In ricordo di
Nuccio Ordine - Dante
Valitutti
Se ne è andato in una calda giornata di giugno uno studioso, un
intellettuale tra più riconosciuti e apprezzati del mezzogiorno d’Italia.
Nuccio
Ordine è stato un fine conoscitore di Bruno ed un altrettanto raffinatissimo
studioso di letteratura rinascimentale, della quale in opere come “Teoria della novella e teoria del riso nel Cinquecento” (Liguori 2009) amava
scandagliare lo stile con gli strumenti che solo l’esperto critico letterario
conosce.
Perché in fondo la critica letteraria, come insegna il Proust dello scritto
“contro Sainte-Beuve”, è essa stessa sublime forma di letteratura, una forma
d’arte per dirla con Lukacs che nel nostro Paese ha conosciuto sublimi
interpreti, forse ineguagliati nel mondo, come per ricordarne qui alcuni
Citati, Asor Rosa, Franco Moretti e Ordine stesso.
Ma noi che scriviamo qui, in questo luogo di “frombolieri”, vogliamo
ricordare il professor Ordine anche e soprattutto per le sue battaglie contro i
costumi attuali dell’industria culturale, contro quel conformismo al ribasso
che ha ridotto l’industria culturale quasi ad una parodia di se stessa. Ebbene
contro quell’industria culturale del profitto per il profitto Ordine ha
ricercato e rivendicato “l’utilità dell’inutile”, formula fortunata come poche,
nella quale si potrebbe leggere in controluce una severa quanto spietata
critica dei tempi che viviamo, segnati dal neoliberalismo che tutto divora,
dell’arte alla letteratura al sapere in generale.
Proprio in quel pamphlet fortunatissimo che Bompiani ebbe
il coraggio di pubblicare anni fa Ordine, in controtendenza con i tempi,
sottolineava che non si può guardare al sapere, soprattutto se sapere
umanistico, con le griglie e gli schemi concettuali della cultura
produttivistica neoliberale, che, anzi, quest’ultima è incompatibile
strutturalmente con la vocazione e lo sviluppo degli studi umanistici; forse
l’università su questo potrebbe timidamente trarne qualche spunto prezioso per
rilanciarsi.
Insomma leggendo Ordine non bisognerebbe mai dimenticare questa lezione:
secoli di cultura non hanno avuto necessità di essere funzionalizzati al mero
profitto per esistere e lasciare una traccia indelebile di sé.
L’arte per l’arte, la letteratura per la letteratura, il pensiero per il
pensiero: questo è stato il grande insegnamento che ci ha lasciato Nuccio
Ordine.
Nel volgere verso la fine, mi sia permesso ricordarlo con un episodio
personale che mi colpì molto.
Durante il funerale laico dell’avvocato Marotta, figura leggendaria
dell’intellighenzia napoletana, vidi Ordine portare la bara in lacrime come se
davvero quel lutto per la scomparsa dell’avvocato napoletano per lui fosse come
il lutto per la perdita di un padre.
Solo chi conosce la storia dell’Istituto per gli studi filosofici di Napoli può
capire il dolore di quel giorno di Ordine, che probabilmente piangeva non solo
la scomparsa di una persona ma quello che quella persona aveva rappresentato:
una certa idea di cultura civile che proprio “nell’utilità dell’inutile” aveva
(ed ha ancora) meritoriamente sempre creduto.
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