venerdì 21 febbraio 2020

Morire è un mestiere difficile - Khaled Khalifa

(Traduzione di Maria Avino)

Bulbul, Huseyn e Fatima si incontrano dopo anni per riportare il corpo del padre appena morto al cimitero di  un paesino vicino ad Aleppo, era il suo ultimo desiderio.
e i tre affrontano l'impresa, in una Siria in guerrà, attraverso innumerevoli posti di blocco e continue tangenti da pagare per passare, per fare quei 360 km. per i quali in tempo di pace ci volevano meno di cinque ore di macchina.
è un'odissea, questo ritorno a casa, dove altri morti lo aspettano.
per i tre fratelli è l'occasione di sputarsi addosso rancori mai sopiti.
lo sfondo è un paese dilaniato da una guerra senza quartiere, dove la vita al massimo vale qualche soldo, quando va bene, in una guerra che dura da anni, senza fine.
prima era Aleppo la città martire, milioni di persone sono fuggite, per non morire.
Bulbul, Huseyn e Fatima sono in viaggio, con un cadavere che sta marcendo, dentro la macchina.
buon viaggio a chi legge il libro, magari ci ricorderà che nella guerra ci sono milioni di persone, ciascuna con un nome, una storia e un impossibile futuro.







Nel suo ultimo romanzo pubblicato in italiano da Bompiani, Morire è un paese difficile, lo scrittore ed intellettuale siriano Khaled Khalifa torna ad accompagnarci, mano nella mano, nella realtà dell’oscurità siriana, questa volta nella quotidianità della guerra che non fa sconti a nessuno, neppure ai cadaveri.
Ogni chilometro, ogni posto di blocco, ogni notte nella quale i fratelli non raggiungeranno il villaggio di Anabiya, è una domanda aperta sul senso dell’esistenza e della sopravvivenza, sulla morale di chi si trova ad aggrapparsi alla vita per non finire sbranato dai cani, o dimenticato in qualche prigione, o, peggio, morto di fame. Infatti, nella Siria nel pieno della guerra, se morire è un mestiere difficile, rimanere vivi lo è ancora di più.
Momenti di solidarietà e diffidenza si alternano e convivono, non solo tra i fratelli e i differenti avventori, vecchi amici e amori mai sopiti, compagni di cella, soldati, residenti di villaggi fantasma, ma tra i fratelli stessi.
Il lungo viaggio verso la regione di Aleppo, un tempo percorribile in poche ore e ora un vero e proprio viaggio della speranza, mette a dura prova i nervi di tutti. Sono i momenti delle rese dei conti, delle lunghe riflessioni introspettive in cui ogni personaggio si scava dentro alla ricerca dei propri fantasmi e dei propri rimpianti – nella ricca e avvolgente prosa che abbiamo imparato a conoscere ed amare di Khalifa – per trovare poi conforto nella propria mediocrità…

…Nulla di più di una storia di un figlio amorevole e attento alle volontà paterne? Potrebbe sembrare, se non fosse che padre e figlio sono a Damasco, governata dalle forze governative e la tomba si trova ad Annabiyya, paesino del nord, vicino al confine turco, governato dalle forze ribelli e pericolosamente vicino ad Aleppo e ai territori annessi allo Stato islamico.
Bulbul, il figlio, comunica al fratello Huseyn e alla sorella Fatima, con cui non ha contatti da anni, il decesso del padre e le sue ultime direttive. Nonostante l’oggettiva difficoltà dell’impresa e il rapporto difficile col defunto genitore, i tre fratelli subito si organizzano con un minibus per andare a prelevare le spoglie del padre dal vicino ospedale per condurlo nel luogo da lui scelto per l’eterno riposo.
Ben presto il viaggio palesa tutte le sue difficoltà: ogni pochi chilometri sono costretti ad avanzare a passo d’uomo dietro a decine di altri veicoli che vengono, come loro, controllati minuziosamente dai presidianti restandone in totale balia anche per diverse ore.
La loro storia spesso non viene creduta, o i documenti in loro possesso non sono sufficienti, o addirittura si sostiene che la salma debba essere arrestata in attesa che gli appropriati documenti arrivino ai comandi di polizia e non venga, di conseguenza, archiviato il mandato di cattura pendente nei confronti del morto.
Oliando un po’ il sistema e sopportando soprusi e umiliazioni senza cedere alle provocazioni, il loro viaggio prosegue fra le macerie di una guerra civile che ha svuotato interi villaggi o vi ha lasciato solo alcuni anziani perseguitati dai fantasmi di una generazione, quella dei loro nipoti, ormai decimata dalla guerra o dalle fughe all’estero in cerca di pace e futuro.
Nelle loro menti si affollano pensieri sulla loro infanzia, sulle vite diverse che hanno vissuto da allora, sulla vita del padre e sulle vicende che lo hanno portato a partecipare attivamente alla ribellione al fianco della donna che amava e che non è la loro madre.
Un viaggio tormentato la cui perfetta metafora è la progressiva decomposizione del corpo del padre. Il rapporto tra i fratelli, già complicato, rischia il tracollo e tutti e tre, consapevolmente o meno, rischiano ripetutamente la vita.
Un libro sui rapporti famigliari ma soprattutto sulla recente storia travagliata della nazione siriana da un punto di vista interno e soggettivo che non esprime giudizi ma rende una spoglia cronaca degli avvenimenti e regala una fotografia senza filtri sulle macerie di un popolo.
Il tutto con uno stile asciutto, a volte persino scarno, che ben si abbina alla realtà senza fronzoli che sta descrivendo.



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