Uno dei luoghi simbolo
della lotta contro la dittatura e la crudele repressione del dissenso durante
il golpe di Pinochet e gli anni successivi è il Museo
de la Memoria. La presidente del Cile Michelle
Bachelet il 21 maggio 2007 annunciò la costituzione di un
Museo de la Memoria y de los Derechos Humanos e un mese più tardi fu indetto un
concorso per selezionare un progetto. La scelta del luogo dove collocare il
nuovo museo non fu scelta a caso.
L’avenida Matucana fu
scelta perché il luogo era strettamente legato alla violazione dei diritti
umani da parte della dittatura militare. Le forze armate che erano di stanza
nel vicino parco Quinta Normal e nell’Internado Nacional Barros Arana (INBA),
controllavano i quartieri di Quinta Normal e Barrancas (che oggi hanno un altro
nome) erano i responsabili dei desaparecidos San
Juan de Dios, e dei centri di detenzione e tortura.
La presidente
Bachelet, che era lei stessa vittima delle torture del regime di Pinochet, pose
la prima pietra il 10 dicembre
2008. II concorso internazionale era stato vinto da Estudio América, studio di
architettura di San Paolo di Mario Figueroa, Lucas Fehr e Carlos Dias. Il
progetto era basato sull’idea di quartiere aperto per integrare il nuovo
edificio nella città che si sarebbe fuso con l’ambiente circostante all’interno
della città. Il 10 gennaio 2010 la presidente Bachelet, che ci teneva
moltissimo ad essere lei ad inaugurare il Museo, due mesi prima che terminasse
il suo mandato aprì il Museo de la Memoria y de los Derechos Humanos.
Le motivazioni per
aprire uno spazio dedicato alla Memoria erano molto chiare:
“Far conoscere le sistematiche violazioni dei diritti umani da parte dello
Stato cileno negli anni 1973-1990, affinché attraverso la riflessione etica
sulla memoria, la solidarietà e
l’importanza dei diritti umani, si rafforzi la volontà nazionale così che gli
eventi che ledono la dignità degli esseri umani non si ripeteranno mai più.
Inoltre, il Museo completa questo scopo con il presupposto della sua esistenza,
secondo il quale Il Museo della memoria e dei diritti umani è un progetto
di riparazione morale per le vittime e
propone una riflessione che trascende quanto accaduto in passato e che serve
alle nuove generazioni per costruire un futuro migliore di rispetto illimitato
della vita e della dignità delle persone.”
Nel discorso
inaugurale la presidente Bachelet ha sottolineato che “Non
possiamo cambiare il nostro passato, dobbiamo solo imparare da ciò che abbiamo
vissuto. Questo museo è uno spazio per la costruzione delle memorie in Cile. E
non c’è un solo ricordo del passato. Le persone ricordano in modo diverso,
individualmente e collettivamente. Fortunatamente la memoria del Cile è molto
più grande e ricca del ricordo della tragedia che commemoriamo in questo museo.
Ma quella tragedia è anche una dimensione imprescindibile nella memoria del
nostro paese. Una dimensione che dovrebbe farci riflettere su cosa succede
quando la democrazia e lo Stato di diritto vengono distrutti. Una dimensione
che esorta a sentire che il presente e il futuro sono responsabilità di tutti.
Ecco perché questo è uno spazio pubblico per tutto il Cile, per conoscere,
valorizzare e imparare. Un posto per preservare la verità e la giustizia che ci
è costato così tanto da raggiungere.”
Le polemiche
Fin da quando fu
progettato ed inaugurato vi furono polemiche da parte di settori della destra
cilena. Che ancora continuano malgrado siano oramai passati 15 anni dalla sua
inaugurazione. Uno dei casi più clamorosi è lo scandalo che scoppiò nel 2018
quando vennero recuperate in un libro di tre anni prima alcune dichiarazioni
contro il Museo de la memoria fatte dall’appena nominato ministro
della cultura Mauricio Rojas del presidente
di un governo di destra Sebastián Piñera. “Más que un museo (…) se trata de un
montaje cuyo propósito, que sin duda logra, es impactar al espectador, dejarlo
atónito, impedirle razonar (…) Es un uso desvergonzado y mentiroso de una
tragedia nacional que a tantos nos tocó tan dura y directamente”, ha scritto
Rojas nel 2015 nel libro Diálogos de Conversos.
Rojas è stato
costretto dal Presidente a dimettersi 4 giorni dopo la nomina a ministro della
cultura. Rojas era ai tempi del golpe un esponente del MIR (Movimiento de
Izquierda Revolucionaria), peraltro membri del MIR di allora hanno dichiarato
al giornale spagnolo El Pais del 14 agosto del 2018 di non averlo mai
conosciuto. Era fuggito in Svezia dove era diventato anche deputato. Il
presidente del Cile dichiarò di non condividere le parole di Rojas affermando
però che allo stesso tempo che il suo governo non condivideva “la intención de
ciertos sectores del país, que pretenden imponer una verdad
única y que no tienen ninguna tolerancia y respeto por
la libertad de expresión y opinión de todos nuestros compatriotas”.
Una dichiarazione che faceva
seguito a molte altre affermazioni negli anni precedenti in cui si sosteneva
che il museo doveva essere come dire equidistante e
fornire anche le motivazioni storiche sociali e politiche che avevano portato
(verrebbe da dire per forza) al golpe con annesse torture, sparizioni e
omicidi. Tanto da prefigurare la creazione di un altro Museo ma questa volta
della verità. (Piccolo inciso: fanno venire in mente le parole (non dette) da
qualcuno in Italia a proposito delle bombe (terroristiche, per carità). Meno
male che Mattarella c’è!)
Qualche giorno dopo le
dimissioni del ministro fu convocata una manifestazione in
appoggio al Museo con le parole d’ordine: “No tuvimos verdad. No
tuvimos justicia. No tuvimos reparación. ¿Nos quieren quitar la memoria?” (Non
abbiamo avuto la verità. Non abbiamo avuto giustizia. Non abbiamo avuto
riparazione. Vogliono toglierci la memoria?)”
Il Museo
Tornando al Museo de
la Memoria. Davanti al museo c’è una grande area in cui si organizzano mostre,
concerti, incontri. Area che è sotto il livello stradale, si deve scendere una
rampa. Su una delle pareti della piazza sono scritti i 30 articoli della Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani, adottata
dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella sua terza sessione, il 10 dicembre
1948 a Parigi con la risoluzione 219077A.
Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in
dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire
gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Articolo 3
Ogni individuo ha diritto alla vita,
alla libertà ed alla sicurezza della propria
persona.
Articolo 5
Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o
a trattamento o a
punizione crudeli, inumani o degradanti.
¡Canto qué mal me
sales
cuando tengo que cantar espanto!
Espanto como el que vivo
como el que muero, espanto
de verme entre tantos y tantos
momentos del infinito
en que el silencio y el grito
son las metas de este canto.
Lo que veo nunca vi.
Lo que he sentido y lo que siento
hará brotar el momento…
Victor Jara
(Canto, come mi vieni male/ quando devo cantare la paura!/ Paura come quella
che vivo,/ come quella che muoio, paura/ di vedermi fra tanti, tanti/ momenti
dell’infinito/ in cui il silenzio e il grido/ sono le mete di questo canto./
Quello che vedo non l’ho mai visto./ Ciò che ho sentito e che sento/ farà
sbocciare il momento…) (Ultima strofa del testo scritto da Victor Jara nello
stadio di Santiago poco prima di essere ucciso. )
Nella vicina stazione Quinta Normal della metropolitana si trova un murale di
Jorge Tacla realizzato in collaborazione con altri giovani artisti, ispirato ai
versi del cantautore Victor Jara.
La visita
Ci sono dei luoghi,
tanti luoghi, ai quali ci si avvicina con una grande emozione, con un’ansia,
quasi una paura verrebbe da dire per come si reagirà, per come si riuscirà a
comprendere, a capire, se è mai possibile, quanto è successo. Se si riuscirà a
farsi una idea, molto sfuocata e pallida, di quanto milioni di persone hanno
sofferto e continuano a soffrire nei modi più turpi ed atroci che i cosiddetti
umani sono stati capaci di inventare. E’ curioso che l’evoluzione abbia portato
alla superiorità di una razza animale (che questo siamo) che è in grado di
distruggere, uccidere, torturare con grande varietà e fantasia, anche di
autodistruggersi. Anche in assenza di una qualsiasi motivazione anche la più
aberrante che ci sia.
Sono arrivato alla
rampa che porta al primo piano della
esposizione permanente de El Museo de la Memoria con grande emozione. Qualche
giorno dopo sarei andato a visitare il Palacio de la Moneda. Non si sentiva
alcun rumore entrando, c’erano delle persone, ma si sentiva, si percepiva che
si stava entrando in un luogo sacro,
nel senso dedicato interamente alla descrizione delle atrocità subite da tanta
parte del popolo Cileno e per ricordarne la memoria, e per imparare da quanto
successo perché non succeda mai più.
Frasi che generazioni
di umani hanno sentito ripetere e ripetuto a quelli dopo di loro, invano, si
può tranquillamente aggiungere. Sembra del tutto utopico questo atteggiamento
positivo di fiducia verso il futuro che viene prontamente smentito, basta
guardarsi intorno nel mondo ovvero ripercorrere le tappe della storia
dell’umanità. Una delle testimonianze più
incredibili presenti (in video) delle centinaia di interviste fatte a persone
torturate e a prigionieri, è quella di un detenuto che è stato più volte
torturato ma che spiega:
“Le
torture erano banali all’inizio, fatte dai militari
cileni, botte, essenzialmente, pugni, calci, bastonate. Insomma senza
inventiva, e con scarsi risultati pratici. Pochi crollavano e fornivano
informazioni. Poi sono arrivati i professionisti della
tortura, gli agenti speciali USA e quelli brasiliani e in poco tempo i nostri
militari cileni hanno imparato le tecniche moderne di allora per la tortura.”
E terminava la sua
testimonianza aggiungendo con un sorriso beffardo e guardando dritto nella
telecamera, rivolgendosi a tutti noi: “Io sono ancora qui e sono ancora un
uomo.”
Al piano terra del
grande palazzo una enorme pianta del mondo realizzata
con fotografie che indicano quanto siano diffusi i regimi
dittatoriali, quante guerre civili o invasioni da stati
esterni siano state e continuino a generare una grande mole di violenze, una
valanga di crimini contro l’umanità,
comprese ovviamente le torture, esecuzioni sommarie, e desaparecidos, con
relativo rapimento dei figli delle persone uccise e scomparse.
Nella stessa sala il
riconoscimento per le vittime e le loro famiglie del diritto di sapere
che cosa sia successo perché ci sia il riconoscimento pubblico della
sofferenza subita. In alcuni stati, non moltissimi, sono state via via
costituite commissione per accertare la verità, per una possibile riparazione e
riconciliazione. Che spesso significa impunità. E’
facile uccidere, sterminare, torturare, mentre la ricerca dei colpevoli, dei
legami politici che hanno assicurato la loro impunità risulta spesso
impossibile e praticamente non attuabile per tante diverse ragioni. E quindi
l’amnistia arriva spesso a sanare, si fa per dire, per ragioni politiche,
sociali, religiose, le colpe e cancellare i reati.
Solo una piccola parte
dei colpevoli vengono individuati e puniti. Alcuni militari cileni hanno fatto
causa allo stato cileno per essere stati costretti a
torturare ed uccidere delle persone, e quindi a subire loro un forte
stress psicofisico (!).
Nella sala è stata
inserita una croce di ferro trasportata dal
Patio 29 del Cimitero generale di Santiago, dove erano stati sotterrati i resti
delle vittime della dittatura militare. In una vetrina vi sono i rapporti della
Commissione nazionale per la verità e la riconciliazione del 1991 e della
Commissione nazionale sulla prigionia e la tortura del 2003-2005, noti rispettivamente
come Rapporto Rettig e Rapporto Valech.
Le immagini del golpe
Quindi ho iniziato nel silenzio la salita della lunga scalinata che porta al primo piano. Ad un certo punto della scalinata ho cominciato a sentire dei rumori, colpi di cannone e di mitragliatrici, lo scoppio di bombe, degli ordini militari urlati, frasi che si comprendono in qualsiasi lingua del mondo, anche se non si capiscono le singole parole. Sono arrivato in una grande sala. Sulla destra su una parete altissima si vedevano delle immagini, dei volti di persone. Sulla sinistra una parete scura con tre video installati, con scritto sopra che ora fosse e dove si svolgessero gli avvenimenti che si vedevano nei filmati. Insomma una videocronaca degli avvenimenti del golpe in quella giornata del 11 settembre 1973.
Sui tre schermi
venivano proiettate immagini dello stesso evento da punti di vista diversi,
così da cercare di ricreare nel modo più attendibile possibile la sequenza
degli avvenimenti accaduti. Quasi tutto è stato
registrato, quasi tutto è documentato. I golpisti stavano
liberando il paese dalla dittatura comunista e le gloriose forze armate stavano
compiendo in pieno il loro dovere. Bisognava far conoscere al mondo e in primis
ai cileni di che cosa erano capaci le forse armate cilene. A partire dal golpe
si possono vedere gli effetti delle prime iniziative della dittatura militare.
I soldati che combattono attorno al palazzo de la Moneda. La battaglia dura
alcune ore perché molte armi erano presenti all’interno del palazzo, compresi
bazooka e mitragliatrici.
Solo qualche mese prima era stato tentato un altro colpo di stato da parte di una unità militare meccanizzata di carri armati, da cui il nome di El Tanquetazo. Il golpe contro il governo di Unidad Popular è avvenuto il 29 giugno 1973 da parte di ufficiali dell’esercito cileno, istigati dalla CIA, e fu stroncato, dai soldati fedeli alla costituzione comandati dal Generale Carlos Prats.
Nei giorni successivi al golpe dell’11 settembre circolavano notizie sui giornali e nelle televisioni che il generale Prats stava puntando su Santiago con una colonna di militari fedeli al governo. Non succederà. Carlos Prats era stato comandante in capo dell’Ejército de Chile dal 26 ottobre 1970 al 23 agosto 1973, sotto la presidenza di Salvador Allende. Dopo il golpe Prats va in esilio in Argentina dove viene ucciso nell’ ambito dell’Operacion Condor per l’uccisione di cileni in esilio all’estero. Anche in Italia fu organizzato l’omicidio di Bernardo Leigthon, politico democristiano in esilio che rimase gravemente ferito il 6 ottobre 1975 a Roma. L’Operacion Condor riguardava i servizi segreti di molti paesi del Sud America ed era organizzata dalla CIA se non direttamente dal governo USA...
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