In questa scuola non ci sono “né
stranieri, né disabili“. Tale affermazione non è un
estratto delle leggi di Norimberga emanate dal nazismo o delle leggi razziali
fasciste. Tali orgogliose dichiarazioni sono contenute nel RAV (il rapporto di
autovalutazione redatto dai docenti e che viene pubblicato sul portale Scuola
in chiaro, per fornire alle famiglie e a chi si iscrive informazioni
sull’offerta formativa delle scuole) di alcuni prestigiosi e rinomati licei italiani. Ecco a quale degrado
educativo e politico ci ha condotto il processo, voluto indistintamente dal
centrodestra e dal centrosinistra, di trasformazione delle scuole italiane in efficaci aziende, edificate sul dogma della
competizione e del profitto.
Le nuove buone scuole
aziendali, infatti, si stanno alacremente costruendo una clientela all’interno di un determinato
spazio di mercato,
come se fossero una catena di negozi specializzati. Ed è così che la scuola
della Costituzione, democratica, antifascista e inclusiva sempre più solo a
parole e nella forma, sta diventando, nella sostanza, un arcipelago scolastico,
fondato sulla disuguaglianze, in cui sorgono le scuole per i figli della
borghesia e dei liberi professionisti, le scuole per chi è figlio del popolo a
basso reddito, le scuole per chi
deve diventare classe dirigente o per chi deve diventare salariato precario,
le scuole parcheggio per chi è pigro, le scuola luna park tecnologico per chi
vuole divertirsi, le scuole lente piene di disabili e quelle difficili con
tanti stranieri, le scuole in cui si studia e quelle in cui si lavora, le
scuole dei ricchi e quelle dei poveri,le
scuole dei vincenti e quelle perdenti.
A
tanto siamo arrivati, nell’indifferenza, nel cinismo, nella bruttezza e nella
paura dei tempi in cui viviamo. E tra i responsabili, in prima fila, purtroppo
ci siamo noi insegnanti: collaborazionisti per scelta o
per necessità, demotivati o disillusi, pigri o soli, ormai incapaci, da lustri,
di dare vita ad una vitale stagione di lotte al fine di arrestare le barbarie
delle neo-democrazie autoritarie al servizio del capitale e per costruire una
nuova scuola pubblica che sia una autentica comunità-laboratorio, in cui
sperimentare democrazia ed emancipazione (leggi anche La scuola come comunità,
ndr). Per far ciò serve rompere
le catene del neoliberismo da un lato e del neofascismo dall’altro,
le cui prospettive antropologiche portano alla formazione di individui egoisti,
competitivi e violenti. Compito talmente arduo, da apparire oggi quasi impossibile,
ma non vi è alternativa per chi vuole costruire una società che sappia
coniugare libertà, uguaglianza e giustizia, in cui sia possibile vivere felici.
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