La vera e concreta minaccia per l’umanità?
Elementare Watson: la crisi climatica. E se lo dicono gli economisti della
banca d’affari JP Morgan ci troviamo di fronte alla prova regina che siamo
tutti a rischio per come abbiamo strapazzato il Pianeta in tutti i modi
possibili e immaginabili. Altro che sindrome influenzale impacchettata in una fin troppo malriposta
psicosi…
Partiamo da un primo dato: dalla firma dell’accordo di Parigi, datato
dicembre 2015, JP Morgan ha fornito 75 miliardi di dollari (61 miliardi di
sterline) di servizi finanziari alle società più attive nel fracking e nella
ricerca di petrolio e gas nell’Artico. Ma gli alti papaveri della banca
d’affari più amica dei combustibili fossili devono aver compreso che il global
warming è un problema reale – forse dovrebbero condividere i loro
timori con qualche noto editorialista nostrano – e per capirne di più hanno
commissionato una ricerca a due dei loro migliori economisti, David Mackie e
Jessica Murray.
Il rapporto è finito nelle mani di Rupert
Read, portavoce di Extinction Rebellion UK e docente di filosofia
all’Università dell’East Anglia, che lo ha girato al Guardian.
Nell’articolo pubblicato nei giorni scorsi dal quotidiano inglese si
leggono stralci dello studio a dir poco eloquenti: la crisi climatica avrà un impatto sull’economia mondiale, sulla salute
umana, sulle risorse idriche, sulle migrazioni e sulla sopravvivenza di altre
specie sulla Terra. “Non possiamo escludere esiti catastrofici per
l’umanità”, segnala il documento, datato 14 gennaio 2020.
Attingendo alla vasta letteratura accademica e alle previsioni del Fondo
Monetario Internazionale e del Gruppo Intergovernativo delle Nazioni Unite sui
Cambiamenti Climatici (IPCC), il rapporto rileva che siamo sulla buona strada
per raggiungere i 3,5°C al di sopra dei livelli preindustriali entro la fine
del secolo. Si afferma inoltre che la maggior parte delle stime dei probabili
costi economici e sanitari sono troppo basse perché non tengono conto della
perdita di ricchezza, del tasso di sconto e della possibilità di un aumento
delle catastrofi naturali.
Gli autori sostengono che i governi devono
cambiare direzione perché una politica climatica del tipo business as
usual “spingerebbe probabilmente la terra in un luogo che non vediamo
da molti milioni di anni”, con risultati che potrebbero essere impossibili da
invertire.
“Anche se non sono possibili previsioni precise, è chiaro che la Terra si
trova su una traiettoria insostenibile” è un altro dei moniti di Mackie &
Murray.
La crisi climatica “riflette un fallimento del
mercato globale, perché i produttori e i consumatori di emissioni di CO2 non
pagano per i danni climatici causati dalle loro attività”. Per invertire questa
tendenza, gli autori evidenziano la necessità di una carbon tax globale, ma
avvertono che “non accadrà tanto presto” a causa delle preoccupazioni per
l’occupazione e la competitività.
Di conseguenza è “probabile che la situazione continuerà a peggiorare,
forse più che in qualsiasi scenario dell’IPCC”.
JP Morgan deve ancora fare tanta strada per una completa redenzione, ma è
notizia delle ultime ore che almeno ha deciso di porre fine a tutti i prestiti
alle aziende estrattive che operano nell’Artico.
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