimi avessero “determinate caratteristiche fisiche”. Vi ricorda qualcosa? Chi
è che sta favorendo l’oscurantismo?
Se il
Ministro dell’Istruzione e del merito non è un fantasma, è ora che batta un
colpo. Appare paradossale che alle professioni di fede liberaldemocratica,
esternata così platealmente nell’anniversario della caduta del Muro di Berlino,
si accompagni il silenzio-assenso su schedature di massa che poco hanno da
invidiare alle occhiute pratiche dei regimi che stavano oltre la cortina di
ferro.
Caro ministro liberaldemocratico: Hic Rhodus, hic salta!
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