Alla fine il governo dà ragione al
movimento No Tav - Maurizio Pagliassotti (da Il Manifesto)
La Presidenza del Consiglio
dei Ministri ha recentemente pubblicato un documento dal titolo:
«Adeguamento dell’asse ferroviario Torino – Lione. Verifica del modello di
esercizio per la tratta nazionale lato Italia fase 1 – 2030». A pagina 58, si
legge: «Non c’è dubbio, infatti, che molte previsioni fatte quasi 10 anni
fa, in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali
dell’Unione Europea, siano state smentite dai fatti, soprattutto per effetto
della grave crisi economica di questi anni, che ha portato anche a nuovi
obiettivi per la società, nei trasporti declinabili nel perseguimento di
sicurezza, qualità, efficienza. Lo scenario attuale è, quindi, molto diverso da
quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni e nessuna persona di
buon senso ed in buona fede può stupirsi di ciò. Occorre quindi lasciare agli
studiosi di storia economica la valutazione se le decisioni a suo tempo assunte
potevano essere diverse. Quello che è stato fatto nel presente documento
ed interessa oggi è, invece, valutare se il contesto attuale, del quale fa
parte la costruzione del nuovo tunnel di base, ma anche le profonde
trasformazioni attivate dal programma TEN-T e dal IV pacchetto ferroviario,
richiede e giustifica la costruzione delle opere complementari: queste infatti
sono le scelte che saremo chiamati a prendere a breve. Proprio per la necessità
di assumere queste decisioni in modo consapevole, dobbiamo liberarci
dall’obbligo di difendere i contenuti analitici delle valutazioni fatte anni
fa».
Se c’è la buona fede, c’è tutto.
Non importa che quelle valutazioni errate siano costate la più grave, e
irreversibile per molti aspetti, crisi tra una comunità vasta e lo Stato degli
ultimi decenni.
MIGLIAIA DI
PROCESSI, centinaia di arresti, scontri violenti, barricate, venticinque
anni di lotta. Le parole del governo, che riconoscono pienamente le ragioni del
movimento Notav – Il Tav è fuori scala – non generano in val Susa il minimo
senso di soddisfazione, bensì un vasto sentimento di rabbia. Anche perché la
conclusione del papello governativo che prende atto dell’assenza di traffico
sulla direttrice est – ovest, trascende nell’atto di fede: non serve, ma si fa
lo stesso.
MA DI QUANTO furono
sbagliate le previsioni all’origine della Torino – Lione? Gli studi di LTF del
1999 prevedevano un incremento tra il 2000 e il 2010 del 100%, ovvero da dieci
a venti milioni di tonnellate. Riviste nel 2004, a causa della chiusura del
tunnel del monte Bianco che spostò sul Fréjus il traffico merci, ebbero una
virile ascesa: da otto milioni del 2005 a quaranta (40) nel 2030. Questo perché
le merci in transito verso l’Austria o la Svizzera sarebbero state attratte,
chissà perché, dalla Torino – Lione. Oggi, dall’attuale tunnel del Fréjus,
ammodernato solo pochi anni fa, passano tre milioni di tonnellate di merce. Se
si sommano i flussi merce sull’autostrada parallela si arriva a tredici. Alla
base della rivolta del territorio valsusino vi erano, e vi sono questi dati.
LA RESPONSABILITÀ sarebbe
dell’Unione Europea che sbagliò i calcoli, par di capire dal documento
governativo, ma ormai è tardi per tornare indietro. Chiosa enigmatica, perché
al momento della Torino – Lione AV non esiste un solo metro, a meno che non si
prenda in considerazione un piccolo tunnel geognostico costruito in val Clarea.
Alberto Poggio, docente presso il Politecnico di Torino fa parte del gruppo di
accademici che hanno contrastato sul piano scientifico la tratta Torino – Lione
AV, commenta: «Sono parole, quelle del Governo, che provano
l’approccio scientifico tenuto dal movimento Notav: non abbiamo mai avuto una
posizione ideologicamente contraria. I nostri sono sempre stati studi corretti,
che provano l’inutilità dell’opera. A maggior ragione oggi è momento per
tornare indietro, non per andare avanti come se nulla fosse».
IL TUNNEL DI BASE costerà
9,6 miliardi di euro ripartiti tra Francia e Italia nella misura del 42,1% e
del 57,9%, al netto del cofinanziamento UE che copre il 40% del costo
complessivo. L’Italia quindi spenderà 3,6 miliardi di euro a cui si devono
sommare 1,7 miliardi necessari per il potenziamento della linea storica: è il
cosiddetto «Tav low cost ».
Avevamo e abbiamo ragione, per questo vinceremo!
Che avessimo ragione,
lo sappiamo da sempre, probabilmente dall’inizio della nostra opposizione,
quando ci consideravamo indiani, negli anni 90.
Questo non per
arroganza o supponenza, ma perché ogni volta che abbiamo detto NO, lo abbiamo
fatto sempre con il cuore, di una comunità che si difende, e con la testa,
studiando e motivando ogni step di questo assurdo progetto.
Di recente il governo
in via ufficiale ha detto (a modo proprio con una supercazzola), in un
documento ufficiale che le previsioni sulle quali si è basato tutto il progetto
erano sbagliate, troppo ottimiste e che non hanno tenuto conto del contesto
storico (cioè almeno 20 anni di storia moderna).
“Non c’è dubbio,
infatti, che molte previsioni fatte quasi 10 anni fa, in assoluta buona fede,
anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione Europea, siano state
smentite dai fatti, soprattutto per effetto della grave crisi economica di
questi anni, che ha portato anche a nuovi obiettivi per la società, nei
trasporti declinabili nel perseguimento di sicurezza, qualità, efficienza.
Lo scenario attuale è,
quindi, molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le
decisioni e nessuna persona di buon senso ed in buona fede può stupirsi di ciò.
Occorre quindi lasciare agli studiosi di storia economica la valutazione se le
decisioni a suo tempo assunte potevano essere diverse.” )http://www.presidioeuropa.net/blog/verifica-modello-di-esercizio-tratta-nazionale-25-settembre-2017/)
Ci da ragione, ed è la
seconda volta che avviene. La prima fu nel 2006, dopo che liberammo Venaus, e
vista la nostra forza accumulata cercò un progetto in parte alternativo,
spostando la tratta da una parte della Valle e rimodellando l’idea dei costi,
arrivando a parlare di “tav low cost” (altra supercazzola).
Come in quel caso,
così come ora, il partito unico del tav (si proprio così perché in oltre
vent’anni di storia lo abbiamo visto formarsi, costituirsi e nutrirsi di fondi
pubblici) si difende mischiando un po’ le carte, per tentare di essere
ri-presentabile all’opinione pubblica e sottrarre consenso al movimento notav.
Ma sia chiaro: si
difende attaccando. Per questo non cantiamo vittoria, ma prendiamo atto
dell’ennesima strategia messa in atto da chi ha poco da proporre.
Non c’è una
motivazione, di quelle usate in tutti questi anni da politici, tecnici o
commissari di governo per portare avanti la Torino Lione. La tratta europea,
l’idea iniziale, il progetto rivisto più volte è morto e sepolto sotto i colpi
della crisi mondiale e dell’evoluzione ( o involuzione) dei commerci e dei
trasporti. Non serve molto per capirlo.
Allora cosa serve fare
per tornare presentabili? Ri-presentarsi al mondo come esperti e visionari,
arrivando a sostenere che la linea Torino-Lione non ha senso oggi, ma in futuro
ce lo avrà perché svilupperà nuovi traffici di merci, nuovi assi ferroviarie,
nuove economie.
Balle, su balle! Ogni
previsione è stata smentita e geni non ne abbiamo mai visti dalla parte dei
tifosi del Tav. Al massimo azzeccagarbugli di bassa lega e venditori di fumo
con stipendi garantiti, che l’unica capacità che hanno avuto è sempre stata
quella di garantire flussi di denaro (e potere) verso i soliti amici, partiti,
aziende o corporazioni che fossero.
Quindi no grazie!
Delle vostre previsioni questo Paese ne fa a meno molto volentieri perché vediamo
già i danni (e i morti) delle politiche sul trasporto in Italia, dove l’alta
velocità passa davanti a tutto il sistema ferroviario generale, a discapito
della maggioranza del Paese che usa il treno per muoversi tutti i giorni in
condizioni di pericolo e degrado.
Quello che ci fa
ancora più specie è l’arroganza con la quale questi signori candidamente
sostengono: “ è vero è tutto fondato su studi errati, su previsioni
sbagliate, ma lo facciamo lo stesso perché serve, e se ora non serve tanto,
domani servirà”.
Ci sarebbe da
vergognarsi, invece i vari commissari di governo e politici al seguito
proseguono come se nulla fosse, perché alla fine dei conti non pagheranno mai
per le responsabilità che hanno avuto in questa vicenda. A differenza nostra
chiaramente, che veniamo condannati un giorno si e uno no, e siamo sempre dalla
parte della ragione.
La Torino Lione, e
molte altre tratte in qualche modo legate, come il Terzo Valico o la
Brescia-Verona, sono progetti sovrastimati e palesemente “dopati” da ragioni politiche
ed interessi particolari, vanno abbandonati e a buona parte dei sostenitori va
chiesto il conto, in termini economici e sociali.
Da parte nostra,
sappiamo di aver sempre avuto ragione, sia tecnicamente che politicamente, e
sappiamo bene che l’unico argine alla devastazione ambientale ed economica, è
rappresentato dalla lotta, la nostra, popolare e dal basso, e possiamo dirlo
senza timori: alla fine vinceremo noi!
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