Allora -venti anni fa- fu il ‘Nigergate’, lo scandalo dei falsi documenti
su presunti traffici di minerale di uranio, la ‘torta gialla’, tra Niger e Iraq
per la fabbricazione di armi nucleari. Documenti ‘fatti scoprire’ in
Italia e subito girato agli alleati Usa. ‘Patacca’ per l’intelligence, scusa
utile per la politica per la guerra all’Iraq già decisa. Dopo la ‘guerra
umanitaria’ sulla Jugoslavia, la ‘guerra necessaria’ e sempre giusta.
La
‘yellowcake’ dal Niger
A metà del
2002 l’amministrazione Usa reduce dal terribile 11 settembre delle Torri
gemelle dell’anno prima, e a caccia di nemici a cui farla pagare, sosteneva
che Saddam Hussein fosse in possesso di uranio e altro
materiale necessario per la costruzione di una bomba atomica. In quel periodo
il SISMI, il servizio segreto estero italiano (oggi Aise),
era molto impegnato accanto alla Cia nella guerra al terrorismo, tra al
Qaeda e altro. E ‘da quell’ambiente’ (ambiente di spie)
-formula Wikipedia-, «sarebbero stati prodotti o rivelati i
documenti che attestavano tentativi da parte di Saddam Hussein in Iraq di
acquistare polvere di uranio, ‘yellowcake’ dal Niger». Sulla base di
quei documenti e di altri falsi, i governi degli Stati Uniti e
del Regno Unito (Bush jr, e Tony Blayr), accusando
l’Iraq di possedere armi di distruzione di massa, nel 2003 scatenarono la
seconda guerra occidentale contro l’Iraq che ci concluse con la conquista del
Paese, la cattura e la condanna a morte di Saddam Hussein e il caos ancora
irrisolti in tutta l’area.
Le origini
del falso
Con carte
intestate e timbri dell’ambasciata nigerina a Roma, fu realizzato un falso
protocollo d’intesa fra Niger e Iraq sull’uranio.
Secondo le ricostruzioni di stampa (Financial Times, Sunday Times), il
SISMI fu il primo ad avere l’informazione, ma l’aveva archiviata perché ritenuta
inattendibile. L’informazione era arrivata da un faccendiere italiano, ex
spia, Rocco Martino, che avrebbe poi venduto il documento ai
servizi segreti francesi, ma anche lì ritenuta spazzatura. Nel 2001 Martino
aveva consegnato il suo fascicolo al MI6 a Londra, con
‘qualche interesse politico in più’ sull’argomento. Dopo l’11 settembre 2001,
l’informativa fu passata a Greg Thielmann della CIA.
Informativa
tra Langley e Foggy Bottom
L’informativa
passò da una scrivania all’altra: molti analisti della CIA denunciarono
l’inconsistenza della storia. I servizi statunitensi cercavano prove e
collegamenti tra gli attentati di New York e l’Iraq di Saddam Hussein, per cui
ogni documento in qualche modo legato all’allora rais iracheno era attentamente
studiato, compreso il fascicolo di Martino. Ne nacque un ‘dossier’ che
ipotizzava un accordo fra Iraq e Niger sulla fornitura di 500 tonnellate di
uranio l’anno. Il dossier venne subito contestato, sia per incongruità interne
(prima l’incapacità delle miniere nigerine a produrre più di 300 tonnellate
all’anno), sia per riscontri diretti sul campo.
A George
Tenet, la ‘Torta gialla’ piaceva
Ma George
Tenet, allora direttore della CIA, decise di non ignorare il ‘dossier’ (Tenet,
di origine albanese, era già stato decisivo nell’intervento Nato contro la
Jugoslavia per il Kosovo). Nonostante la diffidenza sul dossier all’interno
della CIA fosse forte, una ‘torta di disinformazione’ finita sulle pagine
del New York Times. E persino una ‘dissenting opinion’ della
‘National Intelligence Estimate’ e una del dipartimento di Stato,
secondo cui «tutta la questione era altamente sospetta»,
perché l’uranio del Niger era controllato direttamente dalla Francia. Nel
momento in cui la CIA frenava, il falso documento di Martino fu pubblicato sul
settimanale Mondadori ‘Panorama’ (di proprietà dell’allora premier
Berlusconi).
La torta
avvelenata e le 16 parole della vergogna
Il 24
settembre 2002, guerra pronta a partire, Tony Blair annuncia
di essere in possesso di un dossier secondo il quale l’Iraq si era dotato di
strumenti per fabbricare armi di distruzione di massa, pur senza citare
l’uranio del Niger. Il 26 settembre è Colin Powell al Senato
Usa a rinforzare la menzogna. Il 28 gennaio 2003 George W. Bush nel discorso ‘State
of the Union’ annuncia che il governo britannico era in possesso di prove
sulla presenza, in Iraq, di uranio utile per armi di distruzione di
massa. «The British government has learned that Saddam Hussein
recently sought significant quantities of uranium from Africa». Sedici
parole per una menzogna storica.
A guerra
ancora in corso le prime inchieste giornalistiche statunitensi e, alla fine del
2003, l’amministrazione ammise che le prove a sostegno della dichiarazione
presidenziale del gennaio «erano inconcludenti e che quelle sedici parole
non avrebbero mai dovuto essere incluse nel discorso presidenziale»,
addebitandone l’errore alla CIA.
Bonini e
D’Avanzo su Repubblica
La vicenda
fu raccontata in Italia nel 2004 e i fatti furono ricostruiti l’anno seguente
da un’inchiesta svolta dai giornalisti Carlo Bonini e Giuseppe
D’Avanzo, del quotidiano La Repubblica (ottobre 2005).
Il 31 ottobre 2005 l’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi,
dopo l’incontro con il presidente George W. Bush alla Casa Bianca, affermò che
Bush aveva confermato di non aver ricevuto alcuna informazione dall’Italia.
Tuttavia, il presidente statunitense non si è mai espresso apertamente sulla
vicenda. Inoltre, Berlusconi allora premier, ha sostenuto che l’informazione
sarebbe arrivata dagli inglesi, i quali, però, l’avrebbero ricevuta dagli
italiani.
Operazione
disinformazione
Brani di una
inchiesta. «Silvio Berlusconi e George W. Bush. Dopo l’11 settembre
la Casa Bianca chiese a tutti gli alleati, e in particolare all’Italia, notizie
e prove che evidenziassero la pericolosità sociale di Saddam Hussein».
- «ROMA – L’intervento militare
in Iraq è stato giustificato da due rivelazioni: Saddam Hussein ha tentato
di procurarsi uranio grezzo (yellowcake) in Niger per arricchirlo con
centrifughe costruite con tubi di alluminio importati dall’Europa. Alla
costruzione delle due ‘bufale’ collaborano il governo italiano e la sua
intelligence militare».
- «La farina di questo sacco è
romana. Il coinvolgimento italiano negli eventi che precedono l’invasione
dell’Iraq ha, sin qui, trovato nella distrazione generale un solitario e
grottesco protagonista in un tale che si chiama Rocco Martino, ‘di
Raffaele e America Ventrici, nato a Tropea (Catanzaro) il 20 settembre
1938’».
- «Smascherato dalla stampa
inglese (Financial Times, Sunday Times) nell’estate del 2004, Rocco
Martino vuota il sacco: ‘E’ vero, c’è la mia mano nella disseminazione
di quei documenti (sull’uranio nigerino), ma io sono stato ingannato.
Dietro questa storia ci sono, insieme, americani e italiani. Si è trattato
di un’operazione di disinformazione».
Bonini e D’Avanzo e altra stampa allora impegnata, approfondirono e
svelarono, toccando il tema scottante del rapporto tra disinformazione
truffaldina (Martino) e disinformazione di Stato con avallo politico, mai
risolta. Disinformazione anche italiana oltre che statunitense per una guerra
feroce.
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