Una delle cose che ritengo più attuali tra quelle che insegna Noam Chomsky nei suoi discorsi è di prestare attenzione non solo alle mere notizie sulle prime pagine, soprattutto ai fatti più che alle chiacchiere, ma anche a come vengono raccontate. A cominciare dalle parole che vengono usate, le quali non sono mai scelte a caso quando provengono dall’alto.
Si prenda quale emblematico esempio la vicenda degli abusi
della polizia a Verona, le cui intercettazioni e le infamie compiute
che ne vengono fuori non starò qui a ripetere, perché a mio modesto parere
spesso si dimostra un esercizio fine a se stesso, che dona clic incuriositi e
nulla più.
Per questo ha ragione da vendere chi sostiene che non
vi dovrebbe essere alcuno stupore, è solo un tabù che ogni
tanto si guadagna le luci che contano. Ma, più che mai per come i suddetti
fatti vengono raccontati e archiviati da tutto il sistema di comunicazione
vigente, dai giornali alle istituzioni preposte passando per politici e
governanti, a breve ritornerà al di sotto del metaforico tappeto delle
nefandezze di Stato.
D’altra parte è storia vecchia. Cito per esempio il lungo e dettagliato elenco dei
morti per mano delle forze dell’ordine dal 1948 al 2001 stilato dal Comitato
Piazza Carlo Giuliani. Oppure, per un’analisi ulteriormente approfondita,
consiglio i saggi di Salvatore Palidda, in particolare Polizie, sicurezza e insicurezze.
C’è molto, tra libri, ricerche e articoli degni di nota sull’argomento che ha
storia lunga e, ovviamente, non può fare altro che riportare altrettanta
attenzione sul tema del reato di tortura nel
nostro paese, che qualcuno vorrebbe ancora abolire.
Dal canto mio, vorrei soffermarmi su un aspetto relativo agli ultimi
decenni, ovvero quello del razzismo. A tal proposito, non può
essere casuale il fatto che le vittime delle cosiddette “mele marce” tra gli
agenti in quel di Verona, a parte un solo italiano, siano state quasi sempre stranieri.
È ormai prassi consolidata quella che fin dal secolo scorso ci vede
puntualmente propensi come società a copiare tutto ciò che giunge dagli USA: in
ordine sparso, espressioni con cui parlare e tendenze nell’abbigliamento,
format televisivi e presunte innovazioni tecnologiche, modi di fare politica e
in generale di perseguire obiettivi, ma anche le pratiche peggiori e più
deprecabili. Ogni cattivo costume viene assimilato e riprodotto in
salsa nostrana dalla nazione vittima di un’esportazione della democrazia
americana ante litteram.
Potevano restare fuori le violenze della polizia ai danni
delle minoranze e dei più deboli?
Nondimeno, come premesso, riflettiamo assieme sul modo con il quale chi di
dovere ha commentato l’accaduto: “Ringrazio la procura di Verona per la fiducia
accordata nel delegare alla squadra mobile le indagini”, ha dichiarato il
capo della Polizia Vittorio Pisani. “La levatura morale della
nostra amministrazione ci consente di affrontare questo momento con la dignità
e la compostezza di sempre”.
La “levatura morale” a posteriori e a prescindere, già, vorrei sapere dove si
compra.
Il presidente del Senato La Russa ha ripetuto il
solito refrain, ovvero se gli agenti hanno sbagliato “è giusto
che paghino”, dove il “se” spiega tutto del suo punto di vista.
Più o meno lo stesso “ove – le vicende – fossero confermate,
sarebbero di enorme gravità” del ministro dell’interno Piantedosi, il quale
ha tenuto ovviamente
a sottolineare che sarebbero lesive, oltre che delle vittime, anche
“dell’onore e della reputazione di migliaia di donne e uomini della
Polizia di Stato che quotidianamente svolgono il proprio servizio ai cittadini
con dedizione e sacrificio.” In altre parole, il solito mettere sullo
stesso piano aggressori e aggrediti di fascista, neo o post, memoria.
Il questore Roberto Massucci invece cade dal pero,
come se si fosse risvegliato in questo momento da un lungo sonno: “Da oggi l’impegno
mio e di tutti i miei collaboratori sarà di ricostruire un rapporto di fiducia
con i cittadini nel solo modo che conosco e riconosco possibile: lavorando in
silenzio e con gentilezza.” Diciamo soprattutto in silenzio, perché
parlare di gentilezza con quello che è saltato fuori sfiora
davvero il ridicolo.
Sapete cosa mi viene in mente rileggendo tutto ciò? Le parole con cui questa
gente e molti degli stessi quotidiani di maggiore rilevanza solitamente
commentano e raccontano i singoli episodi qualora a macchiarsi del crimine ci
si trovi qualcuno che tra le altre cose – il più delle volte trascurate – è
anche uno straniero.
Pensate che potremmo mai leggere frasi tipo “se l’immigrato
ha sbagliato è giusto che paghi” e “ove il reato fosse confermato”?
Oppure che il misfatto del cittadino straniero di turno è “lesivo dell’onore
e della reputazione di tutte le immigrate e gli immigrati che quotidianamente
lavorano onestamente nel nostro paese con dedizione e sacrificio”, spesso
con stipendi da fame e subendo continui soprusi senza poter reagire? E magari
qualcuno ai piani alti si mettesse davvero a lavorare per costruire ex novo,
più che ricostruire, “un rapporto di fiducia” con le innocenti vittime
quotidiane dell’ignoranza e di una discriminazione legalizzata, il cui braccio
violento e razzista è, guarda caso, proprio la polizia…
Nessun commento:
Posta un commento