“Gli
imperialisti russi sono una cancrena in Mali. Attenzione alla lobotomizzazione
zarista!!” Il messaggio, pubblicato nel 2020 su una pagina Facebook del
Paese dell’Africa occidentale, era stato diffuso da un profilo finto
controllato da militari francesi, almeno secondo il social network di
Zuckerberg. Da tempo Facebook — nella sua attività di contrasto alla creazione
di pagine e profili finti realizzati con lo scopo di coordinare attacchi,
manipolazioni o di influenzare di nascosto il dibattito politico — pubblica dei
rapporti in cui evidenzia il numero e la tipologia di account individuati ed eliminati,
aggiungendo dettagli su dove avevano origine e su quali temi
pubblicavano.
Francia
inautentica sui social
Tuttavia nel
dicembre 2020 uno di questi rapporti, intitolato “Rimozione di comportamento
inautentico da Francia e Russia“, contiene una novità interessante.
Per anni simili manipolazioni, ovvero l’uso di troll e profili finti,
soprattutto per influenzare Paesi esterni, sono state attribuite in gran parte
a russi e iraniani. In particolare dal 2017 (quando partono i dati Facebook) al
2019 Iran e Russia appaiono quasi come gli unici Stati responsabili di simili
operazioni all’estero. Ma ora compare una sorprendente new entry, una delle più
grandi, antiche e solide democrazie: la Francia.
Facebook
aveva infatti rimosso 84 profili, 9 pagine e 8 gruppi Facebook, più 14 profili
Instagram la cui attività nasceva in Francia e si rivolgeva a una platea di
utenti della Repubblica Centrafricana (CAR) e del Mali, e in misura minore di
Niger, Burkina Faso, Algeria, Costa d’Avorio, Chad. “Le persone dietro a questi
account — scriveva Facebook nel report — (…) fingono di essere del luogo,
postano e commentano contenuti, e gestiscono pagine e gruppi. Pubblicano
principalmente contenuti in francese e arabo relativi a notizie o eventi
correnti incluse le politiche francesi nell’Africa francofona, lo stato di
sicurezza in vari Paesi africani, lamentano una potenziale interferenza russa
nelle elezioni della Repubblica Centrafricana (CAR), o pubblicano commenti a
favore dei militari francesi così come critiche del coinvolgimento russo in
CAR. Alcuni di questi account hanno anche commentato contenuti che criticavano
la Francia e che erano stati postati da operativi russi. (…) Sebbene le persone
dietro a tutto questo cercassero di nascondere la propria identità e il loro
coordinamento, la nostra indagine ha trovato legami con individui associati
all’esercito francese”.
Ricapitolando:
la Francia aveva violato — esattamente come aveva fatto la Russia più e più
volte, a partire da quegli stessi Paesi africani — la policy di
Facebook che vieta il “comportamento coordinato inautentico”, altresì detto
CIB. E in particolare quel suo sottoinsieme in cui ad agire, in un dato Paese,
è un’entità straniera o governativa. Non importa che i contenuti postati siano
veri o falsi, belli o brutti, critici o favorevoli, per il social il problema è
l’inautenticità di un’operazione, cioè l’uso surrettizio della piattaforma per
creare una rete di profili finti e spingere in una direzione o in un’altra con
lo scopo di influenzare il dibattito pubblico. A tentare simili operazioni sono
soggetti e gruppi diversi, spesso interni al Paese interessato e slegati dal
suo governo. Ma nel momento in cui il comportamento coordinato
inautentico (CIB) “è condotto in nome di un’entità governativa
o di un attore straniero”, ecco che Facebook lo chiama “interferenza
governativa o straniera” (Foreign or Government Interference – FGI) ed è pronta
ad applicare le misure più ampie per bloccarlo.
Francia vs
Russia: troll contro troll
Ma, tornando
al citato report, c’erano ben due cose sorprendenti: la prima, come abbiamo
detto, è la comparsa tra i soggetti che orchestrano campagne inautentiche della
Francia, intesa come militari francesi (anche se Facebook non arriva a parlare
esplicitamente di Stato o governo francese). La seconda è che, per la prima
volta, due campagne, attribuite indirettamente a due diversi soggetti statali
(Francia e Russia), non solo si concentrano in contemporanea sugli stessi
Paesi, ma si prendono di petto l’una con l’altra, con operativi francesi che
commentano quanto pubblicato da operativi russi, e viceversa. Insomma, troll di
Stato contro troll di Stato.
In
contemporanea al giro di vite sui francesi, infatti, nel 2020 Facebook
rimuoveva anche account, pagine e gruppi che nascevano in Russia e si
concentravano sulla Repubblica Centrafricana, e su altri Paesi della regione.
Gli argomenti su cui postavano questi profili erano il COVID-19, il vaccino
russo contro il virus, le elezioni in CAR, la presenza russa nella regione, la
critica alla politica francese nella stessa area e ai contenuti postati dagli
operativi francesi di cui abbiamo detto sopra. Per Facebook questi profili
erano collegati all’Internet Research Agency (IRA) e al suo fondatore, il
finanziere russo Yevgeniy Prigozhin, vicino al Cremlino (soprannominato dai
media “lo chef di Putin”) e anche accusato di
stretti legami col gruppo Wagner. Il gruppo Wagner è un contractor militare
privato russo, sanzionato nel
dicembre 2021 dall’Unione europea per gravi violazioni dei diritti umani in
vari Paesi, dall’Ucraina alla Libia, dal Mali fino alla Repubblica
Centrafricana.
In quanto all’IRA — nota sui media anche come “fabbrica dei troll” — si tratta
di un’organizzazione i cui esponenti, tra cui lo stesso Prigozhin, erano
stati incriminati già
nel 2018 dal Dipartimento di Giustizia Usa per aver tentato di interferire nei
processi elettorali e democratici americani, a partire dal 2014 e con un climax
nelle elezioni del 2016. Prigozhin dal 2021 è pure ricercato dall’Fbi, che lo
ha inserito nella
sua “wanted list” e lo accusa di essere
il principale finanziatore dell’IRA e di aver supervisionato e approvato le
operazioni di interferenza politica ed elettorale negli Stati Uniti, che
comprendevano la “creazione di centinaia di profili online finti e l’uso di
identità rubate negli Usa”.
Differenze e
somiglianze
Ma torniamo
alla Repubblica Centrafricana nel 2020 e al report Facebook sui troll francesi
e russi. A studiare queste due campagne rivali, oltre a Facebook (e in
collaborazione con la stessa), è stata un’azienda americana di analisi dei
social media, Graphika. Scrive la società nel suo report (uscito sempre nel dicembre
2020): “Le (due) operazioni di influenza rivali postavano negli stessi gruppi,
commentavano i post reciproci, si smascheravano a vicenda accusando gli altri
di “fake news”, conducevano analisi open source di base per esporre gli account
falsi degli altri, si chiedevano l’amicizia gli uni con gli altri, si
condividevano i post a vicenda e, secondo una fonte, cercavano anche di tendere
delle trappole ai rivali con dei messaggi diretti”…
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