Gianni Sartori si propone come autodidatta che propone
analisi “a naso”: avercene di nasi così raffinati! E soprattutto con una
memoria storica e uno sguardo libertario come il suo. Peraltro l’analisi dei
guasti del neocolonialismo è uno dei motivi per cui OGzero è nato e questo
scritto ci sembra perfetto per avviare la discussione che si fonde e intreccia
con le altre che muovono masse di disperati, distruggono il clima, depredano
territori, spacciano armi, innescano conflitti per controllare risorse. Si può
interpretare questo uso della divisione religiosa come un nodo delle diverse
emergenze del Finanzkapitalismus nella sua fase iperliberista, un nodo a cui
arrivare dagli altri orrori geopolitici, o da cui partire per inserirlo nella
rete che mette insieme l’uso politico-aggressivo della religione, il pastone
mediatico, la scorciatoia militarista, l’espansionismo imperialista… ma
partiamo dallo storico conflitto irlandese tra cattolici separatisti e
unionisti protestanti e poi ci espandiamo nelle più complesse – ma
riconducibili agli stessi modelli di potere – contrapposizioni mediorientali.
Solo un’ipotesi, la mia. Da “proletario autoalfabetizzato” senza pretese
accademiche. A naso diciamo.
Se in passato le “guerre di religione” potevano, forse, esprimere
(“fotografare”) in qualche modo i conflitti etnici e/o sociali del tempo (vedi
alcune “eresie” e certe “riforme” diretta conseguenza dei conflitti di classe),
direi che in seguito, perlomeno dal secolo scorso, il più delle volte sono
state la copertura, la “vetrina” di interessate strumentalizzazioni.
Partiamo dall’Irlanda…
A titolo di esempio, il conflitto irlandese, soprattutto dopo la divisione
dell’Isola di smeraldo. Se già nel Settecento cattolici e protestanti
(discendenti i primi dagli indigeni irlandesi colonizzati, gli altri dai coloni
scozzesi presbiteriani) avevano fatto fronte comune per l’indipendenza
dell’Irlanda, anche in seguito (vedi gli scioperi di lavoratori salariati
cattolici e protestanti a Belfast) non mancarono lotte comuni. A porvi fine
intervennero le ricche borghesie filobritanniche (si veda La Casa d’Orange)
elargendo piccoli privilegi e organizzando milizie settarie “lealiste” (v.
Uvf). Non potendo utilizzare – che so – un diverso colore della pelle o
diversità etniche rilevanti (in quanto entrambe le comunità erano di origine
celtica, diversamente dagli inglesi anglosassoni – di origine germanica – e
anglicani) si accontentarono di ampliare il modesto solco di natura religiosa.
Poi è andata come sappiamo. Esperimento sostanzialmente
riuscito, un modello per future strumentalizzazioni a “geometria variabile”.
… e giungiamo tra le comunità beluci,
curde e hazara
Quindi ritengo che anche le sanguinose faide mediorientali tra sunniti e
sciiti (con ricadute particolarmente gravi per le minoranze qui presenti:
yazidi, alaviti, assiro-cristiani, zoroastriani…) siano state perlomeno
“pompate”, gonfiate, esasperate ad arte.
Quanto è avvenuto nelle aree curde, occupate militarmente dalla Turchia, di
Afrin e di Sere Kaniyê (Nord della Siria) appare emblematico. Non essendo in
grado di controllare adeguatamente le proprie milizie mercenarie (vedi
l’Esercito Nazionale Siriano, Sna), Ankara si starebbe affidando direttamente
al gruppo terrorista Hayat Tahrir al-Sham (Hts,
successore di al-Nusra), con tutta probabilità l’emanazione locale di al-Qaeda.
Il ruolo della Turchia
Anche perché tra le fila di alcune formazioni sul libro paga di Ankara
ultimamente serpeggiava, oltre al malcontento, anche una certa preoccupazione.
Le voci su un possibile riavvicinamento tra Ankara e Damasco (patrocinato da Mosca) lasciava intravedere la possibilità di venir scaricati, se non addirittura consegnati, per diversi membri delle milizie mercenarie. In quanto ricercati da Damasco potrebbero venire estradati e questo suggerisce una possibile spiegazione su alcuni episodi di insubordinazione. Come per gli scontri a mano armata intercorsi tra membri di Jabhat al-Shamiya e di Jaish al-Islam.
Tali dispute ricorrenti (oltre al rischio concreto di insubordinazione e
defezione) tra le diverse fazioni di Sna (forse non adeguatamente attrezzate,
oltre che sul piano politico, anche in quello religioso?) avrebbero suggerito a
Erdoğan di far leva sul maggiore entusiasmo, fervore religioso (eufemismo per fanatismo)
di Hts. Un fanatismo indispensabile per annichilire le minoranze “eretiche” e
non omologate (tutti apostati, dissidenti, “pagani”… addirittura comunisti o
anarchici talvolta) del nord della Siria. Nella prospettiva di ulteriori
invasioni.
Già all’epoca delle prime manifestazioni contro il regime siriano si assisteva
a una proliferazione di gruppi armati, in genere appoggiati, oltre che dalla
Turchia, da alcuni stati del Golfo come il Qatar.
Negli Usa è ancora in corso il processo contro “Qatar Charity” e contro
Qatar Bank per aver finanziato con 800.000 dollari il leader dell’Esercito
Islamico Fadhel al-Salim.
Pulizie etnico-religiose nella Mezzaluna
sciita
Per inciso, è probabile che questo stia oggi avvenendo in Iran, nel
tentativo di strumentalizzare, “dirottare” altrove, le legittime proteste
popolari. Con un occhio di riguardo per i beluci, già manovrati in passato
anche da qualche potenza imperialista di Oltreoceano. Come da manuale, ça va
sans dire, anche i beluci ci mettono “del loro”: per esempio in Pakistan alcuni
gruppi indipendentisti beluci sono ritenuti responsabili di vere e
proprie stragi
ai danni degli hazara, un’altra minoranza, ma di fede sciita.
Va anche detto che da parte sua la Repubblica islamica sembra far di tutto per
fornire pretesti in tal senso. In una recente manifestazione (4 novembre 2022)
a Khach, provincia di Zahedan, le forze di sicurezza hanno ucciso una ventina
di civili beluci (16 le vittime identificate, tra cui alcuni bambini) ferendone
oltre sessanta. Da segnalare – stando a quanto dichiarato da alcuni attivisti –
che altri feriti erano poi deceduti non essendo stati traspostati all’ospedale
dove rischiavano seriamente di essere arrestati.
Appare evidente che – analogamente a quella curda – anche la popolazione
minorizzata dei beluci (“minorizzata” e non minoritaria, in quanto divisa da
frontiere statali) in Sistan e Baluchistan subisce quotidiane discriminazioni
ed è sottoposta a una dura repressione (come del resto altre comunità delle
aree periferiche del paese) da parte di Teheran.
Sia per la loro appartenenza etnica, sia per ragioni religiose in quanto
sunniti.
Il comandante di al-Nusra, Al-Hana (Abu Mansour al-Maghrebi) arrestato nel 2020
in Iraq aveva rivelato che lo sceicco Khalid Sueliman (della potente famiglia
al-Thani), a capo del Jabhat al-Nusra (e pare anche delle organizzazioni
derivate), veniva finanziato con qualcosa come un milione di dollari al mese.
Turchia e Qatar sosterrebbero, sia finanziariamente, sia con la fornitura di
armamenti, i vari gruppi combattenti emanazione dei Fratelli musulmani salafiti
in quanto utile strumento per la loro politica estera. Anche in chiave
panislamica.
Guerra turca ai curdi in Siria
Alcune organizzazioni hanno stabilito un’analogia, per vastità e
inasprimento, tra l’attuale repressione in Iran e i massacri subiti dai beluci
a Deraa (in Siria) nel 2011, denunciati dall’Onu come crimini di guerra.
Storicamente accertato che potenze regionali ostili a Damasco avevano favorito
la militarizzazione (vedi appunto la formazione di Sna) e l’escalation del
conflitto.
Oltre che a Sna, la Turchia non avrebbe lesinato nel fornire sostegno al fronte
al-Nusra (dal 2012 nella lista del terrorismo internazionale in quanto ritenuto
emanazione di al-Qaeda) e addirittura a Daesh. Formazioni entrambe notoriamente
jihadiste.
Quanto al fronte al-Nusra, va ricordato che nell’ottobre 2012 attaccava i
distretti autonomi di Şêxmeqsûd e Eşrefiye (regione di Aleppo) uccidendo decine
di curdi. Subito dopo gli ascari jihadisti si scagliavano contro Afrin,
incontrando però la ferrea resistenza delle Ypg/Ypj. Nel voler annichilire in
primis le zone curde del Rojava (dove si sperimentava la rivoluzione del
Confederalismo democratico) il Jabhat al -Nusra si smascherava da solo,
mostrando apertamente di agire su indicazione della Turchia.
Sempre nel 2012, in novembre, veniva attaccata, partendo direttamente dalla
Turchia, anche Serêkaniyê. Un’operazione congiunta tra al-Nusra e alcune
milizie curde collaborazioniste legate al Pdk. Entrando in alcuni dei quartieri
a maggioranza araba di Serêkaniyê, queste milizie si spacciavano per ribelli
antiAssad cercando di stabilire alleanze. Solo successivamente (il 19 novembre)
partiva il brutale attacco contro i quartieri a maggioranza curda. Veniva
assassinato il sindaco della città e la chiesa diventava un bivacco per il loro
quartiere generale.
Nel frattempo la loro già consistente presenza veniva rinforzata
dall’apporto della cosiddetta Coalizione nazionale (Etilaf), che – secondo i
curdi – sarebbe al Etilaf di Sna o comunque della sua derivazione, il “governo
di transizione siriano”. Oltre al seggio di Istanbul, Etilaf ne controlla uno
anche a Berlino (oltretutto finanziato dal governo tedesco).
Avrebbe anche una certa influenza in alcuni progetti (ugualmente finanziati dal
governo tedesco) che sembrano funzionare come “specchietti per allodole”, allo
scopo di creare cortine fumogene sulla realtà della situazione curda. Tra
questi, il Centro europeo di studi curdi (Ezks) e il sito Kurdwatch, divulgatore di notizie
farlocche intese a giustificare le operazioni militari di Erdoğan nel Nord
della Siria e nel Nord dell’Iraq. Ma nonostante questo ulteriore apporto di
milizie, successivamente venivano scacciati dalla popolazione insorta dei
quartieri curdi, grazie anche all’intervento dei combattenti di Ypg e Ypj.
Gli scontri ripresero, durissimi, nel gennaio 2013. Praticamente una vera e
propria ammucchiata di gruppi mercenari guidata da al-Nusra quella che contese
per circa due settimane il controllo dei quartieri alle milizie
curde. Sconfitte nuovamente, le truppe jihadiste si misero in salvo
direttamente oltre il confine turco (immediatamente blindato dai soldati turchi
per maggior sicurezza), ma lasciando in mano ai curdi un’ampia documentazione
della loro intensa collaborazione con Ankara.
Purtroppo durante la ritirata sia al-Nusra che Daesh non mancarono di
vendicarsi sulla popolazione curda con una vile rappresaglia.
Come a Til Eran (luglio 2013) e a Tal Hasil.
Dichiarando pubblicamente, attraverso le moschee, che sia il bagno di sangue
nei confronti della popolazione curda (circa un’ottantina le vittime accertate)
che il sequestro-rapimento delle donne curde (prelevate a centinaia) era
giustificato dal punto di vista religioso. Rastrellando poi casa per casa le
due località sopracitate alla ricerca di “Apoisti”, ossia di seguaci di Apo
Öcalan. Oltre a quelli crudelmente assassinati (alcuni bruciati vivi, con le
immagini poi diffuse nei social), vanno considerati anche i desaparecidos (qualche decina) e i cadaveri (una ventina)
di cui non è stata possibile l’identificazione.
Da sottolineare che – per quanto entrambe aspirassero alla supremazia –
Al-Nusra e Daesh (o Stato Islamico che dir si voglia) non smisero mai di
collaborare proficuamente. Sia garantendo una certa “osmosi” di
combattenti –praticamente intercambiabili – da una formazione all’altra (in
base alle necessità del momento), sia dandosi il cambio, alternandosi nel
controllo delle aree occupate. E soprattutto instaurando congiuntamente durante
l’occupazione delle città, dei villaggi e dei quartieri curdi un aspro regime
di ispirazione salafita. Anche a livello di tribunali islamici dove operavano
in coppia.
Sempre sotto la supervisione di Ankara ovviamente. L’assalto al carcere
di Sina à Hesekê (gennaio 2022)
era stato pianificato dai territori occupati dalla Turchia.
Come già detto negli ultimi tempi al-Nusra aveva cercato di “riciclarsi”
prendendo (almeno ufficialmente) le distanze da al-Qaeda e cambiando pelle e
nome. Diventando prima, nel 2016, Liwa Fatah al-Sham e successivamente, nel
2017, appunto Hayat Tahrir al-Sham (Hts, in realtà una finta coalizione di vari
gruppi, sostanzialmente sotto il controllo della vecchia al-Nusra, comunque
denominata). Attualmente la casa madre sarebbe localizzata in quel di Idlib, in
felice coabitazione con l’alleato turco. Allo scopo dichiarato di soffocare il
risorgere e la diffusione del Confederalismo democratico in questa parte del
Rojava. Esperienza pericolosa perché esemplare e contagiosa, soprattutto così
in prossimità del confine turco.
Dal maggio di quest’anno (a seguito dell’incontro di Idlib-Sarmada con
esponenti del regime turco) le milizie di Hts hanno ripreso a riposizionarsi e
raggrupparsi su Idlib puntando quindi su Afrin. Inoltre si sarebbero
acquartierati anche nelle zone di Girê Spî, Azaz, al-Bab, Cerablus e intorno
alla città di Minbić (ancora gestita dall’amministrazione autonoma).
Sempre in vista di ulteriori attacchi in Rojava.
Per concludere, pur essendo presto rientrato nella lista nera dei gruppi
terroristi, Hts continua a godere dei finanziamenti di Turchia, Qatar, Arabia
Saudita…
Pare anche di qualche non meglio identificato “paese occidentale”…
Vai a sapere.
https://ogzero.org/guerre-di-religione-continuazione-del-colonialismo-con-altri-mezzi/
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