Pubblichiamo volentieri questo testo a proposito del «Piano
Scuola 4.0», il quale prosegue le riflessioni cominciate con PNRR: Piano Nazionale
di Radiazione di ogni Resistenza (umana), uscite su questo sito nell’ottobre
scorso (https://ilrovescio.info/2021/10/21/pnrr-piano-nazionale-di-radiazione-di-ogni-resistenza-umana/).
Tabula rasa, o della scuola digitale
Scuola: dal greco skholé, «tempo libero»,
dedicato allo svago della mente, e in seguito (XIII secolo) «luogo
ove si attende allo studio».
Scuola quindi come ambito politico, cioè che riguarda le relazioni tra «i
molti», legato all’educazione in senso letterale, che idealmente
rappresenta l’occasione per i “nuovi nati” di ricevere da parte del mondo degli
adulti (nella lingua giapponese il termine sensei, tradotto con
quello di «maestro», significa «colui che è
nato prima») cure (spazi e tempi caratterizzati dall’agio) e quel
nutrimento che deriva dalla trasmissione delle conoscenze, indispensabile per
l’espressione delle potenzialità autentiche di ogni individuo.
Scuola che, come tutti gli altri ambiti della realtà, è specchio delle tendenze
in atto all’interno della società che la produce e in tal senso
ambito di interesse generale. Interesse ancor più evidente se si considera che
l’animalità della specie umana dovrebbe evidenziarsi anche nell’istinto di
tutelare i nuovi venuti come prosecuzione di un sé collettivo e
come aspirazione a qualcosa di meglio.
La distanza tra il significato e la concretizzazione dell’istituzione-scuola è
talmente marcata e radicata da indurre a pensare che si tratti di oggetti
differenti; ma la riflessione sul senso delle parole, nonostante il capitalismo
si spenda sistematicamente per adeguarle alle sue esigenze, di questi tempi
rappresenta un’opportunità per attingere da visioni capaci di orientare i passi
(un riferimento alle origini a volte aiuta a ricordare un futuro).
In questi giorni sono state pubblicate dal ministero dell’Istruzione – che
si occupa di organizzare le nuove leve rendendole idonee all’inserimento
sociale – le linee guida del Piano scuola 4.0; si tratta della “risposta
forte”, condivisa nel suo complesso da tutte le forze partitiche, alle
criticità palesi in questo comparto (lo definiamo tale poiché siamo purtroppo
abituati a considerare la realtà come un insieme di comparti stagni). Una
risposta che anche in questo caso eleva l’approccio tecnico a soluzione
“scientifica” – quindi come l’unica dogmaticamente considerabile – e sancisce
la sacralità della tecnologia quale deus ex machina e rimedio
ineludibile.
Si tratta di uno stanziamento di 2,1 miliardi previsti dal PNRR (cui si
sono aggiunti 2,8 mld di ulteriori fondi europei per un totale di 4,9
miliardi).
Il piano è suddiviso in quattro sezioni che delucidano come tale ministero
abbia «inteso investire per la trasformazione delle classi
tradizionali in ambienti innovativi di apprendimento e nella creazione di
laboratori per le professioni digitali del futuro e, al tempo stesso, con
un’altra specifica linea di investimento, promuovere un ampio programma di
formazione alla transizione digitale di tutto il personale scolastico … la
denominazione “scuola 4.0” discende proprio dalla finalità della misura di
realizzare ambienti di apprendimento ibridi, che possano fondere le
potenzialità educative e didattiche degli spazi fisici concepiti in modo
innovativo e gli ambienti digitali». La sciagura pedagogica è già
contenuta negli obbrobri linguistici che la promuovono.
Il ministro per l’istruzione Bianchi ha dichiarato che «si
tratta di 4,9 miliardi messi a disposizione per cablare aule, formare docenti [ai
metodi digitali], portare la banda ultra larga a scuola, sostenere la
digitalizzazione di segreterie e pagamenti legati alle attività scolastiche,
innovare gli spazi didattici. Un lavoro che deve andare avanti per garantire
una scuola al passo con i tempi a studenti e famiglie».
D’altro canto ricordiamo che l’erogazione dei fondi del PNRR (di cui solo
1/3 è a fondo perduto) è vincolata al fatto che il 30% di essi venga destinato
alla digitalizzazione; quindi il bel paese, da questo punto di vista, si
distingue per diligenza.
Concretamente si tratta di creare: 1) «100000 aule organizzate
con arredi modulari per consentire rapide riconfigurazioni, connessione a banda
larga, schermo digitale, strumenti digitali per la realtà aumentata, le STEM e
la robotica; 2) laboratori per le professioni digitali nelle scuole di secondo
grado che ospiteranno strumenti per la robotica e automazione, intelligenza
artificiale, cyber sicurezza, internet delle cose, creazione di prodotti e
servizi digitali, realtà aumentata, data analisi, blockchain». Insomma,
non manca niente.
Se ne evince che secondo questi operosi politicanti e tecnocrati, ciò di
cui hanno bisogno bambini e adolescenti sono ambienti digitalizzati e altamente
tecnologici e «competenze digitali». Questa è la soluzione
al fatto che gli accessi nei Pronto soccorso per patologie neuropsichiatriche
relative agli adolescenti sono aumentate rispetto al periodo pre-Covid
dell’84%, mentre per i tentati suicidi l’aumento è stato oltre il 140%; è la
soluzione ai 100000 casi stimati di giovani hikikomori – cioè
che non escono più dalle loro stanze – tra i 14 e i 30 anni; è la soluzione al
fatto che, secondo uno studio condotto da un’équipe multidisciplinare
dell’Istituto di Ortofonologia in collaborazione con la Società italiana di
pediatria, «il 40% dei bambini che hanno frequentato i nidi nel
periodo della pandemia presenta ritardi o disturbi del linguaggio, il 30%
difficoltà di regolazione emotiva, un altro 30% ritardi psicomotori, il 5%
comportamenti a rischio per disturbi dell’area dello spettro autistico e/o
della sensorialità, il 2,5% mostra precursori per sospette disabilità
intellettive». Da tale studio emerge anche che «mettendo a
confronto questi dati con quelli dei nati pretermine e dei nati da procreazione
assistita (pma), che sappiamo essere di per sé popolazioni a rischio, vediamo
che le percentuali non sono dissimili».
Purtroppo sono soltanto alcuni esempi che fotografano la situazione attuale;
certo non stupiscono, ma incutono tanta preoccupazione e rabbia se approcciati
non solo come meri dati statistici, ma come questioni che riguardano l’umanità
di ciascuno e di tutti.
L’avvento del Covid non è il responsabile, ma solo l’occasione e
l’acceleratore di un processo in atto da decenni; le linee guida di tutte le
riforme della scuola degli ultimi vent’anni operate dai vari governi che si
sono succeduti ricalcano le impostazioni dettate dall’associazione TreeLLLe (Life
Long Learning), fondata nel 2001 da Giovanni Agnelli; l’elenco dei soci
fondatori e dei garanti la dice lunga sugli interessi in gioco: dall’ex
presidente di Confindustria Fedele Confalonieri all’ex presidente di Pirelli e
di Telecom Italia Marco Tronchetti Provera, oltre a Gianfelice Rocca –
presidente di Techint e dell’Istituto Clinico Humanitas, emblema della fusione
tra interessi ingegneristici e Sanità, mentre tra gli enti sostenitori troviamo
la compagnia di San Paolo di Torino, la fondazione Cariplo di Milano e
Unicredit, oltre a Cassa di Risparmi di Bologna, Monte dei Paschi di Siena,
Cassa di Risparmio di Genova ed Imperia, Fondazione Rocca e via dicendo.
L’elenco dei soci e sostenitori è lungo; segnaliamo solo che l’attuale
presidente di TreeLLLe è Attilio Oliva, filosofo, industriale, ex presidente di
Confindustria Genova e poi Liguria, Federgas e Finmare.
TreeLLLE «si pone l’obiettivo di favorire il miglioramento della
qualità dell’education (educazione, istruzione, formazione) … è un vero e
proprio “think tank” che, attraverso un’attività di ricerca, analisi e
diffusione degli elaborati offre un servizio all’opinione pubblica, alle forze
sociali, alle istituzioni educative e ai decisori pubblici, a livello nazionale
e locale»; quindi un «serbatoio di pensiero» collegato
ad analoghe fondazioni europee e americane, che dispone di imponenti mezzi
economici e mediatici, in grado di orientare non solo verso l’aziendalizzazione
della scuola (analogamente a quanto accaduto ed in fieri rispetto
alla Sanità, secondo un approccio ormai assodato del
capitalismo), ma soprattutto verso l’addestramento dei giovani seguendo le
necessità e le aspirazioni dei padroni, rendendo gli anni di studio di fatto
una “educazione alla cittadinanza” declinata come assuefazione al controllo,
rispetto cieco della legalità, omologazione dei comportamenti, delazione come
atto di partecipazione attiva.
Gli obiettivi dichiarati da TreeLLLe evidenziano, ben prima della comparsa
del Covid, come per costoro sia fondamentale sradicare il prima possibile
dal contesto familiare i bambini, per evitare le ripercussioni che un qualsiasi
contesto specifico implica nello sviluppo del carattere del piccolo e ciò si
traduce nell’obbligo scolastico da anticipare al terzo anno di vita.
L’indottrinamento dei piccoli sarebbe più semplice, l’omologazione prodotta da
questa ortopedia sociale più sicura. Bisogna però agire per
gradi, di modo che i genitori si adattino a questa nuova declinazione del
concetto di appartenenza sociale depurata di contenuti e legami soggettivi, che
prevede di fatto che i nuovi nati siano un bene comune, in quanto
futura forza lavoro.
Per quanto riguarda i ragazzi delle medie l’orientamento indicato dal
sistema-scuola deve diventare vincolante, a prescindere dalla volontà
dell’interessato; se a ciò colleghiamo quanto sopra scritto rispetto alla
digitalizzazione di qualsiasi aspetto della scuola, non appare improbabile che
tali giudizi verranno stabiliti da piattaforme basate sull’utilizzo di
algoritmi formulati per valutare ogni dato acquisito nel
tempo sul soggetto in questione, valutando negativamente ogni
dissonanza dal coro. Forse ciò appare come una deduzione forzata, ma se in Cina
– dove il controllo sociale attraverso dispositivi tecnologici
viene promosso solo più brutalmente e in forma meno
mascherata rispetto a quanto avviene in Occidente –, già nelle classi
delle scuole primarie sono presenti telecamere che monitorano ogni singolo e
che attraverso l’utilizzo del riconoscimento facciale e dell’intelligenza
artificiale ne spiano e sanzionano qualsiasi comportamento ed espressione, il
parallelo non risulta fuori luogo.
Ed è riduttivo pensare solo ad uno spodestamento del concetto di uomo come
individuo in favore di quello di essere biologico da plasmare;
quello che stanno costruendo è qualcosa di nuovo, visto che neanche la
struttura corporea si salva, non solo perché deve con-formarsi ai dettami dei
padroni, ma perché deve risultare sempre efficiente grazie alle tecnologie in
ambito genetico che consentono di alterare le modalità peculiari
della vita organica (il riferimento è ai “vaccini” contro
il Covid e a tutti i farmaci/alimenti geneticamente
modificati creati e prodotti grazie all’opportunità apertasi con
la “vaccinazione” di massa). L’obiettivo è l’adesione totale e
accondiscendente al sistema.
Questa guerra all’umano passa dall’acquisizione di big data e
dal controllo di quelli relativi alla scuola, unitamente alle informazioni
provenienti dal Fascicolo Sanitario Elettronico, dal tracciamento dei flussi
finanziari, dalle centinaia di migliaia di telecamere piazzate ovunque
approfittando delle chiusure del 2020, dalle scatole nere obbligatorie per le
automobili e via dicendo, sta consentendo il catalogo, la sorveglianza,
la ri-formattazione di ogni singola vita.
Per quanto riguarda la scuola secondaria, i dettami anticipati nella missione 4
“Istruzione e ricerca” del PNRR prevedono «lo sviluppo ed il
rafforzamento dell’istruzione professionalizzante», attraverso «l’introduzione
di premialità e l’ampliamento di percorsi per lo sviluppo di competenze
tecnologiche abilitanti» attraverso l’incremento del numero di
Istituti tecnico-scientifici ed il potenziamento dei laboratori con tecnologie
4.0.
Le discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica) diventano il
cardine della cultura e il fulcro dell’istruzione rispetto a qualsiasi età
scolare, dai nido all’università («l’intervento sulle discipline STEM –
comprensive anche dell’introduzione alle neuroscienze – agisce su un nuovo
paradigma educativo trasversale di carattere metodologico. Lo scopo è quello di
creare nella scuola la cultura scientifica e la forma mentis necessaria ad un
diverso approccio al pensiero scientifico … una forte base STEM è propedeutica
alla conoscenza più applicativa degli strumenti per il digitale quindi è
fondamentale arricchire la scuola primaria e secondaria di corsi a base
quantitativa…»). Il ministro Bianchi a marzo ha dichiarato che «dobbiamo
orientare di più studentesse e studenti verso queste discipline e questi
percorsi di studio, superando stereotipi e pregiudizi, soprattutto per le
bambine e le ragazze»; ecco dunque un altro esempio di come gli uomini
di Stato modulano il loro linguaggio scaltramente per inglobare e manipolare
anche le forme storiche di lotta.
Tra circa un mese ci saranno le elezioni e a conferma di quanto sopra i
programmi delle coalizioni elettorali relativi alla scuola si discostano di
poco: Letta, presentando il piano «Conoscere è potere»,
oltre ad ammiccare agli insegnanti attraverso la promessa di aumenti
sostanziosi di stipendio e ai genitori attraverso quella della messa in
sicurezza degli edifici, sostiene che «1 bambino su 10 non
frequenta la scuola dell’infanzia, iniziamo a lasciarli indietro prima ancora
di insegnargli a leggere e scrivere, creando le prime odiose diseguaglianze
nell’accesso a un sistema educativo idoneo e ad un’alimentazione sana. La
scuola, invece, deve accompagnare tutti i genitori, le bambine e i bambini, dai
primissimi anni di vita». «Oggi gli studi in Scienze,
Tecnologie, Ingegneria e Matematica sono appannaggio quasi esclusivamente
maschile. Vogliamo modificare il processo di orientamento nelle materie STEM
così da incoraggiare anche le ragazze a scegliere questi indirizzi che sono
molto richiesti sul mercato del lavoro». La Lega avrebbe intenzione di
anticipare l’intero percorso scolastico di un anno, rendendo anche obbligatorio
almeno un anno di scuola dell’infanzia per poter accedere alla primaria, che
verrebbe inoltre accorciata di un anno. Punto centrale risultano gli istituti
professionali. Per non rischiare di perdere i voti di tutti quei genitori che
hanno vissuto da vicino il disagio e la sofferenza indotta nei figli dalla Dad,
promette di non reintrodurla più, ma non menziona il Piano scuola 4.0, il che
significa che in caso di vittoria attuerà esattamente le linee guida che esso
contiene.
Una notizia di questi ultimi giorni proveniente dall’europeissima Polonia,
che sta di questi temi mostrando una fedeltà incondizionata alla Nato, fa da
cornice a questo quadro inquietante: il ministro per l’Istruzione Przemuslaw
Czarnek ha firmato un’ordinanza che apre agli studenti delle scuole superiori i
corsi sull’impiego delle armi da guerra a partire da settembre. «Introdurremo
elementi di formazione difensiva come sparare in un poligono di tiro e
familiarizzare con le armi» in modo che «i polacchi
possano difendersi». «Il programma di studi di base,
modificato per l’educazione alla sicurezza nel campo delle abilità di tiro con
l’uso di pistole, fucili ad aria compressa, repliche di armi leggere, poligoni
di tiro virtuali o laser sarà implementato a partire dall’anno scolastico
2024/2025. Inoltre le scuole dovranno dotarsi delle strutture e delle armi
adeguate a partire dall’anno scolastico 2022/2023». Non sfugga il
ragionamento: «secondo la legge polacca un quindicenne può già
avere rapporti sessuali. Quindi, perché non possiamo preparare i ragazzi anche
su questo?».
Come noto, l’epressione tabula rasa rinvia alla tavoletta
cerata usata dai Romani per la scrittura. Rasata la cera, sulla tavoletta
si potevano
scrivere nuove parole. Per Aristotele quell’immagine esprimeva l’intelletto
in potenza rispetto a tutti gli oggetti del pensiero. Se il pensiero
è sempre un rapporto tra la potenza e l’atto, esiste un’età che con
le parole ha un’esperienza inaugurale: l’infanzia. L’in-fante è proprio colui
che possiede la facoltà di linguaggio ma non ancora le
parole. Non c’è la tavoletta pronta, ma solo il rasum tabulae:
la cera. Se l’essere umano è allo stesso tempo l’animale politico e
l’animale che ha il linguaggio, cioè un essere costitutivamente legato
agli altri e insieme un essere potenziale e utopico, la conquista tecnologica –
separazione dei corpi e uniformazione delle menti – dell’infanzia e
dell’adolescenza è una forma tanto inedita quanto
estrema di tabula rasa: la sostituzione del programmato al
potenziale, dell’aggregazione di dati al
pensiero-linguaggio creativo, dell’efficiente al problematico,
insomma del macchinico all’umano. Sgravati dalla facoltà di giudizio e dal
peso di decidere, istruiti alle notifiche del
pilota algoritmico delle loro vite, si vuol fare di questi studenti
le avanguardie del mondo automatizzato. Non è più il tempo
delle chiacchiere pedagogiche. O si è olio o si è sabbia in questa
scuola di disumanizzazione.
Compagna di lotta sarà l’irriducibile consapevolezza che «una
vita così vulnerabile è comunque la migliore» (Aristotele, Etica
Nicomachea).
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