Il principio della crisi degli USA è da ricercare negli anni ’70.
All’interno del sistema-mondo (legato alla globalizzazione economica e finanziaria) e quindi all’interno di questo ciclo di accumulazione finanziaria, possiamo riscontrare l’inizio della crisi degli USA negli anni ’70.
*** Fine
della convertibilità del dollaro in oro (1971), l’apertura alla Cina in
funzione anti-sovietica e anti-vietnamita (1972), la sconfitta in Vietnam – e
successivamente in Laos e Cambogia – (1975), rivoluzione islamica in Iran con
crisi degli ostaggi dell’ambasciata (1978/1979), rivoluzione sandinista in
Nicaragua (1979) ***
Questo
decennio di crisi fu parzialmente superato con l’affermazione del modello
neo-liberista, dell’informatica e con la scenografizzazione della vita pubblica
e della politica (tutte caratteristiche tipiche del decennio successivo).
La maggiore
libertà finanziaria e la lenta affermazione del settore informatico associati
al rampante divismo televisivo degli anni ’80 (specie se messi a confronto
l’URSS che viveva la guerra in Afghanistan e il disastro di Chernobyl) diedero
una percezione di benessere e forza.
Gli USA
(sconfitto il nemico sovietico) si proiettavano negli anni ’90 con un’immagine
di forza unipolare estesa a tutto il globo (primo caso nella Storia).
L’ideologia neoliberale diventava la normalità scientifico-economica, il
bipolarismo e il presidenzialismo (l’elezione diretta non importa se del
sindaco o del presidente) la panacea a tutti i mali, destra e sinistra due modi
diversi di arrivare a un comune scopo: l’arricchimento più rapido, nel minor
tempo possibile, con una sfarinata di diritti umani (ovviamente tutto
riconducibile alla tradizione occidentale).
Gli anni
2000 rappresentarono un nuovo rilancio della missione militare, il momento in
cui una potenza in crisi comincia ad avvertire come imminenti i segni di
decadenza: lo stesso euro, ben inserito nella cornice del capitalismo
internazionale, poteva diventare pericoloso strumento in mano a un Germania
riunificata.
Poi la crisi
del 2008, la Grande Crisi: quello che fino ad allora era sembrato un gioco, si
faceva realtà.
La Cina con un’economia
ben piazzata cominciava a fare sul serio e sopratutto cominciava a fare sul
serio nel ruolo di rimpiazzo internazionale dove gli USA (prima alle prese con
la crisi, poi con una lotta politica all’interno della classe dirigente, alias
Trump contro Resto del Mondo) non riuscivano più ad arrivare.
Il
baricentro del mondo cominciò in modo più deciso a spostarsi verso Est e i
Paesi in Via di Sviluppo (quelli che un tempo avremmo definito Terzo Mondo)
cominciarono a aggrumarsi in una serie di progetti locali, il più ardito dei
quali si basò sulla sigla dei contraenti: BRICS (Brasile, Russia, India, Cina,
Sud Africa).
Così a
dispetto della retorica sulla globalizzazione, abbiamo visto lentamente il
mondo rialzare rivalità, barriere, veder sorgere nazionalismo, particolarismi,
isolazionismi.
Il centro
del sistema-mondo (USA e Alleati) si ritrovano così a dover preparare una
strategia di contenimento del nemico. Da qui la Guerra in Ucraina, spinta in
ogni modo tramite provocazioni e violazioni degli accordi da parte ucraina (con
supporto occidentale), dove l’Occidente è disposto a spendere armi e soldi, ma
non a combattere (lo scopo del conflitto è impantanare la Russia e magari farle
perdere la faccia con i vicini slavi, non salvare gli ucraini); usando nel
frattempo le sanzioni e Taiwan per portare avanti il decoupling da Cina e
Russia.
Il conflitto
aumenta e questo spinge gli attori a stringersi agli amici, organizzarsi in
gruppi, l’Occidente si scopre più solo, la Russia è resistente e il resto mondo
è molto disinteressato a quanto accade in Europa dell’Est (l’eurocentrismo è la
prima vittima del conflitto).
Abbiamo
lungamente pensato che la Cina avrebbe impiegato decenni a soppiantare gli USA
come potenza mondiale (e forse gli USA stessi si sono crogiolati in questa
aspettativa pluridecennale), ma proprio rileggendo il post si capisce che il
seme del declino (molto più rapido di quanto previsto) era già in noce in
quella stretta di mano tra Mao e Nixon nel 1972.
Gli USA
isolavano la Cina dall’URSS e dal Vietnam, ma non la spostavano geograficamente
e sopratutto non riuscirono ad attuare in Cina sul finire degli anni ’80, la
stessa operazione di penetrazione politica che attuarono in Russia (e forse
data l’apertura economica la perseguirono con minor interesse).
In quella
lontana stretta di mano, gli USA ammettevano di non poter combattere tutta
l’Asia, bisognava dividere il nemico, colpire il più forte (all’epoca l’URSS),
dare qualcosa all’altro (Cina) e pazientare.
I conti
funzionarono, ma non del tutto. Il nemico debole si rivelò saggio e
determinato, il nemico forte crollò su stesso e pieno di rancore si rivolse al
vecchio amico.
Una Cina e
una Russia con rapporti di forza ribaltati, si sono saldate, questa volta con
l’esperienza di cosa accade quando si dividono.
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