L’assenza di protocolli di cura è stata la precondizione affinché farmaci sperimentali fossero approvati in via emergenziale. In più, averli nomenclati sotto la dicitura vaccini ha ulteriormente evitato il percorso di approvazione di una tecnologia mRna che, altrimenti, avrebbe richiesto una sperimentazione obbligata in merito a sicurezza, posologia e utilità clinica, inclusi i presunti vantaggi rispetto ad eventuali farmaci già in commercio.
Con disinvoltura si è dato anche il via libera al mix and match di
vaccini differenti, alla somministrazione in gravidanza, all’abbassamento delle
fasce di età, rendendo questo trattamento sanitario, di fatto, un vincolo per
l’accesso al lavoro.
Oggi, a distanza di 2 anni, uno studio
pubblicato su The Lancet afferma che l’uso di
antinfiammatori alla comparsa dei primi sintomi dati dal Covid riduce
dell’85-90% il rischio di ricovero.
Una notizia tale da far saltare sulla sedia i tanti responsabili di
omissione di soccorso.
Ma siamo in Italia, dove la vergogna istituzionale si declina solo al
condizionale. Quindi, restiamo in attesa che la macchina della giustizia faccia
il suo corso, sperando nel decadimento urgente di qualsiasi obbligo rispetto ad
un vaccino non immunizzante e con efficacia minore rispetto alle cure e ai
rischi ancora in fase di studio.
Ricordiamo che le direttive del Ministero della Salute prevedono la “vigile
attesa” e la somministrazione di paracetamolo per l’infezione da Sars-CoV-2. E
ricordiamo anche che ci sono stati medici i quali – in coerenza con la
professionalità e il titolo specialistico acquisito – si sono coraggiosamente
assunti la responsabilità circa l’esito di terapie diverse dal protocollo
ufficiale, con cui hanno salvato vite e ridotto le ospedalizzazioni. Nel
biasimo e nella foga persecutoria del governo e dell’Ordine.
In tanti siamo venuti a conoscenza di protocolli di profilassi e cura noti
come “terapia domiciliare precoce” grazie alla divulgazione dei canali di
informazione alternativa, mentre per due lunghi anni i canali principali di
informazione esercitavano la loro “libertà”, senza doveri e responsabilità,
partecipando ad un’azione nociva rispetto alla pubblica sicurezza, alla
protezione della salute, della morale, della reputazione e dei diritti altrui.
Nell’articolo 21 della nostra Costituzione è stabilito il diritto di
informazione che, per essere esercitato concretamente, presuppone il pluralismo
delle opinioni e la verifica accurata, senza pregiudizi ideologici, delle
notizie, dove la presenza di più fonti di informazione, anche contrapposte,
consente al destinatario di formulare un ragionamento critico e un’idea
autonoma.
Ciò nonostante, il World Economic Forum è interessato a trovare “soluzioni
a monte”‘ ,” per il controllo delle informazioni sgradite alla linea di pensiero
dominante, prima ancora che queste arrivino e possano diffondersi nel web. Il
blocco di profili e canali non basta più. La censura è ora preventiva:
un’intelligenza artificiale diventerà polizia e tribunale del pensiero,
sdoganando di fatto il reato d’opinione.
Siamo all’inizio di una nuova epoca di poteri centralizzati, che lavorano
di concerto soverchiando ogni libertà, ogni diritto, ogni sovranità.
Nel maggio scorso, durante la 75ª Assemblea mondiale dell’Oms, i
rappresentanti di tutti i 194 stati membri e diversi capi di Stato hanno messo
a punto l’agenda dei prossimi due anni, volta ad adottare un’unica risposta
centralizzata e coordinata alle future pandemie.
In sostanza, si legge che “in un mondo minacciato da conflitti,
iniquità, crisi climatica e pandemie, l’Assemblea mondiale della sanità
sottolineerà l’importanza di costruire un pianeta sano e pacifico sfruttando
scienza, dati, tecnologia e innovazione”.[1]
Interessante è anche il titolo del documento: “Salute per la pace,
pace per la salute”. Un’astuta combinazione di parole, che dietro termini
evocativi e dal forte impatto emotivo, nascondo l’intenzione di legittimare il
controllo più invasivo, antidemocratico, irrimediabile, totalizzante e
totalitario mai attuato sui popoli.
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