Gaza city 18 febbraio
Durante tutta la notte da Gaza city si sono sentiti gli echi dei bombardamenti sulla Striscia di Gaza. Prima erano lontani, poi si sono fatti sempre più forti, infatti anche il quartiere Zeitun di Gaza city è stato bombardato. L’aviazione israeliana ha colpito per ore a nord, su Beit Hannoun, al centro, a est e a sud, da Gaza a Deir El Balah a Khan Younis a Abasan El Kabira. Bombardano dal cielo, così non corrono rischi, uccidono senza essere uccisi e senza sporcarsi di sangue la divisa.
Perché questo nuovo massacro?
Perché 4 soldati israeliani sono rimasti feriti in un’esplosione mentre cercavano di rimuovere una bandiera palestinese che era stata issata vicino Abasan El Kabira sul confine palestinese della Striscia assediata.
Era una trappola, alla bandiera era collegato dell’esplosivo e chi avesse voluto rimuoverla avrebbe pagato le conseguenze dell’ingiuria alla bandiera. Così deve aver pensato chi ha preparato l’azione che ha portato alla rappresaglia. Un’azione gazawa, forse organizzata, forse dettata da spontaneismo esasperato.
La risposta è stata immediata, carri armati hanno fatto fuoco per distruggere le postazioni nemiche…ma in casa loro, non in casa israeliana, dettaglio non insignificante.
Ma poi cos’è successo? È scattata la rappresaglia vera e propria. Durata tutta la notte e praticamente lungo tutta la Striscia. Israele comunica di aver colpito 18 postazioni di Hamas. Israele sa bene che Hamas non c’entra, ma dire Hamas è dire Gaza. Dire Hamas, nella narrazione israeliana accettata da gran parte del mondo è dire terrorismo. Quindi dire di aver colpito Hamas è come dire “Israele ha il diritto di difendersi” e l’assedio, l’occupazione, le violazioni quotidiane dei diritti umani finiscono coperti nella polvere della manipolazione mediatica.
Ma poi cos’è successo? È scattata la rappresaglia vera e propria. Durata tutta la notte e praticamente lungo tutta la Striscia. Israele comunica di aver colpito 18 postazioni di Hamas. Israele sa bene che Hamas non c’entra, ma dire Hamas è dire Gaza. Dire Hamas, nella narrazione israeliana accettata da gran parte del mondo è dire terrorismo. Quindi dire di aver colpito Hamas è come dire “Israele ha il diritto di difendersi” e l’assedio, l’occupazione, le violazioni quotidiane dei diritti umani finiscono coperti nella polvere della manipolazione mediatica.
Il termine rappresaglia non porta con sé ricordi nobili, anche se ormai Israele ci ha abituati all’uso continuo di questo sostantivo astratto, e l’aggettivo che in passato seguiva il sostantivo “rappresaglia” è caduto in disuso. Ma un’occhiata al diritto internazionale riporta la rappresaglia nell’alveo del crimine e questo Israele lo sa ma sa che il diritto internazionale può ignorarlo senza alcuna sanzione.
Ma a chi ha presente un po’ di storia contemporanea non può non venire in mente una terribile analogia.
Pur senza far uso di termini impropri l’analogia viene in mente per un processo logico, anzi, più esattamente, analogico e allora, stando da ore sotto la cupa eco di bombardamenti più o meno vicini ed avendo appurato cos’ha determinato la rappresaglia israeliana, viene in mente un episodio della Resistenza italiana: via Rasella, aprile 1944. Roma sotto occupazione. Azione dei GAP contro i soldati occupanti.
Fu azione giusta? sbagliata? Fu un’azione partigiana e portò alla morte di un certo numero di soldati occupanti, esattamente 33 e, visto che gli occupanti si ritenevano superiori agli occupati, decisero che ogni soldato morto valesse dieci italiani e per la legge del taglione vennero uccisi alle Fosse Ardeatine 335 italiani tra i quali 65 di religione ebraica.
Fu rappresaglia. Ignobile rappresaglia. Una vergogna scritta sui libri di storia e ricordata ogni anno.
Torniamo sull’altra sponda del Mediterraneo. C’è un’occupazione che dura da decenni, c’è addirittura una regione assediata, la Striscia di Gaza. Gli assedianti-occupanti entrano per rimuovere una bandiera e vengono colpiti dall’esplosione. Nessun morto, per fortuna. Ma quattro soldati feriti. Scatta comunque la rappresaglia. Non si rastrellano quaranta cittadini incolpevoli ma si bombardano per ore e ore cinque località densamente abitate provocando distruzioni enormi, ferimenti e probabilmente morti.
Torniamo sull’altra sponda del Mediterraneo. C’è un’occupazione che dura da decenni, c’è addirittura una regione assediata, la Striscia di Gaza. Gli assedianti-occupanti entrano per rimuovere una bandiera e vengono colpiti dall’esplosione. Nessun morto, per fortuna. Ma quattro soldati feriti. Scatta comunque la rappresaglia. Non si rastrellano quaranta cittadini incolpevoli ma si bombardano per ore e ore cinque località densamente abitate provocando distruzioni enormi, ferimenti e probabilmente morti.
Non è accettabile per nessun cittadino democratico che riconosca il diritto internazionale tacere o, peggio, approvare. Neanche per un cittadino israeliano tra i pochi sinceramene democratici.
Un giorno Israele sarà sui libri di storia e sarà ricordato per aver sdoganato da un aggettivo orrendo il sostantivo rappresaglia, avendone preso il posto offrendo come aggettivo il suo nome: rappresaglia israeliana, pur non avendo lo stesso terribile simbolo dell’antica rappresaglia delle Fosse Ardeatine.
La notte è passata così, aspettando che arrivasse il silenzio e pensando ai danni e alle eventuali vittime dei bombardamenti. Pensando al pianto disperato di bambini terrorizzati dal fuoco e dalle bombe, aggrappati a genitori impotenti davanti allo strapotere dell’assassino che semina codardamente il terrore dal cielo.
Ahi Israele, quante pagine di vergogna porteranno un giorno i libri di storia quando finalmente le complicità si interromperanno e il diritto internazionale non sarà solo un insieme di norme valide soltanto, e strumentalmente, contro chi non ha potere.
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