Una satira spietata dell’ondata oscurantista, questa volta proveniente da sinistra, contro la letteratura del passato, accusata di razzismo, sessismo, classismo e di quant’altro; un desiderio di censura, questa volta “progressista”, che ricorda tempi andati e da cui non si salva nessuno dei capolavori del passato, neppure Shakespeare
Imparo qualcosa ogni giorno -va beh, diciamo “a giorni alterni”. Questo
perché leggo sempre i giornali -ok, diciamo che li leggo “occasionalmente”. A
ogni modo, oggi ho appreso che tra le opere più bersagliate dagli aspiranti
censori statunitensi ci sono "Il buio oltre la siepe" di Harper Lee,
"Uomini e topi" di John Steinbeck e "Il giovane Holden" di J.
D. Salinger. Confesso che non vado pazzo per nessuno di queste classici.
D’accordo: il libro di Harper Lee ha difeso accoratamente dagli intolleranti
sia un senso di giustizia elementare sia il movimento per i diritti civili
-tutto questo, poi, in un’epoca in cui la segregazione era ancora in auge- ma
il suo stucchevole sentimentalismo mi ha sempre dato il voltastomaco. Ogni
accademico radicale contemporaneo che si rispetti, peraltro, non potrebbe
esimersi dal ravvisare nel libro di Lee un razzismo e un sessismo lampanti, in
quella che è una celebrazione patriarcale del “salvatore bianco”.
Anche in Steinbeck le motivazioni alla base dell’opera sono quantomeno
sospette: il suo breve romanzo rappresenta senza pudori la violenza sulle
donne, sfoggia epiteti razzisti e si dimostra insensibile rispetto al tema
della disabilità mentale. Per quanto riguarda il leggendario adolescente di
Salinger, Holden Caulfield, invece, dico solo che quel ragazzo è talmente
alienato da avermi sempre dato sui nervi.
Davvero la sinistra vuole censurare queste opere? Ma no, certo che no!
Oddio, diciamo forse no. Per fortuna è un argomento irrilevante. Sono i
genitori indignati del “Make America Great Again” quelli pronti a preparare i
falò in cui dare alle fiamme oltre millecinquecento classici. I fascisti e i
loro simili non hanno mai creduto nella libertà di parola, se non per loro
stessi. Io pensavo che invece la sinistra dovesse difendere la libertà
d’espressione, la trasgressione, le provocazioni, l’erotismo, la fantasia, la
critica e la sperimentazione, no? Va beh, evidentemente, i tempi cambiano. E
tuttavia ho l’impressione che i miei compagni di sinistra più puritani (e ce ne
sono tanti) simpatizzino in gran segreto con le ambizioni censorie di quelli
che dovrebbero essere i nostri nemici politici. Mi ricordano spesso che la
libertà di parola non è mai libera -concetto molto profondo- e che il potere
deriva dal discorso egemonico -un po’ come, credo, deriva dalla canna di una
pistola.
Ecco! Argomenti come questi mi hanno fatto riconsiderare le mie posizioni!
È vero, gli imbecilli di Trump avranno pure conquistato il Partito
repubblicano, ma i miei compagni sono riusciti a conquistare... le facoltà di
letteratura di tutto il Paese -cosa che, direi, rappresenta un’impresa ben più
impressionante!
Seduto alla mia scrivania, mentre sorseggio un caffè, mi ritrovo a riflettere
sul passato. Cosa ci è successo? Accogliere il concetto di identità e farci
carico delle micro-aggressioni sono stati sicuramente passi in avanti per la
sinistra! In fondo i vecchi ideali erano così… vecchi! Anche i Maga, i
sostenitori del Make American Great Again di Trump, ribadiscono sempre che
sostengono la democrazia -e io prendo per buona la loro parola!
Per quanto poi riguarda le macro-aggressioni, in fondo hanno poco a che
fare con quello che succede nella mia vita, che è poi quello che conta davvero,
no? Ci stiamo occupando delle classi... più o meno. Stiamo combattendo il
classismo! L'inferiorità culturale e il privilegio sociale associati al potere
di classe sono ripugnanti! Non temete: sappiamo cosa stiamo facendo!
Il fatto è che il linguaggio della coscienza di classe, le contraddizioni
economiche e il processo di accumulazione del capitale sono concetti che non
fanno che confondere la gente; lo stesso vale per i discorsi sulla
globalizzazione, l’imperialismo, il post-imperialismo, eccetera.
Che dire? Le teorie sono così tante e il tempo è così poco! Davvero ci
importa se la maggior parte delle teorie che si occupano di queste idee si
contraddicono? Tanto non le legge nessuno!
Tutti sanno cosa intendiamo quando parliamo di globalizzazione, imperialismo
o post-imperialismo. O no? Va beh, fa lo stesso. Alla fine quello che conta è
che noi ci dedichiamo a difendere le vittime, per quanto rintanati nei nostri
“luoghi sicuri”. Questo lo facciamo! O almeno: ogni tanto lo facciamo.
Attenti a non risultare paternalisti, molti anziani saggiamente avvertono
che dobbiamo imparare dai giovani -o anche no. Dopo tutto, loro hanno imparato
così tanto da noi! Tanti di questi vecchi esponenti della sinistra insistono
sul fatto che gli autori continuano a scrivere il tipo di libri che loro
vorrebbero leggere. Chi può negare che l’incomprensibile prosa di James Joyce
era indirizzata all’élite eurocentrica, che la descrizione dell’interminabile
orgasmo di Molly Bloom nell’Ulisse è pornografica e sessista, che il disprezzo
di Joyce per la Chiesa cattolica costituisce un’offesa per i credenti?
Credetemi, io avrei censurato tutto!
Non parliamo dell’opera lirica: non solo è noiosa, ma è anche bigotta,
sessista, elitista e altrettanto eurocentrica -basterebbe citare il “Ratto del
serraglio” di Mozart o “Madame Butterfly” di Puccini!
Effettivamente, mi sono reso conto che possiamo riscontrare una
ristrettezza di vedute nel cuore di ogni genio -o meglio: di coloro che
ricevono tale etichetta da maschi bianchi eurocentrici e privilegiati!
Prendiamo Shakespeare, “Il mercante di Venezia”, l’“Otello”, la “Bisbetica
domata” o “Re Lear”... il Bardo non era ebreo, non era nero, non era una donna
e non era neanche anziano (almeno secondo i miei standard). Voglio sperare
siamo tutti d'accordo sul fatto che l’autore è la sua opera! Dunque, perché mai
dovremmo guardare un film di quel maniaco sessuale di Charlie Chaplin? E poi è
moralmente accettabile che un uomo eterosessuale interpreti il ruolo di un
transessuale? Come può un messicano tradurre l’opera di un giapponese? Tra
l'altro, mi pare di ricordare che le orchestre, sotto il nazismo, non potevano
suonare opere di Mendelssohn né di Mahler, in quanto compositori ebrei. Ah, no,
ma lì la logica era diversa...
Shakespeare? Beh, Shakespeare avrebbe dovuto limitarsi a scrivere di ciò
che conosceva, l’Inghilterra e -va bene!- casomai l’antica Roma, ma per quanto
riguarda il resto... Dopo aver appreso, grazie a me, che Voltaire aveva
invitato i suoi contemporanei a ecrasez l’infame, insultato gli ebrei e
bestemmiato contro il profeta Maometto, un giovane radicale comprensibilmente
inorridito esclamò: “Allora l'Illuminismo è una stronzata!”. Beh, una
rivelazione illuminante! Ci ho riflettuto sopra a lungo. Mentre le ore
passavano, il mio cervello non la finiva più di rimuginare. E alla fine mi sono
ricordato! È vero: la religione può rendere impotenti i popoli, favorire la
superstizione, ingenerare il dogmatismo, ispirare i fanatici... Tuttavia, mi
sono reso conto che non è questo il punto! Voltaire può aver difeso le vittime
di persecuzioni religiose, può essere stato bersaglio di continui attacchi da
parte di conservatori e fascisti, ma il suo attacco all’identità religiosa
rimane imperdonabile!
Nessuno ha il diritto di insultare ciò in cui io credo! Dio non voglia! Un
giovane insegnante di liceo in Francia ha avuto l’ardire di instaurare un
dialogo con alcuni suoi studenti a proposito delle vignette “blasfeme” che
raffiguravano il profeta Maometto. È stato decapitato da un fanatico islamista
-che non era nemmeno un suo studente. Va bene, la reazione di questo fedele
magari è stata un po’ esagerata, ma non è forse vero che quell’insegnante
avrebbe dovuto andarci più cauto? Avrebbe dovuto immaginare che quelle sue
intenzioni così progressiste avrebbero fatto infuriare i credenti e provocato
la propria decapitazione! Possiamo davvero prendercela col devoto musulmano per
aver preteso vendetta nel nome del profeta il cui divino volere solo il vero
fedele conosce e può dispensare!? Le persone in fondo sono responsabili delle
proprie azioni! C'è poco da fare, il nostro giovane docente è colpevole di aver
irresponsabilmente ignorato le prevedibili conseguenze del suo gesto!
Le scuole chassidiche invece hanno pensato a tutto! Decisi a isolare i
propri studenti dalla vita come la conosciamo e a salvaguardare la loro (vera)
identità ebraica, i rabbini istruiti e i loro discenti hanno voltato le spalle
alla vita come la conosciamo. Niente di più facile! Rifiutano l’insegnamento
dell’inglese, della matematica, dell’uso del computer, della storia o della
letteratura mondiale. Questi ribelli si accontentano di insegnare ai loro
piccoli angeli l’Yiddish e la lettura della Torah! D’altra parte, che altro c’è
da sapere? Un libro basta a coprire tutto lo scibile -anche se altri potrebbero
obiettare che “il libro” potrebbe essere il Corano o il Nuovo Testamento.
Ovviamente, tra questi, c’è qualcuno che si sta sbagliando di grosso e pagherà
il suo errore nella vita ultraterrena. In questa vita, però, è meglio lasciare
a ogni comunità il diritto di coltivare l’ignoranza a proprio piacimento, no?
Con un po’ di fortuna, alla fine il mondo si trasformerà in una galassia fatta
di tanti ghetti per cui la mancanza d’interesse per la cultura degli altri
andrà a completare quel senso di tepore che ciascuno prova nel sentire di
appartenere a una comunità.
L’identità? Beh, ma quella riguarda noi, non loro! O meglio: riguarda
qualcuno di noi. Personalmente non so se ho qualcosa in comune con i
chassidici, perennemente impegnati in lotte intestine, o con i fanatici
sionisti. Tendo ad identificarmi più con gli ebrei-non-ebrei, come Hannah
Arendt, Einstein, Kafka, Rosa Luxemburg e Trotsky.
Potrà mai esserci una moltitudine di sotto-identità, ciascuna con le
proprie tradizioni (in conflitto), entro una singola formazione identitaria? O
mio dio! Non sarà che il noi può includere anche loro? Per carità, questo è
davvero troppo, dimenticate ciò che avete appena letto. Sto iniziando a
confondermi... Solo coloro che si identificano con me contribuiscono
all’espressione autentica della mia identità (non so se mi spiego). Chiedetelo
a chiunque (di noi, non di loro, mi raccomando!).
Il rischio di apostasia è sempre in agguato! Cosa rappresenta meglio
l’ebreo-che-odia-se-stesso della ballata Springtime for Hitler in “Per favore,
non toccate le vecchiette” di Mel Brooks? Come vero ebreo, autentico ebreo,
aborro quella canzone! Ora che ci penso, anche Art Spiegelman avrebbe potuto
rappresentare l’Olocausto con un po’ più di tatto nella sua graphic novel
"Maus". Ebrei raffigurati come topi, nazisti come gatti, polacchi
come maiali!? Sono paragoni che mi disgustano -senza contare che io odio i
gatti!
Artisti come questi ben esemplificano la categoria creata da Maurice
Barrès, noto antisemita, xenofobo e proto-fascista del Diciannovesimo secolo,
quella dei deracinés (sradicati), i non-autentici per definizione. Perché? Ma
perché i cosmopoliti e gli intellettuali, con tutte le loro norme universali e
i loro astratti criteri di verità, proprio non vogliono capire! Chi ha
un’identità autentica percepisce il mondo “di pancia”, e non con la mente!
Ciascuno è “radicato” in una propria comunità e i diritti “umani”, di solito
mettono a repentaglio gli usi e costumi che rendono unica quella comunità!
Peraltro, che vuoi che importi di questi “diritti”? Lo storico conservatore
Leopold von Ranke si mostrava ben più vicino alla nostra sensibilità
contemporanea quando sentenziava che “ogni nazione è ugualmente vicina a dio!”.
Che dire, adoro questo genere di discorsi! Anche io sono indifferente alle
tradizioni culturali -o meglio: a quelle diverse dalla mia! È sempre possibile
subire l’influsso nefasto dei forestieri e delle critiche interne, pertanto noi
dobbiamo restare vigili -come la polizia morale iraniana! In effetti, i miei
compagni di identità non hanno un gran senso dell'umorismo! Intendiamoci, a
nessuno di noi piace la censura, ma dobbiamo fare ciò che va fatto. Il compagno
Lenin aveva ragione: non si può fare una frittata senza rompere qualche uovo
-anche se, a dirla tutta, a volte non si ottiene una frittata, ma solo un gran
pasticcio. Ma questo non conta! Se è vero che la destra può invocare la
censura, allora perché la sinistra non può ugualmente cancellare la cultura
invisa ai suoi membri? Non che si voglia qui tracciare un’equivalenza tra
destra e sinistra, ma come diciamo noi “se va bene per l’oca, va bene anche per
il papero”!
Lasciamo pure che ciascuna identità coltivi il proprio orticello e censuri
quello degli altri; se ci riusciremo, nessuno più discuterà animatamente di
niente, nessuno si sentirà più insultato e l’odio scomparirà! Anzi, mi viene da
pensare che se imparassimo ad auto-censurare le nostre parole prima ancora di
parlare, beh, non avremmo nemmeno più bisogno di censori!
Non sarebbe bello? Tutti i problemi del mondo risolti in un sol colpo! Beh,
che dire, sono proprio orgoglioso di aver trovato la soluzione, tutto da solo!
Cionondimeno, rimango umile, sono consapevole che rimangono altri problemi di
non facile soluzione.
Mi sono imbattuto in uno di questi problemi senza soluzione poco prima che
uscisse il mio libro “A Rumor about the Jews” [Una diceria sugli ebrei, Ndt],
in cui si offriva un’analisi socio-storica del tristemente noto “Protocollo dei
savi di Sion”, un’opera di finzione brutalmente antisemita che rappresenta una
fantasiosa cospirazione globale ebraica. Essendo certo che pochi tra i miei
lettori avrebbero saputo di cosa trattasse quel libro, mi sono trovato di
fronte a un dilemma etico: avrei dovuto includere estratti originali di questo
fanatico, mal scritto, delirante e volgare libercolo, rozza espressione di un
feticismo della cospirazione? O sarebbe stato meglio proteggere i più sensibili
tra i miei simili, evitando di offendere i più sensibili tra i goyim, omettendo
di ripubblicare l’osceno testo?
Il mio editore ha consigliato di inserirlo, asserendo che la sua inclusione
avrebbe stimolato il dibattito -e permesso al libro di attrarre un pubblico più
ampio. Non che questo abbia avuto qualcosa a che fare con la mia decisione di
includerlo, sia chiaro! Ritenevo semplicemente che i miei lettori avrebbero
dovuto confrontare le vere motivazioni fanatiche del testo originale.
Questo mi porta a fare un’altra confessione. Ogni volta che tenevo un corso
sul nazismo, davo da leggere ai miei studenti il barbarico libro di Andrew
MacDonald "La seconda guerra civile americana. I diari di Turner",
così come facevo loro guardare “Notte e Nebbia”, il documentario di Alain
Resnais del 1956, con la sua cruda raffigurazione dei campi di concentramento e
delle fosse comuni. Lo so: esporre un’intera classe a queste opere è stato un
comportamento insensibile, da parte mia, nonché inutile: non è poi così
importante che degli studenti si facciano un’idea di ciò che la mente di un
genocida può elaborare, o assistano anche solo a una minima parte di ciò che è
stato realizzato, giusto?
Anche se ora l’ho capito, mi sento comunque in colpa! Forse ho suscitato un
senso di disagio in alcuni di questi giovani, probabilmente ho provocato delle
bue ai loro pancini, forse li ho addirittura traumatizzati a vita! Tutti gli
educatori dovrebbero tener presente la fragilità emotiva dei propri alunni!
Questo discorso poi non può essere circoscritto all’insegnamento
dell’Olocausto. Riuscite a immaginare una classe costretta ad analizzare
"Una modesta proposta" di Jonathan Swift, libro satirico in cui
l’autore consigliava di migliorare le condizioni dei poveri irlandesi facendo a
pezzi i loro bambini e vendendo il nutriente prodotto agli aristocratici
inglesi? Oppure pensiamo ai possibili effetti psicologici di quel quadro di
Goya -che certo farebbe passare l’appetito a chiunque- in cui Saturno divora
con avidità i propri figli? L’artista spagnolo avrà anche anticipato le
rivoluzioni stilistiche che sarebbero venute in seguito, ma con ciò? Dobbiamo
forse mostrare tali orrori ai giovani? Certo che no! Ciò di cui abbiamo bisogno
sono opere che ci rendano orgogliosi di quello che siamo (qualunque cosa questo
significhi), non certo lavori che glorifichino il cannibalismo!
Sono esausto... Ma non posso fermarmi: c'è ancora molto lavoro da fare.
Dobbiamo mostrare maggiore sensibilità verso gli altri, cancellare tutto ciò
che ci offende -o, meglio: ciò che mi offende! Queste idee galvanizzeranno
sicuramente i lavoratori e gli elettori indipendenti nelle prossime battaglie
elettorali! Ma questo è per un’altra volta! Sto ancora imparando! E non vedo
l’ora di vedere quale nuova lezione mi porterà il domani!
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