Quando un giorno il sistema politico in Gran Bretagna
sarà autenticamente democratico e rispetterà fedelmente la posizione
dell’elettorato sulla politica estera, la Gran Bretagna potrà iniziare ad
espiare le sue politiche peccaminose nei confronti della Palestina e dei
palestinesi e riparare ai mali del passato stando al fianco di coloro che
combattono per la liberazione e la giustizia in Palestina.
Mentre milioni di
persone in Gran Bretagna e in tutto il mondo non possono smettere di cantare le
lodi della defunta Regina come esempio di moderazione, sensibilità e buon
senso, non poche delle persone che furono colonizzate durante il suo regno, o
erano sudditi di second’ordine nella stessa Gran Bretagna, avevano una visione
molto più complessa dei suoi 70 anni di governo.
Naturalmente, la
Regina non è stata la principale responsabile delle politiche in tutti questi
70 anni, ma simbolicamente, qualsiasi decisione presa è stata dopo tutto la
decisione del governo di Sua Maestà, nel bene e nel male. Quindi, possiamo
essere tutti d’accordo sul fatto che un’era sta per finire, e questo è sempre
un buon momento per riflettere e riassumere. Da questa prospettiva, vorrei
riesaminare la Palestina di quell’epoca, più specificamente la politica
britannica nei confronti della Palestina e il suo impatto.
Il governo della
Regina Elisabetta iniziò dopo la Nakba. Pertanto, il vergognoso comportamento
britannico che ha permesso la pulizia etnica israeliana dei palestinesi nel
1948 appartiene al periodo in cui suo padre era il Re del Regno Unito.
Elisabetta iniziò il suo regno quando il Partito Conservatore si riprese dopo
una sconfitta a sorpresa nelle elezioni del 1945 dei laburisti che stavano
governando la Gran Bretagna durante il periodo della Nakba e si assumeva la
responsabilità diretta del suo verificarsi.
Quando i conservatori
tornarono al governo, prima sotto Winston Churchill e poi sotto Antony Eden, un
altro capitolo vergognoso nelle relazioni della Gran Bretagna con la Palestina
e il mondo arabo fu scritto dal governo di Sua Maestà. La Gran Bretagna ha
collaborato con Francia e Israele per cercare di rovesciare Gamal Abdul Nasser
e, lungo il percorso, ha pienamente approvato l’intransigente rifiuto
israeliano di consentire il ritorno dei profughi palestinesi, un rifiuto che è
stato seguito da una politica di sparare per uccidere contro i profughi
palestinesi che cercavano di recuperare i loro raccolti, l’allevamento e
quant’altro fosse rimasto dopo il saccheggio israeliano delle campagne palestinesi
nel 1948.
Il Partito Laburista,
nel periodo tra la Nakba e la Naksa (la guerra del giugno 1967), era il più
delle volte all’opposizione, ma era il più fedele alleato di Israele, a un
livello inimmaginabile ancora oggi. Un’alleanza che includeva anche il
Consiglio dell’Unione Sindacale, che, insieme ad altri leader socialisti, ha
chiuso un occhio sulle sofferenze degli arabi dal 1948 sotto un governo
militare crudele, basato sui regolamenti di emergenza colonialisti britannici
che hanno generato, tra le altre atrocità, il massacro di Kafr Qassem nel 1956,
preceduto dal massacro del villaggio di Qibya prima, e poi del villaggio di
Samu’.
In quei giorni fu
fondato un nuovo gruppo, The Labour Friends of Israel (Gli Amici Laburisti di
Israele), che divenne un pilastro della lobby filo-israeliana in Gran Bretagna,
già abbastanza ben affermata come lobby filo-sionista dal 1900, anno in cui il
Quarto Congresso Sionista si riunì a Londra dando inizio alla costruzione di
una potente lobby, che ha portato alla Dichiarazione Balfour e all’impegno
britannico di consegnare la Palestina al movimento sionista a spese del popolo
palestinese nativo.
In quel periodo
iniziarono due processi cruciali per fornire uno scudo di immunità intorno a
Israele, che gli avrebbe consentito, fino ad oggi, di continuare le politiche
di colonizzazione e spossessamento in Palestina, senza timore di rimproveri o
condanne internazionali.
Il primo è stato il
pieno reclutamento di rispettose istituzioni anglo-ebraiche, che in teoria
avrebbero dovuto occuparsi delle preoccupazioni della comunità anglo-ebraica,
della causa sionista e poi israeliana. Il più importante di loro era il
Consiglio dei Deputati, che si trasformò da Parlamento degli ebrei britannici
in un’ambasciata israeliana.
Il secondo processo è
stata una stretta associazione tra una carriera politica di successo
all’interno del Partito Laburista e l’appartenenza ai Labour Friends of Israel.
Essere un amico di Israele poteva portare molto lontano nel partito.
Il panorama
elisabettiano cambiò dopo il giugno 1967. Era più difficile vendere al pubblico
britannico il mini-impero israeliano come un povero David che combatteva il
Golia arabo. Un cambiamento fondamentale nell’atteggiamento della base in tutti
i partiti politici si è verificato dopo il 1967 e in risposta al riemergere del
Movimento di Liberazione Palestinese. Questa oscillazione verso la solidarietà
con i palestinesi cominciò a influenzare le politiche dall’alto.
Due politici
britannici, uno del Partito Laburista e uno del Partito Conservatore,
incarnarono questo cambiamento di mentalità. Non sempre per la loro solidarietà
con la difficile situazione palestinese, anche se faceva parte di ciò che li ha
motivati, ma anche per la comprensione che il sostegno incondizionato a Israele
può avere un impatto negativo sulla posizione britannica nel mondo arabo.
Il primo era il
Ministro degli Esteri laburista, George Brown e il secondo era il Ministro
degli Esteri conservatore, Alex Douglass Home. Entrambi sono stati raffigurati
dalla lobby con aggettivi e un linguaggio che molti anni dopo saranno riservati
al leader del Partito Laburista, Jeremy Corbyn. Il peccato di tutti e tre
questi politici è stato il coraggio di assumere una posizione equilibrata sulla
questione della Palestina, che è stata immediatamente bollata da Israele e
dalla sua lobby come antisemita.
Brown, alle Nazioni
Unite, ha chiesto il ritiro totale di Israele dai Territori Occupati nel 1967 e
portato l’attenzione sulla difficile situazione dei rifugiati palestinesi. Douglass
Home, in un famoso discorso ad Harrogate nel 1970, si è spinto ancora oltre,
collocando la questione palestinese al centro di quello che è stato chiamato
“il conflitto arabo-israeliano”. Ciò che entrambi hanno offerto era molto
diverso da ciò che era, ed è, necessario per portare pace e giustizia nella
Palestina storica, ma ha suggerito politiche che avrebbero potuto portarci
nella giusta direzione.
Più promettente, negli
anni successivi al 1967, è stato il lavoro della campagna organizzata di
solidarietà guidata dai nostri amici Ghada Karmi, Christopher Mayhew e Michael
Adams, per citare solo alcuni di coloro che sono coinvolti nella politica
britannica in tutti e tre i partiti: Laburista, Conservatore e Liberale. Loro,
insieme agli ebrei antisionisti britannici ed ex israeliani, e alla comunità
palestinese in Gran Bretagna, hanno sfidato una potente lobby, che ha aggiunto
alla sua struttura già esistente una schiera di nuovi gruppi, il più importante
tra loro era il Conservative Friends of Israel (Amici Conservatori di Israele),
il più grande gruppo di lobby in Europa. Oggi, l’80% dei parlamentari
conservatori fa parte di questa organizzazione.
Quindi, non c’è da
stupirsi del perché Brown e Douglass Home non abbiano avuto alcun impatto sulla
politica britannica nei confronti della questione palestinese. Le persone che
contavano in questo senso erano i primi ministri, per lo più del Partito
Laburista, come Harold Wilson, Tony Blair e Gordon Brown. Sono stati tutti
premiati dal Jewish National Fund (Fondo Nazionale Ebraico), che ha piantato
una pineta europea sulle rovine di tre villaggi palestinesi distrutti durante
la Nakba, in segno di gratitudine ai politici britannici filo-israeliani.
Tutti e tre erano una
sorta di cristiani sionisti, che hanno fornito carta bianca a Israele in un
periodo che va dall’inizio degli anni ’70 al 2010, in cui l’ebraizzazione della
Cisgiordania e della Grande Gerusalemme e l’inizio dei brutali assalti alla
Striscia di Gaza sono stati i tratti distintivi della politica israeliana nei
confronti dei palestinesi.
La Gran Bretagna era
il membro meno pro-palestinese dell’Unione Europea, prima che i nuovi Paesi
europei si unissero all’organizzazione dopo la caduta dell’Unione Sovietica, e
seguiva fedelmente la disonesta intermediazione americana nel cosiddetto
processo di pace continuando a fornire a Israele armi e supporto diplomatico,
in un mondo in cui le sue ex colonie stavano cercando di stabilire una nuovo
programma di decolonizzazione che includeva la liberazione della Palestina.
La società civile in
Gran Bretagna alla fine dell’era elisabettiana è cambiata radicalmente e la
solidarietà con i palestinesi non è mai stata così alta nella storia del Regno
Unito, al punto che molti approvano l’appello dei palestinesi al popolo britannico
a unirsi alla loro campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni.
La lobby
filo-israeliana ha rinunciato molti anni fa alla lotta morale per giustificare
le politiche criminali di Israele. Sia in Israele che all’interno della lobby,
è diventato dolorosamente chiaro che, moralmente, Israele ha ben poco da
vendere. Il compito principale della lobby è ora quello di sopprimere il
sostegno alla Palestina. Ha avuto pochi successi nel mettere a tacere il
dibattito, intimidire individui e istituzioni e addomesticare la politica e i
media tradizionali. Ma lì si ferma.
Quando un giorno il
sistema politico in Gran Bretagna sarà autenticamente democratico e rispetterà
fedelmente la posizione dell’elettorato sulla politica estera, la Gran Bretagna
potrà iniziare ad espiare le sue politiche peccaminose nei confronti della
Palestina e dei palestinesi e riparare ai mali del passato stando al fianco di
coloro che combattono per la liberazione e la giustizia in Palestina.
Ilan Pappé è
professore all’Università di Exeter. In precedenza è stato docente di scienze
politiche presso l’Università di Haifa. È autore di The Ethnic Cleansing of
Palestine, The Modern Middle East (La Pulizia Etnica della Palestina, il Medio
Oriente Moderno); A History of Modern Palestine: One Land, Two Peoples (Una
Storia Della Palestina Moderna: Una Terra, Due Popoli) e Ten Myths about Israel
(Dieci Miti su Israele). Pappé è descritto come uno dei “Nuovi storici”
israeliani che, dal rilascio dei pertinenti documenti del governo britannico e
israeliano all’inizio degli anni ’80, hanno riscritto la storia della creazione
di Israele nel 1948.
Traduzione: Beniamino
Rocchetto – Invictapalestina.org
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