Italia-Libia, i segreti dei fondi a Tripoli
«La bozza integrale della proposta di rinegoziazione del memorandum libico,
ottenuta in esclusiva da Avvenire, suggerisce una lettura tra luci e molte
ombre. Si parla di diritti, ma con la lingua dei soldi».
«A parole non mancano i buoni propositi e alcune richieste apprezzabili,
come il “rilascio di donne, bambini e altri individui vulnerabili dai centri e
alla chiusura di quei centri che, in caso di ostilità, siano più direttamente
esposti al rischio di essere coinvolti nelle operazioni militari” –concede
Nello Scavo, che però aggiunge-, per altro verso si nota subito come questa la
liberazione di donne è bambini non è invocata come “immediata”». Una promessa,
e vatti a fidare di ciò che può accedere adesso in Libia è il sottinteso.
Giochi di parole se la verità offende
«Per non offendere la controparte libica tocca leggere per ben due volte la
definizione di “centri d’accoglienza” riferita a strutture per le quali sempre
il governo italiano invoca “il superamento”». Tutti sanno che si tratta di
galere immonde, luoghi di tortura e stupri, vergogna del mondo, ma non si può
dire. Vietato anche l’Onu, le denunce delle Nazioni Unite e dal segretario
generale dell’Onu Antonio Guterres che più volte ha accusato le autorità
libiche si essere direttamente coinvolte negli «orrori indicibili a danno dei
migranti». Cancellate parole come «tortura», «abusi», «stupri»,
«riduzione in schiavitù», «vendita di migranti».
Alternativa economica allo schiavismo
A riconoscere di fatto che il traffico di esseri umani sia una fonte di
entrate per intere aree della Libia, vengono proposti «programmi di sviluppo,
creare opportunità lavorative “sostitutrici di reddito” nelle regioni libiche
colpite dai fenomeni dell’immigrazione irregolare, traffico di esseri umani e
contrabbando». Una sorta di ‘Cassa del Mezzogiorno’ libica a finanziamento
italiano e a risultati decisamente incerti. In cambio, veniamo a sapere attraverso
Nello Scavo, l’Italia chiede «il pieno e incondizionato accesso agli operatori
umanitari, che potranno rafforzare l’attività di assistenza umanitaria a favore
dei migranti e delle comunità ospitanti».
Orrore presente e promesse future
«Chiusura dei centri non ufficiali in cui sono trattenuti i migranti
irregolari», e qui l’ipocrisia diplomatica si esalta: chiusura
‘progressiva’ (quando e forse) e mai la parola ‘immediata’ perché altrimenti
gli schiavisti attuali che comandano, si offendono. «Campi di prigionia
gestiti direttamente dalle milizie e dai trafficanti di uomini e di cui non si
conosce la dislocazione esatta, che evidentemente Roma ritiene sia invece nota
alle autorità di Tripoli». Figure come il comandante al-MIlad, nome di guerra
“Bija”, «prive di adeguate credenziali in materia di diritti umani»
-eufemismo-, di cui viene almeno chiesta l’esclusione.
Purtroppo, ‘di necessità virtù’
L’Italia sa di doversi giustificare in casa. «Occorre essere consapevoli
della sensibilità dell’attuale fase in Libia e della necessità di continuare a
sostenere gli sforzi miranti alla pace e alla riconciliazione nazionale, nel
futuro di uno Stato pienamente democratico», ed è preghiera più che documento.
E per rassicurare il governo al-Sarraj viene ribadito, non solo la riconferma
degli aiuti di ieri, ma addirittura il Trattato di amicizia Berlusconi
Gheddafi a Bengasi del 2008.
Convenzione sui diritti dell’uomo
Su un punto Roma insiste: «Rispetto dei trattati e delle norme
internazionali consuetudinarie di diritto umanitario e sui diritti umani,
inclusi i principi e gli scopi della Convenzione di Ginevra del 1951 sullo
statuto dei rifugiati». Peccato che la Libia non abbia mai firmato la
Convenzione sui Diritti dell’Uomo. Peggio, a chi vai a contestare le stra
annunciate inadempienze? A chi (Serraj, Haftar, Onu) e come? Ma l’Italia
proprio attraverso l’Onu e si impegna a «elaborare –con i libici ovviamente-
una normativa nazionale settoriale che garantisca il rispetto dei diritti di
migranti e rifugiati».
I dubbi degli inviati sul campo
Nello Scavo. «Nessuno di questi propositi ha trovato un compimento negli
anni precedenti, quando la situazione libica appariva relativamente meno
conflittuale ed è davvero difficile immaginare che possa accadere adesso,
quando perfino la tregua raggiunta tra i negoziatori del premier al-Sarraj e
del generale Haftar, viene regolarmente violata».
Guardia costiera e soccorso in mare
L’attenzione dei libici è molto più concreta. «L’Italia si impegna a
sostenere finanziariamente (corsi di formazione e con equipaggiamento) la
guardia costiera del Ministero della Difesa». Teoricamente fuori le altre
milizie, ma anche qui si impiccia il Ministero dell’Interno
che in Libia ha addirittura una propria milizia navale. Gran
finale, «le Parti si impegnano a sostenere le agenzie umanitarie dell’Onu per
l’assistenza ai migranti in Libia e la Parte libica assumerà ogni utile
iniziativa per facilitarne l’attuazione». Peccato che di tutto questo, denuncia
Nello Scavo, «le agenzie Onu non sono state messe al corrente né hanno potuto
offrire osservazioni e suggerimenti».
BOZZA INTEGRALE DEL DOCUMENTO
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