Ripubblichiamo, in attesa di un ulteriore approfondimento sulla vicenda,
questo articolo a firma apparso sul Fatto quotidiano di ieri. Mentre i fanatici
italiani del TAV continuano ad assicurare che ormai è fatta, oltralpe si dice
senza peli sulla lingua che la grande mala opera per eccellenza rischia di
diventare ciò che i valsusini hanno sempre annunciato: un buco con il niente
intorno. Tra quanto ci si accorgerà che sarà impossibile recuperare le
faraoniche quantità di CO2 che sono state emesse per costruire il maxitunnel e
che il solo effetto del TAV sarà quello di un nuovo aumento del
termometro del riscaldamento globale? Quando il consumo di suolo e i danni alle
nappe freatiche saranno ormai irreversibili, con buona pace delle cassandre no
tav?
“Il Tav riparte”, annuncia il commissario del governo Draghi,
Calogero Mauceri. Ma l’annuncio, ripetuto troppe volte negli ultimi 10 anni,
mostra esattamente il contrario, che il progetto è fermo. E ora rischia
addirittura di naufragare. A dirlo non sono i no-Tav ma, in Francia, la lobby
del Tav e, in Italia, l’ex commissario Paolo Foietta.
Il comitato La Transalpine, che in Francia raggruppa i sostenitori
istituzionali e imprenditoriali della nuova linea Torino-Lione, il 9 maggio ha
lanciato un allarme drammatico (ripreso dal quotidiano l’Opinion e
poi rilanciato in Italia dal Foglio sotto il titolo: “Ora a
fermare la Tav è la Francia”).
Parigi non si sta impegnando a realizzare la tratta della linea sul suo
territorio, anzi sembra aver di fatto abbandonato il progetto. “Assistiamo a
una costernante impasse francese”, ha dichiarato il delegato
generale di La Transalpine, Stéphane Guggino. Niente nuova linea: “A oggi, la
priorità dello Stato rimane la modernizzazione della linea storica
Digione-Modane, per raggiungere una capacità di trasporto merci di 10 milioni
di tonnellate all’anno e meno di 100 treni al giorno”.
Ha aggiunto l’Opinion: “Poiché dal punto di vista politico
nessuno ha trovato il modo di trarre beneficio dal progetto e il ministero
dell’Economia dice che ci vorrà molto tempo per trarne benefici economici, lo
Stato ha scelto di fregarsene”. Dalla Francia arriva dunque la notizia di uno
stop di fatto; e la conferma della sostanziale inutilità del Tav, privo di
benefici economici visto che sulla tratta Torino-Lione i passeggeri
scarseggiano e le merci trasportate, tanto su treno quanto su strada, negli
anni diminuiscono.
Dall’Italia, per i tifosi del Tav arriva un segnale ancora peggiore.
Nella riunione riservata dell’Osservatorio Torino-Lione del 1 aprile 2022, l’ex
commissario Foietta, oggi capo della delegazione italiana nella Conferenza
intergovernativa Italia-Francia (Cig), ha detto che la nuova linea porterà la
capacità della tratta italiana a 256 treni al giorno. Del tutto inutile, visto
che poi la vecchia linea francese, rinnovata, avrà “capacità di trasporto di
meno di 100 treni al giorno”.
Un’assurdità che deve essere stata da tempo colta anche dall’Unione
europea. Lo rivela lo stesso Foietta: “La Commissione europea ha formulato a
fine 2020 la richiesta a Italia e Francia di adozione di una ‘Decisione di
esecuzione’ concernente il Tunnel di base Torino-Lione, che includa anche le
relative vie d’accesso, quale passo indispensabile per l’attuazione (e il
co-finanziamento) dell’opera”. Tradotto: l’Europa, per sganciare i soldi
promessi per finanziare il 50 per cento dei costi del Tav, vuole che Francia e
Italia firmino insieme una “Decisione di esecuzione”, cioè il documento
ufficiale che stabilisca “gli interventi, le misure, gli impegni, i vincoli,
la governance, le coperture economiche e le tappe operative” –
attenzione – che riguardino, spiega Foietta, “la progettazione dell’intera
opera (e quindi anche delle vie d’accesso nazionali italiana e francese) come
condizione per accedere ai finanziamenti europei”.
“Dell’intera opera”: cioè non soltanto del super-tunnel sotto le Alpi (di
cui finora sono stati scavati solo 10 chilometri, tutti in territorio francese,
dei 115 chilometri totali). Ma anche delle due vie d’accesso nazionali: la
tratta St. Jean de Maurienne-Lione sul versante francese e la Susa-Torino su
quello italiano. La Francia, ci spiegano ora i lobbisti di La Transalpine,
sembra aver abbandonato l’idea di costruire la sua tratta nazionale, per
mancanza di benefici economici, ripiegando sull’ammodernamento della linea
esistente. Se questo sarà confermato, salterà la “Decisione di esecuzione” e
dunque i finanziamenti europei. Sarebbe la morte definitiva del Tav
Torino-Lione.
L’Italia intanto fa finta di niente e cerca di rilanciare i lavori –
mai iniziati – della sua tratta nazionale. I cantieri sono ancora lontani: il
commissario straordinario di governo, Calogero Mauceri, il 5 maggio 2022 ha
firmato un’ordinanza che dovrebbe obbligare Rfi, cioè le ferrovie di Stato
italiane, a sviluppare il progetto definitivo della nuova linea
Avigliana-Orbassano e degli interventi di adeguamento dello scalo di Orbassano.
Si tratta di una piccola parte della nuova linea Tav che da Avigliana
dovrebbe proseguire fino a Susa-Bussoleno, per poi entrare nel super-tunnel
sotto le Alpi. Il progetto chiesto dal commissario dovrebbe comprendere anche
un piccolo tunnel di 14 chilometri che sventrerebbe una collina morenica.
Contrari non soltanto i no-Tav, ma anche numerosi amministratori locali, tra
cui il sindaco (Pd) di Rivalta di Torino, Sergio Muro, che propone che anche
l’Italia utilizzi la linea storica. Addio “Dichiarazione di esecuzione”, addio
soldi europei.
Il progetto Torino-Lione, già passato da linea ad alta velocità
(passeggeri) a linea ad alta capacità (merci), viaggia da 10 anni a velocità
bassissima. Ora rischia di tramontare. E il ricordo dell’ormai abbandonato da
anni “Corridoio 5” Lisbona-Kiev, di cui doveva far parte, oggi mette
addirittura i brividi.
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