domenica 13 agosto 2023

qualche considerazione sulla cancel culture

La cancel culture è un contenitore (semplice, e non complesso, come sono le cose umane) per milioni di parole e immagini che esistono, e che qualcuno, a torto o a ragione, vorrebbe cancellare.

Faccio tre esempi.

Se qualcuno facesse sparire la statua, in qualche piazza, di Adolf Hitler sarebbe da disprezzare? E perché fare sparire, o solo imbrattare, con vernice indelebile, la statua a cavallo di Leopoldo II re del Belgio (assassino di almeno 10 milioni di africani, qui e qui) sarebbe deprecabile?

 

Non si parla di censure per gli storici, o la ricerca, solo degli omaggi pubblici in forma di statue, in luoghi pubblici, a serial killer.

Poi ci sono anche quegli incapaci che mai hanno scritto o scriveranno un libro memorabile e si mettono a riscrivere i libri degli altri, e dai libri di Mark Twain vogliono cancellare la parola negro (l’unica esistente allora, per indicare gli schiavi africani e i loro discendenti afroamericani).

Come se qualche governo italiano (composto da ministri fini intellettuali) decidesse di cambiare i nomi dei non italiani, per esempio cambiando Oliver Stone in Oliviero Pietra, o John Cage in Giovanni Gabbia.

 

Quando ero bambino, negli anni sessanta, sui muri c’erano ancora tante scritte (come canta De Gregori qui), citazioni di quel tipo delle decisioni irrevocabili, si chiamava Mussolini.

Non ci sono più, non so se per la cancel culture, o per la speculazione edilizia, comunque meno male che sono sparite dai muri delle città (qualcuno le avrà fotografate, sono in qualche libro, e va bene così).

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