Io non divento di centrodestra se Meloni dice cose finalmente sensate sulla gestione pandemica italiana, così come non divento di centrosinistra se qualsiasi segretario/a del PD dice cose sensate sulla risaputa omofobia degli italiani. Giudico un provvedimento politico e decido se è utile. Ma essendo consapevole di non essere in questo 2023 in una democrazia, bensì in una tecnocrazia, ed essendo io avversario della tecnocrazia globale atlantista che rappresenta gli interessi della borghesia capitalista attuale, questi due schieramenti servi di questo sistema di potere non mi rappresentano e non determinano il mio sistema di idee. Ma, mi chiedo, le persone in questo 2023, come formano il loro sistema di idee?
LA
MANIPOLAZIONE DEI CERVELLI DA PARTE DEL BIPOLARISMO
C’è un
momento simbolico – che non è uguale per tutti e tutte, che può essere veloce o
lento, lungo secondi o anni – c’è un momento o periodo insomma in cui inizi
a ragionare sulle cose non in base all’appartenenza o meno a uno dei due
schieramenti partitici obbligatori delle società occidentali, ma in base
alla tua testa. È una delle cose più difficili del mondo e non so cosa darei
per trovare la formula esatta e definitiva per insegnarla quando mi trovo dalla
parte dell’educatore, credo che sarebbe il mio più grande successo pedagogico.
Il mio
momento credo sia stato lungo poco meno di vent’anni, dal luglio 2001 al marzo
2020, se devo dargli due precisi momenti storici. Cioè dal G8 di Genova,
intorno al quale è iniziata a crollare la mia idea di vivere in un sistema
democratico, all’emissione delle limitazioni di movimento e altro a causa
dell’emergenza covid, periodo in cui questa idea ha avuto la sua verifica
fattuale e definitiva, per me.
Tutto ciò
che ho pensato, detto e manifestato in vari modi, nel corso di questi
vent’anni, è stata sempre meno legata al fatto di non dover contraddire uno
schieramento “amico” e dover invece dimostrare di non appartenere allo
“schieramento nemico” (schieramenti, nemici, posizionamenti, sono tutti termini
bellici, non a caso). Allo stesso tempo, è cresciuta in me la tendenza a fare
caso e notare sempre di più questo movimento del pensiero che avviene
per schieramenti, questo pensare ed esprimersi in base
all’appartenenza all’interno dei due poli del binarismo che ogni giorno di più
mi sono sembrati diventare delle religioni. Non lo dico perché sia contento di
questo, anzi, in molti casi è un dolore, ma è la verità che mi salta agli
occhi.
Non sto
parlando naturalmente del fatto di avere un grado zero senza pregiudizi: lo so
che ogni giudizio è già un pregiudizio, si basa cioè su un vissuto e sulla
formazione di pensieri e idee legate al proprio vissuto, per non parlare di
tutto l’inconscio di cui si è poco padroni. Sto parlando del fatto di credere
che la realtà e la complessità dei fatti che accadono oggi in
Italia non possano che essere interpretate all’interno e attraverso la griglia
binaria centrodestra/centrosinistra. Questo movimento di pensiero binario non è
quasi mai accettato esplicitamente da nessuno, visto che invece tutti a
parole rivendicano sempre un proprio libero pensiero, ma di
fatto è implicito e totalizzante in tanti giudizi individuali e
collettivi sulle vicende pubbliche attuali.
Mi sembra
che questo giudizio partitico a priori, questa incapacità di vedere
la realtà anche quando è dissonante dagli schemi binari, questo bisogno di
copertura costante di una rete ideologica mainstream, abbia radici
molto profonde e molto più gravi della questione strettamente attuale del
pensare o definirsi di destra e di sinistra in un periodo storico in cui destra
e sinistra hanno cambiato totalmente i loro significati originari. Non è questo
il punto per me. Il punto è il ragionamento per compartimenti stagni.
Facciamo un
esempio con un semplice sillogismo aristotelico, partendo da un titolo:
PENSIERO
DEMOCRATICO
§
Un ente
privato non può decidere le sorti di un’istituzione pubblica
§
Twitter è un
ente privato e Trump un rappresentante di un’istituzione pubblica
§
Twitter non
può impedire a Trump di esprimersi
Sia chiaro
che in un sistema democratico nemmeno un ipotetico nuovo Hitler potrebbe essere
censurato (e in questo caso non farei paragoni fuori luogo tra un criminale e
un pagliaccio). I paletti che vengono messi in forma ufficiale e con ricaduta
collettiva all’espressione pubblica di un pensiero, specie se di un personaggio
pubblico eletto, devono essere frutto della decisione di un’istituzione
riconosciuta, come ad esempio dovrebbe essere l’apologia di fascismo. Poi è
chiaro che la storia e le vicende umane vanno sempre ben oltre quello che crede
di stabilire la legislazione democratica, ma non è questo ancora una volta il
punto, adesso.
Il punto è
che il ragionamento settoriale, binario, standardizzato su luoghi comuni
ritenuti giusti all’interno di un sistema invece caotico e incoerente, getta le
funzioni cognitive dell’essere umano in pasto a livelli di manipolazione
altissimi.
Leggere Fanpage ed
essere manipolate/i dalla loro narrazione; tifare Twitter perché
impedisce a un presidente di una Repubblica eletto di esprimersi; schierarsi
cioè con la narrazione capitalista in ascesa contro quella sul momento più
debole, all’interno di una faida tra destre capitaliste (se
vogliamo usare una griglia di interpretazione del sistema politico che abbia a
che fare con il significato storico di destra e sinistra); e allo stesso tempo,
considerarsi democratici e di sinistra senza riconoscere gli interessi di
classe della parte per cui ci si è schierati/e, ma nemmeno il proprio
posizionamento ideologico in una nuova “tecnodestra sovversiva” (quella è per
me) che vota centrosinistra e legge i suoi media – è esattamente la
manifestazione di questa manipolazione sociale di massa.
Al
contrario, la consapevolezza di essere immersi in un sistema
tecnocratico di controllo globale, ovvero avere come parametro geopolitico
interpretativo lo spostamento dei luoghi del potere decisionale verso i grandi
gruppi di investimento finanziario – BlackRock, tanto per citarne
uno non proprio a caso – che a cascata muovono le decisioni politiche di
istituzioni sovranazionali non elette come il Fondo Monetario
Internazionale, indirizzano le strategie delle multinazionali, imboccano
gli organi di informazione e, infine, gestiscono la vita e la legiferazione dei
poteri nazionali con la loro onnipresente articolazione binaria
(centrodestra/centrosinistra) o regionali (come l’UE) – la consapevolezza di
tutto questo è il vero e complesso punto di partenza per decidere di avere un
pensiero che si ritenga vero e giusto per sé, a prescindere dal binarismo di
moda in Occidente funzionale e servo del capitale.
Pensare allo
schieramento di centrosinistra italiano (o laburista inglese, o democratico
statunitense) e a tutti i suoi possibili alleati passati, presenti o futuri,
nel 2023, come a qualcosa che possa essere interpretato partendo dalla
formulazione delle ideologie come lo furono nell’800 – socialismo e anarchismo
a sinistra, liberalismo a destra, tanto per fare gli esempi più noti –
significa per me partire non dalla realtà delle cose ma da una realtà virtuale
in cui il pensiero è intrappolato in una sorta di psicosi
dematerializzante.
LOGOCENTRISMO
E TECNOCRAZIA
Il linguista
russo Jakobson e a seguire la filosofa italiana Muraro hanno definito disturbo
della contiguità il ragionare per luoghi comuni
dematerializzati. Copio un brevissimo pezzo del mio testo Gli
ordini simbolici di metafora e metonimia per provare a darne una
spiegazione:
«Una
persona affetta dal disturbo della contiguità, presenta il problema della
totale dipendenza dal codice linguistico e dell’incapacità di contestualizzare.
In pratica, parla solo attraverso frasi stereotipate. Egli conserva solo delle
“parole-nucleo”, cioè delle parole significative, alla stregua del bambino che
inizia a imparare a parlare, cui non sa associare nulla (se non già associato,
come nel caso dei luoghi comuni) e che non sa declinare o coniugare. All’interno
del codice quindi, la somiglianza diviene identità quando la differenza tra due
termini è lieve o resa solo dal contesto: “Quando viene meno la
capacità di costruire il contesto, il malato, relegato al gruppo di
sostituzione, opera con le similitudini e le sue identificazioni approssimative
sono di natura metaforica” (R. Jakobson, “Due aspetti del linguaggio e due tipi
di afasia”, 1956)»
Il
femminismo italiano, a partire dagli anni Sessanta, ha identificato con logocentrismo o fallogocentrismo lo
strumento di potere linguistico e reale (“simbolico-sociale”) che letteralmente
fa fuori dalla significazione pezzi di vissuto, corpi, emozioni, realtà
materiale, all’interno di una narrazione astratta che gira su stessa, ripete
gli stessi luoghi comuni e si autolegittima in questo modo come regime di
verità. Fondandosi epistemologicamente su schemi preordinati, caselle
interpretative che per funzionare hanno bisogno di piegare a sé stesse
le cose e i fatti. Come la natura veniva piegata alla griglia interpretativa del
metodo induttivo e le streghe venivano soppresse dal legislatore dalle celle
fisiche e morali della società seicentesca, come sosteneva in un famoso
paragone storico il filosofo inglese Francis Bacon, uno dei fondatori della
scienza moderna e protagonista materiale della caccia alle streghe nel suo
ruolo di giudice.
Sono idee
filosofiche queste che hanno attraversato non solo molte pensatrici femministe,
ma anche alcuni (pochi) pensatori maschi della contemporaneità, Nietzsche e
Foucault sono probabilmente i più significativi.
Le radici
dell’epistemologia logocentrica, fortemente radicata nelle società patriarcali
da un certo punto in poi, risiedono probabilmente nella formulazione
platonica del mondo delle idee; l’esito più recente sono le vite delle persone
telecomandate dal mondo virtuale dall’inizio alla fine delle giornate, per il
lavoro, per lo svago, per i rapporti umani e per la stessa sopravvivenza (si
pensi oggi ad un anziano in balia dello Spid).
Nel passo
citato poco sopra, Jakobson parla non a caso di “natura metaforica” in
associazione con il disturbo della contiguità: l’egemonia di una
simbolizzazione metaforica, ormai lessicalizzata quindi divenuta invisibile
(come è invisibile al parlante che il “collo della bottiglia” non sia un collo)
nella cultura occidentale è probabilmente, in modi ancora oscuri perché non
studiati sistematicamente, una delle ragioni di questa perdita di realtà e
della dematerializzazione della nostra civiltà, e quindi forse anche della sua
perdita del senso della vita, dell’alienazione individuale e collettiva.
Muraro, a seguito degli studi jakobsoniani, parla infatti di regime di
ipermetaforicità. (“Maglia o uncinetto”, 1980, ampiamente citato in
questo blog).
TESTO SENZA
CONTESTO
Faccio un
ultimo esempio legato all’attualità, che ha a che fare con l’importanza
della contestualità, per interpretare e comprendere un
fenomeno sociale o politico. E non lo faccio a caso, questo esempio.
Agire
pubblicamente e mediaticamente performatività maschili degeneri,
esprimere riferimenti esplicitamente sessuali, vestirsi “da donna” e truccarsi,
per un uomo, in un contesto come poteva essere ad esempio la televisione e la
società borghese puritana degli anni ’60 e ’70 in Nordamerica o in Europa,
rendeva questi comportamenti altamente destabilizzanti e sovversivi. Fare le
stesse cose in un contesto mediaticamente già ipersessualizzato, con un sistema
di potere che sta cercando da anni di manipolare e sfruttare economicamente
questi comportamenti, farlo cioè nella società borghese tecnoglobale del terzo
millennio, cambia totalmente il portato dello stesso atto performativo. E rende
chi si presta a questo spettacolo una figura fiancheggiatrice e non
destabilizzante per il potere attuale, a meno che non riesca a far passare dei
messaggi che lo mettono in crisi.
Per farla
breve, lo stesso atto performativo fatto da David Bowie e
fatto da Damiano dei Maneskin è un altro atto performativo,
opposto. In mezzo ci stanno fiumi mediatici di parole per giustificare
la manipolazione che fa diventare arte le strategie finanziarie, e ci sta
il disturbo della contiguità per ridurre gli individui a una massa di
ripetitori seriali di luoghi comuni ritenuti cultura. Magari anche cultura di
sinistra.
È un atto
performativo anche il parlare, così come lo scrivere, quindi lo stesso
dis/parallelo si potrebbe fare tra i contesti in cui si sono mossi Mario
Mieli (in foto) e Carla Lonzi, da un lato, e quelli in cui si
muovono Lorenzo Tosa e Chiara Ferragni, dall’altro. Pensare che le prime due
figure possano aver detto le stesse cose che dicono oggi le seconde due, forse
è un’oscenità che fa venire i brividi non solo a me, ma anche a qualcun altro/a
che proviene da una cultura di sinistra.
Ogni
linguaggio e ogni azione vengono modificati e possono cambiare totalmente di
verso in base alle influenze ambientali, cioè alle relazioni di fatti in
cui esistono. Questo avrebbero dovuto saperlo tutti e tutte se le scoperte
culturali e scientifiche, negli ultimi centocinquant’anni, fossero state
davvero diffuse nella società e non fossero state intrappolate e neutralizzate
dall’indottrinamento scolastico e universitario e dalla divulgazione dei media
sottoposti all’epistemologia dominante del regime capitalista.
Decolonizzarsi
dal pinkwashing, dal greenwashing, dall’healthwashing,
dal leftwashing di questi anni e cominciare ad individuare
dove si trovi e dove agisca il potere attualmente, per poter ricominciare a
fare discorsi antagonisti, anticapitalisti, ecologisti, femministi o
quant’altro stia a cuore a chi vuole “un mondo migliore” da un punto di vista
che abbia a che fare con il significato storico della parola “sinistra”,
secondo me, passa inevitabilmente da una terapia di liberazione dal
disturbo della contiguità. Solo così ci si può liberare dalla connivenza
con un meanstream deviazionista che sta annientando da anni qualsiasi istanza
sovversiva rispetto agli interessi criminali della finanza capitalista.
Ma perché
questo possa avvenire occorre preventivamente iniziare un percorso di
liberazione dalla droga capitalista dell’infodemia che rende
il cervello schiavo del regime di verità dei cosiddetti professionisti
dell’informazione – con i suoi corollari di terrore per il complottismo e le
fake news e di odio per chiunque non stia nel sistema binario, esattamente
quello che presta il fianco alla narrazione dominante.
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