«Per molto tempo a scuola ci andavano in
pochi […] si
dava però per scontato che andare a scuola […] era però INDISPENSABILE per avere un
ruolo poi dirigenziale nella vita. L’esercito italiano, durante la prima guerra
mondiale, ha un disperato bisogno di ufficiali, tanto che alla fine manda a
comandare i plotoni e le compagnie dei diciannovenni, ma su una cosa non
transige: devono aver finito le scuole superiori. […]Poi, lo sappiamo tutti cosa è successo. È
successo che si è detto: in un grande movimento democratico […] Non si deve più avere un mondo in cui
solo l’elite, quelli che comandano, possiedono la cultura. Tutti devono averla.
Tutti i ragazzi devono avere anni e anni, durante i quali studiano e imparano,
anziché dover lavorare come è sempre successo ai loro padri e ai loro
nonni. […] quando
han cominciato ad andarci anche i figli degli operai si è cominciato a dire “ma
appunto, in fondo in fondo siamo sicuri che tutto questo serve?” […] E si è arrivati adesso all’assurdità
che si è tornati a dire ai ragazzi, come ai loro nonni analfabeti: “anche se
avete soltanto sedici o diciassette anni o diciott’anni, però, un po’ di lavoro
lo dovete fare. Che è questo lusso di passare quegli anni solo a studiare a
scuola? No, no: alternanza scuola lavoro!”» [Applausi]. Lo
storico Alessandro
Barbero, in pochi minuti, riassume il senso di una scuola aperta a tutti
per non tornare ad un mondo in cui solo l’elite, quelli che comandano,
possiedono la cultura.
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