In un mondo che vive di relazioni impostate sul confine, abbiamo la
necessità di parlare di come il confine stesso si evolve, e come viene vissuto
da chi lo rafforza, da chi lo combatte, da chi lo rende fluido, da chi se ne
appropria facendone una parte di sé.
Abbiamo la necessità di raccontare che, mentre l’interconnessione globale
permette di portare i confini della propria comunità di appartenenza come parte
del bagaglio di viaggio, con i migranti che in tutto il mondo possono continuare
a vivere attivamente più luoghi (se non fisici, sicuramente culturali e
politici), assistiamo ancora alla tendenza a rafforzare, militarizzare e
brutalizzare linee di demarcazione che dovrebbero e potrebbero essere ogni
giorno meno visibili.
Abbiamo la necessità di raccontare le barriere e i muri che impediscono
fisicamente il movimento, la migrazione, l’accesso alle risorse e la
sostenibilità sociale.
Abbiamo scelto di raccontare il muro della vergogna di Lima, barriera tutta
interna a una città e a un paese in cui la sperequazione sociale ed economica
bolla, spesso incondizionatamente, la vita di migliaia e milioni di persone.
Abbiamo scelto di raccontare le barriere tra Botswana e Zimbabwe, caso non
isolato nella regione, che bloccano il movimento di animali e persone migranti,
in controtendenza con l’integrazione di territori naturali da proteggere per il
bene di tutti e tutte. Abbiamo scelto di raccontare il muro della Cisgiordania,
da anni strumento di separazione e colonizzazione nei confronti di un popolo
che si vede limitare l’accesso alle risorse naturali.
Abbiamo scelto di raccontare i muri e le barriere del mondo, per sostenere
le pratiche e le esperienze reali che seguono processi sociali, economici e
storici opposti a quelli che vedono e vogliono l’esistenza di quei muri.
Lima – Muro della vergogna
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distretti, 10 milioni di abitanti, e un muro di 10 chilometri che se ci sbatti
il muso non ti permette più – se mai ci fossi riuscito – di far finta di non
vederlo, quel confine evidente in tutta la metropoli. Lima, il miraggio di una
vita più serena, la grande città dove trovare lavoro e costruirsi un’esistenza
per qualcuno impossibile da immaginare nei villaggi di provincia. La provincia,
prima invasa e saccheggiata dagli imperi europei, oggi stritolata da compagnie
minerarie. In mezzo, il periodo En la boca del lobo – come recita uno dei film più importanti prodotti in Perù nel
1988 per la regia di Francisco Lombardi – tra le minacce dei guerriglieri
terroristi di Sendero Luminoso e della repressione governativa che non guardava
in faccia a nessuno.
Botswana-Zimbabwe: l’uomo e l’ambiente
Due storie diverse, separate da una linea – una tra le tante che segnano le
mappe del continente – che arbitrariamente attraversa territori comuni agli
allevatori e, soprattutto, al bestiame. E sono proprio gli animali – il
bestiame da reddito destinato alle esportazioni, così come la fauna che popola
gli ambienti naturali – che sembrano essere al centro di questa vicenda: per
raccontare la gestione delle zone di confine tra Botswana e Zimbabwe (ma anche,
ampliando lo sguardo, Namibia, Zambia e Sudafrica) non si possono non tenere in
conto le relazioni tra bestiame allevato e selvatico, e tra uomo e ambiente,
insieme alle dinamiche migratorie prettamente umane. Parliamo infatti di una
regione caratterizzata dalla presenza (e dall’ampliamento) di parchi naturali e
zone protette transfrontaliere, tra cui quella dell’Okavango-Zambesi. Ampie
zone, quindi, in cui la protezione delle specie animali selvatiche da un lato,
e dei bovini allevati per l’esportazione dall’altro, rappresenta evidentemente
una priorità politica.
Palestina – Mauer macht frei
Oltre
700 chilometri per separare, segnare una distinzione netta tra un noi e un
loro, ma anche per separare città, villaggi e comunità più o meno grandi le une
dalle altre, e ognuna dalle proprie risorse idriche e agricole. Checkpoint,
torrette, filo spinato e otto metri di cemento per proteggere quel noi dagli
attacchi di quel loro, un confine militarizzato la cui necessità di protezione
nasce con la sua stessa costruzione, in quello che potrebbe sembrare un paradosso
politico, ma che rappresenta uno dei concetti chiave nella sostanza delle
relazioni internazionali dalla guerra fredda in giù.
https://ogzero.org/studium/barriere-e-ostacoli-impediscono-il-libero-movimento-delle-persone/
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