Zhat è una bambina, poi ragazza, poi donna, che vive al Cairo.
Sonallah
Ibrahim racconta la vita di Zhat, le sue scelte, le sue piccole imprese,
accompagnando la narrazione con un blob di notizie, pubblicità e ritagli di
giornali che fanno da sfondo alla vita di Zhat.
il
libro riesce a essere divertente, pur essendo anche la descrizione e la satira di un paese in
perenne degrado, per colpa dei colonialisti che lo condizionano, ma anche dei
governanti egiziani, a tutti i livelli, che non brillano se non per corruzione
e incompetenza.
un gran bel libro, che ha ispirato anche una serie tv (qui).
buona zhat lettura.
Nell’appartamento piccolo-borghese di un condominio del
Cairo, Zhat vive una vita affollata di eventi piccoli e grandi, popolata di
amiche, vicini di casa, negozianti del quartiere, le cui esistenze si
intrecciano con la sua. Sullo sfondo della Storia – che, senza che lei se ne
renda conto, determina la sua vita – Zhat, immersa nella quotidianità, amante
dei pettegolezzi, preoccupata della spesa, è un personaggio pieno di colore e
di ironia. Ritratto di un’anti-eroina sempre baldanzosa e sempre sconfitta, e
di un paese incalzato dal degrado, il romanzo si srotola in pagine dove la
simpatia umana si mescola alla crudezza della satira.
…I protagonisti, Zhat e suo marito, Abdel Meguid, da una parte, sono
completamente egiziani dall’altra sono straordinari e diversi da tutti. Per
esempio, Abdel Meguid accetta benissimo l’afasia di suo figlio e addirittura
Zhat ogni volta oscilla su quanto pagare un tassista valutando il suo grado di
povertà. Il racconto è pieno di ironia e di termini originali ed efficaci,
uniti a magistrali descrizioni del Cairo e delle sue vie caotiche. Le
liberalizzazioni di Sadat e Mubarak hanno rovinato la città, ora ricolma di
immondizia e sempre più caotica, più dell’occupazione inglese.
Nella storia si innestano continui ritagli di giornale. «Ho
guardato al mio archivio, da quando ero giovane raccoglievo ritagli di
giornale. Ho iniziato raccogliendo foto di attrici americane. Dietro queste
foto c’erano sempre commenti politici contro il governo. Ho iniziato a
interessarmi di politica. La casa si è riempita di ritagli. Mia
moglie mi ha intimato di buttarli via o avremmo divorziato. Ho deciso
così di liberarmene perché non volevo divorziare. Ho raccolto quindi
in un quaderno i ritagli di cui avevo bisogno. Ho subito avuto la sensazione di
poter usarli per un romanzo. Poi ho deciso di includerli nella storia di Zhat»,
prosegue Ibrahim…
…Le stagioni di Zhat è
invece un romanzo molto più corale, in cui l’ironia (sempre tagliente e critica
verso la società egiziana e i comandi che detengono il potere nel paese)è molto
più ariosa e giocosa. Racconta più di trent’anni della vita di Zhat: una donna
che dalle illusioni e dai sogni giovanili passa al fallimento matrimoniale
attraverso una gran quantità di chiacchiere con amiche e colleghe, nel
tentativo di una elevazione sociale che non arriverà mai, tra sogni erotici
notturni consumati con attori di sceneggiati televisivi, mentre nell’altra
stanza il marito passa la notte in piedi guardando in videocassetta dei film
porno. Il bagno intanto va a pezzi e ammuffisce ma mancano i soldi per
ripararlo, il condominio e il quartiere si degradano ogni anno di più eZhat
deve sopportare la vista di amiche e parenti che raggiungono quel benessere e
quello status sociale che lei ha desiderato per tutta la vita inutilmente.
L’autore intervalla il racconto
delle diverse stagioni della vita di Zhat con una sequenza lunghissima di
spezzoni di articoli di giornale cheparlano dell’Egitto. È la cronacadegli
infiniti casi di corruzione che avvengono nel paese, delle menzogne plateali di
politici e magistrati, delle verità di Stato continuamente contraddette,
ritrattate, riviste, riproposte. Cronache di frodi alimentari, soprusi sui
normali cittadini da parte di polizia e militari, truffe farmaceutiche, affari
fallimentari con partner economici come i paesi europei e gli Stati Uniti,
abusi di potere, ecc. Una sequenza di articoli veri montati magistralmente, che
diventano una specie di teatro pubblico dell’assurdo. Le notizie riportate sono
le più disparate. Tra queste, a un certo punto, saltano fuori brevi notizie
sugli scioperi dei ferrovieri:
“Forze
della Sicurezza Centrale disperdono un sit-in
di ferrovieri a colpi di manganelli elettrificati”
“Il
governo scioglie L’Associazione dei ferrovieri. Decine di arresti”
Dopo due-tre pagine di altri brevi
spezzoni di articoli seguono le notizie dell’occupazione della fabbrica da
parte degli operai della tessitura di Kafr al-Dawar.
Riguardo ai quali a un certo punto
si riportano i seguenti titoli:
“Kafr
al-Dawar: le autorità tagliano acqua e luce.
La
Sicurezza centrale apre il fuoco per disperdere gli operai”.
Alla fine di questa sequenza
troviamo un lunga citazione tratta da un’intervista fatta a uno degli operai
della fabbrica:
“E allora gli ufficiali mi hanno
spiegato che i metodi di tortura, oggi come oggi, si sono evoluti e che quello
che si apprestavano a farmi mi avrebbe fatto perdere la ragione e la virilità,
nel senso che non avrei più potuto avere rapporti sessuali. Mi hanno chiesto
degli altri operai, volevano sapere chi aveva organizzato i disordini in
fabbrica. Poi mi hanno insultato. Un ufficiale mi ha colpito in piena faccia e
ha gridato: «Andate a prendere la moglie di questo stronzo, che ce la sc… e poi
la facciamo sc… dal soldato. E poi dopo tocca a lui». Mi hanno spogliato, mi
hanno legato le braccia anche se ero già ammanettato, e mi hanno buttato per
terra, steso sulla schiena. Mi hanno messo una sedia sul petto. Ci si è seduto
sopra un ufficiale che aveva in mano un apparecchio elettrico che mi ha messo sul…”
[i tre punti di sospensione sono nel testo]
Il periodo a cui si riferiscono
questi articoli è quello di Sadat, alleato storico dell’Occidente, al quale nel
1978 venne appunto conferito il premio Nobel per il processo di pace intrapreso
con Israele.
Dopo una sequenza di altre notizie
altrettanto disparate su sofisticazioni alimentari, su medicinali (quali la
Novalgina) vietati all’estero e consentiti in Egitto o di antiparassitari
dichiarati altamente nocivi in Europa e commercializzati in Egitto, segni evidenti
della corruzione di Stato e effetto collaterale dell’alleanza stretta dal
regime del Cairo con i paesi occidentali, tornano gli articoli relativi allo
stato di polizia vigente nel Paese.
Riguardano soprattutto i metodi di
addestramento usati dagli ufficiali della Sicurezza Centrale nei confronti
delle nuove reclute:
“Ufficiale della Sicurezza
Centrale: «Fin dal primo giorno in cui il soldato di leva arriva al campo
d’addestramento, i sottufficiali lo picchiano senza motivo con scarpe e
manganelli. Poi lo mettiamo in riga, ci vogliono dai cinque ai sette mesi. Tra
le varie pratiche di addestramento c’è quella di costringerli a insultare una
pietra che rappresenta i suoi parenti più stretti, così che in loro venga
annientato ogni sentimento umano nei confronti di chiunque si troveranno a
fronteggiare in futuro».
E subito dopo:
“al-Ahrar (quotidiano di destra):
«Gli ufficiali della Sicurezza Centrale si ingegnano per mortificare i loro
uomini nei modi più disparati. Non contenti di picchiarli, sputargli addosso,
insultare i loro genitori e spegnergli le sigarette sulla pelle come punizione
per i motivi più futili, li fanno correre per ore con un commilitone sulle
spalle. Hanno inventato punizioni con i nomi più assurdi. Per esempio, quando
dicono a un soldato Bevi whisky!, costui deve mettersi una mano
su un orecchio, posare l’altra per terra e poi girare su se stesso usando
l’indice come se fosse il perno di una ruota finché non scava una buca con il
dito. A quel punto è talmente sfiancato e gli gira così tanto la testa che
sviene come se fosse ubriaco»”.
Non si rende giustizia a uno autore
del livello di Sonallah Ibrahim riducendo la sua opera al mero ruolo di
testimonianza della dittatura egiziana e la sua figura a quella di un
intellettuale arabo, probabilmente ateo e (chissà se ancora) comunista,
oppositore di un regime totalitario. Ibrahim è innanzitutto autore di raffinata
ironia, che si legge con molto divertimento, capace di feroce sarcasmo e di
numerosi momenti di vera e propria comicità.
I suoi libri, tradotti in Italia
ognuno a distanza di circa vent’anni dalla pubblicazione in lingua araba, prima
che raccontarci l’opposizione ai regimi militari, ci mettono in contatto con
una letteratura interessante, vivace e di notevole spessore. Ed è per questo
che vanno letti. Per il puro piacere di leggere. Oltre che per la voglia di
conoscere qualcosa di più delle vicende egiziane.
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