Care ragazze e cari ragazzi, il ministro
dell’Istruzione e del Merito vi invita a riflettere e a discutere su una lettera che vi ha mandato in occasione del 9
novembre, Giornata della libertà istituita
dal governo italiano in quanto anniversario della caduta del muro di Berlino
nel 1989.
non sono più un ragazzo, tutt’altro, ma anche a me
piacerebbe discutere non sulla sua
lettera, ma la sua
lettera.
. . .
1. inizierò dall’indirizzo della lettera, rivolta
a ragazzi e ragazze.
forse un ministro che si occupa di scuola avrebbe
fatto meglio a indirizzarla agli studenti in
genere, dando al termine quel valore neutro che di fatto ha nella lingua
italiana e che un femminismo superficiale non riconosce.
so di andare contro il presunto politically correct attuale, ma
parlare di ragazzi e
ragazze può dare l’impressione che agli occhi di chi ha scritto
questa lettera la divisione dei sessi sia rigorosamente binaria, cosa quasi
vera dal punto di vista biologico, ma per niente vera dal punto di vista
psicologico, dato che alla vostra età qualcuno può sentirsi fluido e non avere
ancora scelto una chiara e definitiva identità sessuale.
. . .
2. il ministro dice che la caduta del muro di Berlino
segna l’esito drammaticamente
fallimentare del comunismo, ma più avanti riconosce che il comunismo
nella storia del Novecento e attuale ha assunto forme anche profondamente differenti, parla di straordinaria complessità delle sue vicende e
nella stessa frase dice che al comunismo continua a richiamarsi ancora oggi, fra gli altri paesi, la Repubblica
Popolare Cinese.
la contraddizione logica è dunque evidente, perché
l’attuale esperienza storica della Cina, che continua a definirsi comunista, pare che sia tutt’altro
che fallimentare.
quindi il ministro meglio avrebbe fatto a parlare di
fallimento di una certa forma di comunismo, quella creatasi nell’URSS con
leninismo e stalinismo, malamente rabberciata dopo la morte di Stalin, ma senza
trasformazioni sostanziali.
. . .
3. la
caduta del Muro, aggiunge, ha
determinato l’espulsione del comunismo dal Vecchio Continente.
forse avere chiamato così l’Europa è una scelta
linguistica rivelatrice, ma l’espulsione di
cui parla il ministro è più un suo desiderio che una realtà.
il comunismo non è fuorilegge tra noi, e dirsi
comunisti è ancora pienamente legittimo, tanto più considerando che la
Resistenza da cui è nata la nostra repubblica e la Costituzione videro un
apporto decisivo dei comunisti di allora.
. . .
4. parlare del comunismo di tradizione
marxista-leninista come di una grande
utopia è fargli un grave torto storico, visto che i suoi obiettivi
sono sempre considerati, invece, di natura scientifica e Marx ha combattuto per
tutta la sua vita contro il socialismo utopistico.
è su questo piano che vanno contestati, allora, non su
quello della loro pretesa utopia.
il comunismo marxista è errato, come sistema globale
di pensiero, in quanto teoria scientifica falsificata dalla storia, non in
quanto utopia, che potrebbe restare sempre viva.
ma questo non toglie che abbia dato contributi
parziali fondamentali allo sviluppo del pensiero umano.
. . .
5. là
dove il comunismo prevale
si converte inevitabilmente in un incubo altrettanto grande?
così dice il ministro, ma l’esperienza storica anche
attuale di Cina, Vietnam, Laos, Corea del Nord, Cuba, paesi che tutti si
definiscono tuttora comunisti, dimostra che non è sempre né necessariamente
così.
la sua realizzazione
concreta comporta ovunque annientamento delle libertà individuali,
persecuzioni, povertà, morte: affermazioni semplicemente ridicole, e basta viaggiare e conoscere
direttamente quei paesi, per verificarlo.
hanno le loro luci e le loro ombre, in alcuni casi ben
forti e nette, ma ogni paese ha i suoi limiti e i suoi problemi.
. . .
6. Il
crollo del Muro di Berlino segna il fallimento definitivo dell’utopia
rivoluzionaria.
contestare al comunismo di non avere costruito una
società perfetta è un artificio retorico inconsistente: prima si attribuisce al
comunismo la volontà di costruire una società perfetta, cosa falsa; poi lo si
rimprovera di non essere riuscito a realizzarla.
. . .
7. senza parole lascia la battuta finale sul risorgere di aggressive nostalgie
dell’impero sovietico.
modo davvero strano per definire il nazionalismo
oscurantista di Putin e di scivolare via sul suo preciso anti-comunismo.
. . .
8. la
nostra liberaldemocrazia, dice il ministro.
eh no, altolà: noi non viviamo in una liberaldemocrazia, ma in una democrazia che non ha bisogno di
altri aggettivi che ne limitino il significato.
l’Italia è una repubblica
democratica, dice la
nostra Costituzione; non dice liberaldemocratica.
. . .
9. la
nostra liberaldemocrazia è un
ordine politico e sociale imperfetto, pieno com’è di contraddizioni, bisognoso
ogni giorno di essere reinventato e ricostruito.
anche il comunismo, ministro; le attenuanti che Lei
trova per la democrazia liberista che ci governa e forse anche un poco ci
opprime, le trovi anche per gli stati che cercano di contrastare il liberismo
economico assoluto e totalizzante.
. . .
ma siccome Valditara è ministro anche del Merito, non
può sottrarsi ad un giudizio finale, da ex-docente di Italiano.
se questa lettera fosse un tema (“Commentate la Giornata della libertà del 9
novembre”), lo giudicherei mediocre,
caro ministro del Merito.
non al di sotto della
sufficienza, perché è
corretta linguisticamente e non vi sono gli errori grammaticali e sintattici ai
quali altri ministri ci hanno abituato negli ultimi tempi.
ma la sua linea argomentativa è inconsapevolmente
incoerente e fondata su un presupposto radicalmente sbagliato; usa affermazioni
non sempre corrette e si sviluppa in modo alquanto ripetitivo.
un voto non glielo do, ce lo risparmiamo entrambi: del
resto, lo scopo primo della scuola non è valutare, ma promuovere il merito,
come Lei dovrebbe sapere benissimo.
La attendo alle prossime prove.
. . .
la lettera
del ministro:
Care ragazze e cari
ragazzi [1], la sera del 9 novembre del 1989 decine di
migliaia di abitanti di Berlino Est attraversano i valichi del Muro e si
riversano nella parte occidentale della città: è l’evento simbolo del collasso
del blocco sovietico, della fine della Guerra Fredda e della riunificazione
della Germania e dell’Europa. La caduta del Muro, se pure non segna la fine del
comunismo – al quale continua a richiamarsi ancora oggi, fra gli altri paesi,
la Repubblica Popolare Cinese -, ne dimostra tuttavia l’esito drammaticamente
fallimentare [2] e ne
determina l’espulsione dal Vecchio Continente [3]. Il comunismo è stato uno dei grandi
protagonisti del ventesimo secolo nei diversi tempi e luoghi ha assunto forme
anche profondamente differenti [2], e minimizzarne o banalizzarne l’immenso impatto storico sarebbe un
grave errore intellettuale. Nasce come una grande utopia [5]: il sogno di una rivoluzione radicale che
sradichi l’umanità dai suoi limiti storici e la proietti verso un futuro di
uguaglianza, libertà, felicità assolute e perfette. Che la proietti, insomma,
verso il paradiso in terra. Ma là dove prevale si converte inevitabilmente in
un incubo altrettanto grande: la sua realizzazione concreta comporta ovunque
annientamento delle libertà individuali, persecuzioni, povertà, morte. Perché
infatti l’utopia si realizzi occorre che un potere assoluto sia esercitato
senza alcuna pietà, e che tutto – umanità, giustizia, libertà, verità – sia
subordinato all’obiettivo rivoluzionario. Prendono così forma regimi tirannici
spietati, capaci di raggiungere vette di violenza e brutalità fra le più alte
che il genere umano sia riuscito a toccare. La via verso il paradiso in terra
si lastrica di milioni di cadaveri. E si rivela drammaticamente vera
l’intuizione che Blaise Pascal aveva avuto due secoli e mezzo prima della
rivoluzione russa: ‘L’uomo non è né angelo né bestia, e disgrazia vuole che chi
vuol fare l’angelo fa la bestia. Gli storici hanno molto studiato il comunismo
e continueranno a studiarlo, cercando di restituire con sempre maggiore precisione
tutta la straordinaria complessità delle sue vicende [2]. Ma da un punto di vista civile e culturale
il 9 novembre resterà una ricorrenza di primaria importanza per l’Europa: il
momento in cui finisce un tragico equivoco nel cui nome, per decenni, il
continente è stato diviso e la sua metà orientale soffocata dal dispotismo.
Questa consapevolezza è ancora più attuale oggi, di fronte al risorgere di
aggressive nostalgie dell’impero sovietico [7] e alle nuove minacce per la pace in Europa.
Il crollo del Muro di Berlino segna il fallimento definitivo dell’utopia
rivoluzionaria [6]. E non può che essere, allora, una festa della nostra
liberaldemocrazia [8]. Un
ordine politico e sociale imperfetto, pieno com’è di contraddizioni, bisognoso
ogni giorno di essere reinventato e ricostruito. E tuttavia, l’unico ordine
politico e sociale che possa dare ragionevoli garanzie che umanità, giustizia,
libertà [9], verità non siano mai subordinate ad alcun altro scopo, sia esso
nobile o ignobile. Per tutto questo il Parlamento italiano ha istituito il 9
novembre la ‘Giornata della libertà’. Su tutto questo io vi invito a riflettere
e a discutere.
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