Sibila Sotomayor e Daffne Valdés, Paula
Cometa Stange, Lea Cáceres: da un anno e mezzo queste trentenni cileni hanno
creato il collettivo interdisciplinare Las Tesis per riprendere le tesi
femministe e tradurle in rappresentazioni che giungano a più persone possibili.
Las Tesis sono riuscite a trasformare il
pensiero dell’antropologa Rita Segato – una delle più importanti figure del
femminismo contemporaneo – facendone una coreografica rappresentazione che è
stata esportata negli ultimi mesi in tutto il mondo. Da Valparaiso per arrivare
a Istambul, Nuova Delhi o Pamplona, fino in Italia. Per esempio a Taranto, il
31 dicembre, migliaia di donne hanno fatto proprio il cantico Un
violador en el camino, che esprime un semplice ma importantissimo concetto:
la violenza macista è un gesto politico.
Rita Segato, nata a Buenos Aires nel 1951,
da venticinque anni studia la violenza sessuale che molti uomini esercitano
contro le donne, rendendosi immediatamente conto che si tratta di un gesto
comunicativo, di un discorso.
Intervistata alla fine del 2019, Rita
Segato ha ripreso i concetti espressi dalla canzone, riaffermando che per
intendere la violazione sulle donne, bisogna partire dal patriarcato: un ordine
politico primordiale e fondante, prima di qualsiasi altra gerarchia, spesso
mascherato con un discorso di tipo morale o religioso. E’ presente in tutte le
civiltà, entrando in ciascuna di esse con miti e narrazioni culturali diverse
per potersi autogiustificare e stabilirsi come norma comportamentale.
«Il patriarcato è un giudice che ci
giudica dalla nascita ed il nostro castigo è la violenza che non vedi» dice un
verso del nuovo inno. Infatti Rita Segato ci ricorda che tutte le volte in cui
scendiamo in strada – oggi, in pieno ventunesimo secolo – il cosiddetto occhio
pubblico cade inevitabilmente su di noi. Per questo, quando ogni mattina ci
vestiamo guardandoci allo specchio, ci chiediamo quasi automaticamente se la
scollatura è troppo pronunciata, se i tacchi delle scarpe sono troppo alti, e
così via. E’ un autoesame completo per verificare come ci vedrà l’opinione
pubblica, quell’occhio implacabile che sicuramente ci giudicherà.
«I violatori sono i poliziotti, i giudici,
lo Stato, il presidente. Lo Stato oppressore è un maschio violatore» denuncia
la canzone.
Lo stupratore è un poliziotto morale
spiega Rita Segato. Per questo il poliziotto viola, come si può vedere in Cile
o come si poteva riscontrare in Spagna sotto il franchismo; non è un atto
sessuale, è un atto di dominio. Giudice, poliziotto e stupratore sono la stessa
persona.
Il patriarcato distrugge anche alcuni
uomini, la loro coscienza: da padre a figlio, dal compagno di scuola al collega
di lavoro, si trasmette la pedagogia della crudeltà e dell’oppressione. Fin da
piccoli, uomini e donne, siamo in un certo senso formattati. Ci hanno inserito
i chips, i mandati che riceviamo. Se vuoi essere un vero uomo non devi provare
troppi sentimenti; devi essere meno portato all’empatia; devi burlarti degli
uomini più deboli; almeno una volta devi aver sperimentato un bordello; devi
affermare che hai sicuramente “trombato “una ragazza; e sempre il tuo sguardo
sui corpi delle donne è – di fronte agli altri uomini – uno sguardo famelico da
predatore.
Se alcune donne non sopportano il
femminismo significa che sono machiste, patriarcali. Noi femministe siamo
invece quelle donne che vogliono togliersi i chips e la memoria che ci hanno
imposto dentro, fin nel profondo. Così si esprime, con chiarezza, Rita Segato.
Non è semplice ma possiamo farlo, anche
cantando e ballando. Come dimostrano anche le giovani cilene e le palestinesi,
che hanno cantato l’inno in arabo davanti all’ambasciata israeliana; o le donne
nicaraguensi che hanno realizzato la coreografia contro la violenza macista di
fronte all’hotel di Managua, dove si commemorava il 71° anniversario della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. «Sono los pescas (gli agenti di
polizia), sono los paras (i paramilitari), sono i giudici, è la Chayo (Rosario
Murillo, vicepresidente del Nicaragua), è il dittatore (allusione al presidente
Daniel Ortega)» cantavano in coro le donne nicaraguensi, adattando l’inno alla
situazione locale e sfidando gli agenti in assetto antisommossa che comunque
non sono intervenuti.
E’ proprio vero che l’immaginazione può
prendere il potere.
TESTO DELL’INNO
El patriarcado es un juez,
que nos juzga por nacer
y nuestro castigo es la violencia que no
ves.
Es feminicidio Impunidad para el asesino
Es la desaparición Es la violación
Y la culpa no era mía, ni dónde estaba, ni
cómo vestía
Y la culpa no era mía, ni dónde estaba, ni
cómo vestía
El violador eras tú El violador eres tú
Son los pacos (policías) Los jueces El
estado El presidente
El estado opresor es un macho violador
El estado opresor es un macho violador
El violador eras tú El violador eres
tú
Duerme tranquila niña inocente, sin preocuparte
del bandolero,
que por tus sueños dulce y sonriente vela
tu amante carabinero.
El violador eres tú El violador eres tú El
violador eres tú
El violador eres tú
TRADUZIONE ITALIANA
Il patriarcato è un’oppressione
Da qui la nostra ribellione
E la nostra punizione
È la violenza che ora vivo
Il patriarcato è un’oppressione
Da qui la nostra ribellione
E la nostra punizione
È la violenza che ora vivo
Femminicidio
Impunità per l’assassino
Le molestie
E lo stupro
E la colpa non è mia
Di dove stavo
Come vestivo
E la colpa non è mia
Di dove stavo
Come vestivo
Lo stupratore eri tu
Lo stupratore sei tu
Lo stupratore sei tu
La polizia
I tribunali
I giornali
E lo Stato
E lo Stato oppressore è un maschio
stupratore
E lo Stato oppressore è un maschio
stupratore
Lo stupratore eri tu
Lo stupratore sei tu
Lo stupratore sei tu
SIAMO IL GRIDO
ALTISSIMO E FEROCE
DI TUTTE QUELLE DONNE
CHE PIÙ NON HANNO VOCE
https://youtu.be/LQ247IxsuL4
(in lingua mapuche)
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