Nicoletta, Luca e gli altri. Che fare?
Resoconto del convegno promosso dal Controsservatorio Valsusa a Bussoleno il 15 febbraio scorso.
articolo tratto da Controsservatorio Valsusa
Da anni la Valsusa è diventata anche un laboratorio in cui si sperimentano nuove politiche repressive.
Centinaia di processi con oltre mille indagati coinvolgono un’intera comunità.
Reati contestati di lieve entità puniti con il massimo della pena, canali preferenziali attivati dalla procura per colpire in fretta la resistenza notav distogliendo forze da altri processi, atteggiamenti provocatori di pubblici ministeri, creazione di un vero clima di intimidazione da parte della digos nelle stesse aule di tribunale…
Centinaia di processi con oltre mille indagati coinvolgono un’intera comunità.
Reati contestati di lieve entità puniti con il massimo della pena, canali preferenziali attivati dalla procura per colpire in fretta la resistenza notav distogliendo forze da altri processi, atteggiamenti provocatori di pubblici ministeri, creazione di un vero clima di intimidazione da parte della digos nelle stesse aule di tribunale…
A tutto ciò si aggiunge il ricorso sistematico a pesanti e ingiustificate misure di polizia (foglio di via, avviso orale, sorveglianza speciale…) mentre si infittiscono i controlli sistematici e capillari agli attivisti e vengono reiterate ordinanze prefettizie che limitano la libertà di circolazione in assenza di situazioni di emergenza che ne giustifichino l’emissione.
Che non si tratti solo di eccessi di scrupolo è evidente: sul banco degli imputati è una resistenza popolare nel suo complesso, fiaccarla ad ogni costo è il vero obiettivo.
Il caso di Nicoletta, condannata a un anno di reclusione per aver sostenuto uno striscione a un casello autostradale, e il caso di Luca che si è visto negare, con motivazioni incredibili, misure alternative al carcere abitualmente concesse sono solo esempi di un accanimento giudiziario crescente e inaccettabile.
Il caso di Nicoletta, condannata a un anno di reclusione per aver sostenuto uno striscione a un casello autostradale, e il caso di Luca che si è visto negare, con motivazioni incredibili, misure alternative al carcere abitualmente concesse sono solo esempi di un accanimento giudiziario crescente e inaccettabile.
La persecuzione della lotta notav è senza se e senza ma.
E’ evidente l’impotenza di una politica a cui manca la volontà e la capacità di governare il conflitto sociale e sceglie di delegare le soluzioni agli apparati repressivi.
In questo quadro i decreti sicurezza rappresentano un’ulteriore e pesantissimo salto di qualità: essi guardano non solo alle migrazioni ma al conflitto sociale nel suo complesso: per dimensioni, intensità e estensione la Valsusa è solo la punta di un iceberg, vittime predestinate sono le lotte sociali represse in tutto il paese.
E’ evidente l’impotenza di una politica a cui manca la volontà e la capacità di governare il conflitto sociale e sceglie di delegare le soluzioni agli apparati repressivi.
In questo quadro i decreti sicurezza rappresentano un’ulteriore e pesantissimo salto di qualità: essi guardano non solo alle migrazioni ma al conflitto sociale nel suo complesso: per dimensioni, intensità e estensione la Valsusa è solo la punta di un iceberg, vittime predestinate sono le lotte sociali represse in tutto il paese.
Di questi temi ha discusso il convegno in cui si è parlato anche dell’urgenza di un’amnistia sociale, che si affianchi all’abolizione dei decreti sicurezza richiamando le istituzioni a fornire risposte politiche a problemi di natura squisitamente politica.
Di seguito le registrazioni audio/video delle relazioni al convegno. Dal dibattito che ne è seguito sono emerse proposte che saranno approfondite dal movimento notav nelle prossime settimane…
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