(in Italia e non solo) di Moreno Biagioni*
Pace e pacifisti attraverso i secoli – Il pacifismo ha radici che si perdono nella notte dei tempi (come la guerra, peraltro). E’ di 3400 anni fa, all’incirca – per rimanere in ambiti di cui si hanno, più o meno, documentazioni storiche -, il regno del Faraone Amenofi IV (1), in Egitto, durante il quale furono bandite le guerre e le campagne militari (e probabilmente anche la pena di morte).
Otto secoli dopo, in un’altra parte del mondo (ai piedi dell’Himalaya), il principe Siddhartha Gautama, detto il Buddha (l’Illuminato o il Risvegliato) (2) scelse una pratica di pacifismo assoluto.
Un suo seguace, il re dell’India Ashoka (3), fondò il suo regno, per quasi mezzo secolo, sul principio intransigente della non violenza.
Certo, furono esperienze brevi, collocate all’interno di realtà che si basavano fondamentalmente sulla guerra e sulla violenza
I Romani, di lì a poco, alla conquista di un impero immenso, avrebbero coniato la massima, rimasta fino ai nostri giorni come espressione di saggezza, “si vis pacem, para bellum (se vuoi la pace, prepara la guerra)” [intendendo la pace come l’ha definita Tacito (4): “Hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato pace”].
E’ però all’interno di quel mondo imperiale romano, le cui insegne, e le cui leggi, avanzavano al passo cadenzato delle legioni, che nacquero il rifiuto radicale di combattere i propri simili da parte dei cristiani delle origini ed i primi obiettori di coscienza (disposti ad affrontare il martirio piuttosto che imbracciare le armi).
Le parole e gli atti di Gesù al riguardo erano stati molto chiari: egli, infatti, aveva detto che bisognava “porgere l’altra guancia se qualcuno ti schiaffeggia” ed aveva fatto riporre la spada nel fodero al discepolo che intendeva difenderlo dai soldati giunti nell’orto dei Getsemani per arrestarlo.
Tutto ciò non avrebbe, comunque, impedito, successivamente, ai cristiani che detenevano il potere (re, principi, nobili, vescovi e vescovi-conti) di compiere numerose imprese belliche nel nome di Cristo (di indire, fra l’altro, le Crociate, con le morti e le distruzioni che ne seguirono, con il pretesto di liberare dal dominio degli “Infedeli” il suo Sepolcro, in quella Palestina, che fu denominata Terra Santa).
Esperienze “rivoluzionarie” perché pacifiste – Sempre nell’alveo del Cristianesimo, però, si avranno, nel corso dei secoli, alcune esperienze, rivoluzionarie proprio perché pacifiste in modo coerente ed intransigente (“senza se e senza ma”, si direbbe oggi): la prima fra tutte è quella, al limite dell’eresia, di Francesco d’Assisi (5) (che alcune acrobazie revisioniste avrebbero voluto trasformare in un uomo di pace disposto però anche all’uso delle armi – ossia un “pacificatore”, così come sono state definite, con termine improprio e fuorviante, le “missioni” italiane in Iraq e in altre situazioni di conflitto armato -). In seguito vi furono altre esperienze pienamente eretiche (i Catari (6), i seguaci di Fra’ Dolcino (7), i Valdesi (8), e, nell’ambito della Riforma Protestante, la Società degli Amici, fondata in Inghilterra e poi in esilio in America (9) – i suoi membri, denominati spregiativamente Quaccheri [“coloro che tremano”], si manterranno convinti pacifisti, come ce li mostra, in una vicenda ambientata durante la guerra di secessione negli Stati Uniti, il film “La legge del Signore” (10)). E furono proprio gli “Amici Quaccheri” ad affermare solennemente:
“Noi ripudiamo energicamente tutte le guerre e tutte le lotte e ogni combattimento con armi materiali, quale che ne sia lo scopo e quale il pretesto: … e sappiamo che lo spirito di Cristo non ci ispirerà di prender parte ai combattimenti ed alle guerre, contro chicchessia, né per il regno di Cristo, né per i regni di questo mondo.”
Artisti e filosofi per la pace – Anche artisti e filosofi, nel corso del tempo, hanno sostenuto le ragioni dell’umana convivenza e della pace: si possono citare, a titolo d’esempio ed a partire all’antichità, limitandosi al mondo occidentale:
– i greci Sofocle (11), con la tragedia Antigone, e Aristofane (12), con le commedie Lisistrata (vi viene messo in scena lo “sciopero delle mogli – dei talami -” contro la guerra) e “La pace”, dove, appunto, la pace, rinchiusa nella caverna, viene alfine liberata;
– l’umanista Erasmo da Rotterdam (13) (“La guerra cambia gli uomini in bestie feroci … Io non esorto e non prego: imploro. Cercate la pace …”);
– Voltaire, nel 1700 (“… la cosa più straordinaria di questa impresa infernale è che ciascuno di quei capi di assassini fa benedire le proprie bandiere e invoca solennemente Dio prima di andare a sterminare il suo prossimo …”);
– Condorcet (“Quadro storico dei progressi dello spirito umano”);
– Kant (16) (“Per la pace perpetua”).
Mentre la cultura degli illuministi è la prima, in epoca moderna, ad essere pacifista senza riserve, “Per la pace perpetua” di Kant è il primo scritto organico che fa della pace il fine principale del corso storico dell’umanità.
Il pacifismo e l’inutile strage – Nel XIX secolo entra in scena il movimento operaio e socialista.
Ha radici solidaristiche, cooperative, alternative al mondo del potere, della concorrenza, del profitto, in altre parole, ed in sintesi, non violente. Ed ha, nei suoi geni originari, il rifiuto della guerra, che comporta che i proletari di nazioni diverse, in nome della patria, si uccidano a vicenda (“Nostra patria è il mondo intero” cantano invece gli anarchici negli “Stornelli d’esilio” di Pietro Gori e “L’internazionale” è l’inno dei socialisti).
Ma si fa strada anche, piuttosto forte ed infine prevalente, sulla base di una lettura di Marx (17) assai parziale, l’idea che una nuova società si possa costruire solo dopo aver preso il potere, ed averlo difeso, con la forza, com’era stato dimostrato, da un lato dalla Comune di Parigi (18) – che aveva dato “l’assalto al cielo” e che il nemico borghese aveva annientato nel sangue proprio perché i comunardi erano inferiori nei mezzi militari -, dall’altro dalla rivoluzione d’ottobre in Russia, dove i Bolscevichi (19), organizzati ed in armi, erano riusciti a conquistare il “Palazzo d’Inverno” ed a mantenerne poi il possesso, anche con mezzi coercitivi e repressivi.
In Italia, nel 1915, i socialisti ed anche i cattolici, quelli che poi avrebbero dato vita al Partito Popolare, furono contrari all’entrata in guerra dell’Italia. Ma poi, pian piano, a conflitto in atto, la parola d’ordine del Partito Socialista divenne “né aderire né sabotare” (in altri paesi europei i parlamentari socialisti, in nome dell’unità nazionale, ed in barba all’internazionalismo, avevano già votato a favore dei “crediti di guerra”). E, tutto sommato, la voce del Papa (20), che nel 1917 definiva la guerra in corso “un’inutile strage”, risultava piuttosto isolata nello stesso mondo cattolico (trovava piuttosto un’eco nelle parole di Rosa Luxembourg (21), socialista e rivoluzionaria, in carcere in Germania perché contraria alla guerra).
La retorica della morte gloriosa in nome della Patria – “chi per la patria muor, vissuto è assai” – dilagava, frattanto, nei giornali, nei libri, nella musica, nelle canzoni, nei film (erano muti, ma le parole, “dannunzianamente” guerriere, risaltavano nelle scritte fra un fotogramma e l’altro).
In alcuni canti popolari – vedi “Oh! Gorizia tu sei maledetta …” (che si contrapponeva alla visione “eroicamente” lirica di poemi come “La sagra di Santa Gorizia” di Vittorio Locchi (22)) – si aveva invece un’eco del dolore e delle sofferenze provocate dalla sanguinosa guerra di posizione (decine di migliaia di morti per conquistare pochi metri di terreno) e dalla vita di trincea, nonché del sano buon senso di chi continuava a non capire perché ci si dovesse uccidere a vicenda fra persone che non si conoscevano nemmeno e che, nella stragrande maggioranza dei casi, conducevano la medesima esistenza da “poveri cristi” sfruttati.
Dalla vicenda bellica, che aveva prodotto milioni di morti, di feriti, di invalidi (per lo più fra i combattenti – e sarà l’ultima volta: nei conflitti successivi sarà, sempre di più, la popolazione civile a rimanere vittima dei bombardamenti, delle rappresaglie, delle stragi -), nacque una letteratura di rifiuto della guerra in nome dell’umanità e del sentirsi fratelli al di là delle frontiere.
Già nel 1924 l’anarchico e pacifista tedesco Ernst Friedrich aveva mostrato in un libro fotografico, “Guerra alla guerra”, gli orrori del primo conflitto mondiale.
Poco tempo dopo – nel 1929 – uscì, e riscosse un notevole successo, il romanzo “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Erich Maria Remarque (23), anch’egli tedesco (dell’opera furono poi realizzate alcune versioni filmiche (24) – forse il film più bello sulla I Guerra Mondiale è, comunque, “Orizzonti di gloria” di Stanley Kubrich, del 1957 -).
I tentativi di tradurre in politiche nuove l’insegnamento che veniva dalle atrocità della guerra (ad esempio, con la Società delle Nazioni proposta dal Presidente statunitense Wilson (25)) non ebbero basi solide e non andarono quindi molto lontano.
Tanto è vero che ben presto si crearono le premesse per un secondo, ed ancor più tremendo, conflitto mondiale.
Nel frattempo, però, in altre zone del mondo, e cioè in India, ancora parte dell’impero britannico, si stavano sviluppando a livello di massa, sotto la guida del Mahatma Gandhi (26), delle esperienze di lotta non violenta che avrebbero portato la nazione indiana all’indipendenza.
Gandhi, nella sua formazione, era stato influenzato dal pacifismo assoluto a cui era giunto, nei suoi ultimi anni di vita, il grande scrittore russo Leone Tolstoi (27) (che aveva, a sua volta, subito l’influenza delle esperienze “comunitaristiche” avviate, e poi fallite, negli Stati Uniti, nella seconda metà dell’ottocento, ad opera dei membri di quel club trascendentalista che aveva avuto in Henry David Thoureau (28), l’autore del saggio “La disubbidienza civile”, il suo principale esponente).
Pacifismo e non violenza, spesso intrecciati fra loro, rispuntano, quindi, come un fiume carsico, in periodi e luoghi diversi, con caratteristiche anch’esse assai diversificate, ma anche con alcuni tratti comuni.
Si tratta, di volta in volta, di testimonianze singole, di opere di scrittori ed artisti, che comunque esercitano una grande influenza a livello di opinione pubblica, di lotte di madri e di spose (che si sdraiano anche sui binari per impedire che il treno porti via, a combattere, i loro figli e mariti), di scioperi e di azioni di massa che ripropongono la solidarietà operaia e proletaria al di là di ogni frontiera, di interventi animati da una profonda religiosità, di iniziative umanitarie che cercano di alleviare le sofferenze nel mezzo dei conflitti, di forme di disubbidienza e di resistenza passiva che tentano di ostacolare il passo agli armamenti, di movimenti – di scienziati, di intellettuali, di persone comuni – che sostengono la via del disarmo e della convivenza pacifica, di reazioni spontanee agli orrori della guerra.
Si hanno canti, saggi, opere di letteratura, di teatro, di cinema, di altre arti visive, che hanno nel pacifismo la loro principale fonte di ispirazione e che si contrappongono alle produzioni che esaltano i valori e gli orgogli nazionalistici, patriottici, militari, i furori guerreschi, gli “eroi” delle imprese belliche.
Dell’arte e degli artisti pacifisti sono simboli riconosciuti a livello mondiale Pablo Picasso (29), con la sua “colomba della pace” e con il quadro intitolato “Guernica”, e Bertold Brecht (30), con numerose poesie contro la guerra e con il suo detto “Beato il paese che non ha bisogno di eroi”.
E’ indubbiamente un inno alla pace anche l’orazione finale del film “Il grande dittatore”, del 1940, dove Charlie Chaplin impersona sia Adenoid Hynkel, modellato su Adolf Hitler, sia un piccolo barbiere ebreo che gli assomiglia e che, per una serie di circostanze fortuite, ne prende il posto, pronunciando, appunto, il discorso umanitario conclusivo.
I movimenti pacifisti del secondo dopoguerra – Dopo il 1946, dopo, cioè, la tremenda carneficina della seconda guerra mondiale (circa 50 milioni di morti, fra cui moltissimi civili), l’abominio dei campi di sterminio nazisti, lo scoppio delle prime due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, la cultura pacifista riprende vigore e se ne ha qualche eco nelle carte costituzionali e nei trattati internazionali (nella Costituzione italiana, ad esempio, viene introdotto il “ripudio della guerra” come “strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” – l’articolo 11, che nel corso degli anni, è stato violato ripetutamente, con la partecipazione italiana alle guerre nei Balcani, contro l’Iraq … -).
Viene fondata l’ONU, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, che sembra avere migliore
sorte della Società delle Nazioni proposta nel 1919, ma questo sforzo per cercare di risolvere pacificamente le controversie ed avviare il mondo sulla strada di una pace duratura subisce un duro colpo con lo sfaldarsi del grande fronte unitario che aveva battuto il nazifascismo e l’inizio della “guerra fredda” fra il blocco occidentale, con epicentro gli Stati Uniti, e quello dei Paesi del cosiddetto socialismo reale, sotto l’influsso dell’Unione Sovietica.
E’ in questo clima, in cui si sviluppa il confronto atomico fra USA e URSS e si ha una vera e propria corsa al riarmo in entrambi gli schieramenti, che nasce, nel 1948/1949, il movimento dei “Partigiani della Pace”.
Partecipano alla fase costitutiva Picasso, Brecht, Einstein (31), Szilard (32) e ne viene eletto presidente Frederich Joliot Curie (33) (che aveva contribuito, con Szilard, alla realizzazione dell’atomica americana – progetto “Manhattan” -).
Il movimento si estende rapidamente con l’adesione di moltissimi intellettuali ed il sostegno dei partiti operai e dei sindacati.
Nel 1950 lancia un appello antinuclearista (l’appello di Stoccolma) che raccoglie in Italia 15 milioni di firme.
Nel frattempo, sempre nel 1950, è scoppiata la guerra di Corea, in cui si fronteggiano Coreani del Nord, al cui fianco sono i Cinesi – e le armi sono fornite anche dai Sovietici -, e Coreani del Sud, sostenuti da una forza multinazionale a guida statunitense sotto l’egida dell’ONU.
I Partigiani della Pace, riunitisi a Berlino nel 1952, lanciano un nuovo appello: vi si chiede che le truppe straniere si ritirino dalla Corea e che si trovi una soluzione pacifica al conflitto, che siano messe al bando le armi nucleari, che Germania e Giappone non vengano riarmate, che cessino le violenze razziali nei Paesi coloniali.
L’appello ha un successo notevole: viene firmato, in tutto il mondo, da quasi 600 milioni di persone (oltre 16 in Italia).
Ciò dimostra che l’influenza del movimento va al di là dell’area della sinistra, ma, in un clima di anticomunismo sempre più virulento, le accuse ai Partigiani della Pace di essere uno strumento dell’URSS e dei suoi accoliti si susseguiranno ininterrotte (qualcuno definirà “utili idioti” i non comunisti che sottoscrivono gli appelli).
E’ indubbio, comunque, che i partiti di sinistra ne costituiscono una componente forte e che l’URSS ed i suoi satelliti lo sostengono.
La crescita dell’arsenale atomico sovietico, con l’instaurarsi dell’equilibrio del terrore, e la crisi che scuote il comunismo internazionale, con la rivelazione dei crimini di Stalin e l’invasione dell’Ungheria da parte delle truppe del Patto di Varsavia, sono, nel 1956, le cause principali del declino del movimento dei Partigiani della Pace.
Contro il pericolo nucleare – Costituiscono suoi indubbi meriti la denuncia forte e chiara del pericolo nucleare, tanto da far divenire senso comune l’orrore per tali armamenti, e l’avere contribuito ad impedire che le bombe atomiche ed all’idrogeno fossero usate da USA ed URSS nelle molte guerre, più o meno locali, di cui sono stati soggetti attivi, in primo piano o sullo sfondo, in periodi diversi.
E’ proprio sulla base della relazione stretta fra pacifismo e antinuclearismo che nasce nel 1957, per iniziativa del filosofo inglese Bertrand Russell (34), il nuovo movimento denominato “Pungwash” (dal nome della cittadina canadese dove si tiene la sua prima riunione), che si svilupperà sul finire degli anni ‘50 e durante il decennio successivo.
Si fonda sull’appello inviato all’ONU nel 1955 (e scritto da Russell stesso e da Einstein), in cui si afferma: “ … In considerazione del fatto che in qualunque tipo di futura guerra mondiale sarà impossibile non usare la bomba atomica, e che questa bomba minaccia la sopravvivenza dell’umanità, noi impegniamo i governi del mondo ad accettare l’idea – e a renderla pubblica – che nessun progetto politico è più realizzabile attraverso una guerra, e che conseguentemente vanno trovati strumenti pacifici per risolvere qualunque controversia internazionale”.
Einstein ha anche detto che “l’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo
al mondo costruirebbe una trappola per topi”.
In Italia, nel frattempo, accanto ad una presenza notevole dei Partigiani della Pace ed alle iniziative del Sindaco di Firenze Giorgio La Pira (35), volte a creare un collegamento fra le città del mondo al fine di battersi per la distensione e per la coesistenza pacifica (nell’ambito lapiriano nasceranno anche iniziative come quelle della rivista “Testimonianze”, che sulla diffusione di una cultura di pace baserà gran parte della sua attività, e del suo ispiratore Padre Ernesto Balducci, che promuoverà, anni dopo, dei convegni intitolati “Se vuoi la pace, prepara la pace”), si registra l’azione solitaria e tenace di Aldo Capitini (36), apostolo della nonviolenza (scritta senza stacco fra le parole non e violenza per dare maggior vigore al concetto) e fondatore, insieme a Pietro Pinna (37), del Movimento Nonviolento italiano, aderente al Movimento Internazionale dei Resistenti alle Guerre e di cui sono stati esponenti importanti pure Danilo Dolci, impegnato in Sicilia contro la mafia, e Alberto L’Abate, docente universitario all’Università di Firenze e autore di molte opere, fra cui una su Gramsci e la nonviolenza. A Firenze sarebbe sorta, anni dopo, ad opera di L’Abate e di Gigi Ontanetti (37 bis) la “Fucina della nonviolenza”, espressione di quel movimento. A Gigi è stata intitolata recentemente la “Piccola Scuola di Pace” dell’Isolotto, coordinata da Giovanni Scotto.
E’ di Capitini l’idea, nel 1961, in un momento di gravi tensioni nel mondo, della Marcia della Pace Perugia-Assisi, a cui partecipano diversi intellettuali, di area social-comunista, cattolica, azionista (Giovanni Arpino, Italo Calvino, Andrea Gaggero, Renato Guttuso, Arturo Carlo Jemolo, Guido Piovene, Ernesto Rossi) e che diverrà, a partire dal 1979, quando riprenderà dopo un’interruzione di 18 anni, un appuntamento importante del pacifismo italiano, e che continua ancora oggi con cadenze biennali, ed anche annuali, suscitando partecipazioni dell’ordine delle decine e, in situazioni di particolare gravità – con guerre in atto o all’orizzonte -, delle centinaia di migliaia di persone.
La nonviolenza e il movimento di Resistenza al nazifascismo – Va sottolineato che la nonviolenza come fattore attivo di trasformazione (e non rassegnata accettazione dell’esistente) ha avuto un suo spazio anche durante il grande movimento europeo di Resistenza al nazifascismo – un movimento che fu in gran parte lotta armata -.
Si possono citare in proposito gli episodi avvenuti in Danimarca – dove si riuscì, con un ampio coinvolgimento della popolazione, durante l’occupazione tedesca, a mettere in salvo, con il trasferimento nella vicina Svezia, non occupata, gran parte degli ebrei residenti (e dove, a Copenaghen, tutti i commercianti misero nei propri negozi il simbolo imposto ai negozianti ebrei) – ed in Norvegia – dove gli insegnanti si rifiutarono in blocco di usare i testi che i nazisti avevano ordinato di adottare (alla fine gli occupanti fecero marcia indietro rispetto a tale ingiunzione) -. Ma anche gli scioperi operai del ‘43 in Italia, nel territorio della cosiddetta Repubblica di Salò, il sostegno dato, a livello popolare, ai prigionieri fuggiti dai campi di concentramento, l’appoggio dato ad ebree ed ebrei, per impedire che fossero catturati e deportati nei lager, si inseriscono indubbiamente in tale filone.
L’azione armata dei gruppi partigiani fu resa possibile dal cibo fornito loro dai contadini, dal fatto cioè che le bande sui monti erano l’espressione combattente di un sentimento diffuso di ostilità ai nazi-fascisti: tale sentimento si manifestava con modalità diverse, anche, fa l’altro, attraverso la diffusione di una stampa clandestina con cui si incitava alla lotta e si proponeva una società del tutto diversa.
Certo, contro la barbarie dei regimi di Hitler e di Mussolini, contro la loro opera distruttrice dell’umanità, dello stesso senso di umanità, è stato necessario prendere le armi. Lo riconosce anche don Milani nella sua “Lettera ai Giudici”, scritta quando fu incriminato per la sua difesa dell’obiezione di coscienza al servizio militare.
Il prendere le armi ha avuto un valore più grande quando sono state le persone non inquadrate in veri e propri eserciti a farlo e sono salite sui monti, spinte in primo luogo da un profondo desiderio di giustizia e di libertà.
In alcune situazioni scelte del genere risultano inevitabili ancora oggi: nel Rojava, ad esempio, dove il popolo curdo è stato, ed è, costretto a battersi, prima contro l’Isis, quando ha difeso anche noi dal fondamentalismo islamico, poi, abbandonato da tutti, contro i turchi del “sultano” Erdogan (che fa parte della NATO), per difendere il proprio progetto di “confederalismo democratico”, basato sulla parità di genere, sull’interculturalismo, sulla tutela dell’ambiente.
Durante la 2^ Guerra Mondiale, comunque, ci furono anche esperienze di resistenza non violenta, come abbiamo già indicato a proposito della Danimarca e della Norvegia.
Un esempio significativo di tale tipo di resistenza lo troviamo rappresentato poeticamente in un libro francese, “Il silenzio del mare” di Vercors (38), diffuso, su direttiva di De Gaulle (39), nella Francia occupata: un anziano signore e la sua giovane nipote, costretti ad ospitare un ufficiale tedesco, si rifiutano per mesi di rivolgergli la parola, nonostante tutti i suoi sforzi di attaccare discorso, parlando di musica, di arte, di letteratura, delle bellezze della Francia – essi si oppongono all’invasore con il muro del silenzio -.
Crisi, guerre, processi distensivi negli anni ‘60 e ‘70 – Tornando alle vicende del dopoguerra, dobbiamo registrare che nel corso degli anni ‘60 il mondo va molto vicino alla catastrofe finale (si pensi alla crisi causata dall’invio dei missili sovietici a Cuba, crisi risolta con il prevalere del buon senso e con il ritiro dei missili, già in viaggio, da parte dell’URSS), e, di contro, vede anche il verificarsi di fatti positivi, pur se di breve durata, come l’avvio di processi distensivi, ad opera di Kennedy (40) e di Krusciov (41) (sono loro a dare una soluzione positiva alla crisi dei missili sovietici a Cuba), con il sostegno di Papa Giovanni XXIII (42), che, con l’enciclica “Pacem in terris”, in cui si lega il concetto di pace a quello di giustizia sociale, licenzia uno dei testi più pacifisti prodotti dall’Alto Magistero della Chiesa.
Il movimento per la pace, anche se lancia dall’Inghilterra nuove mobilitazioni sotto forma di campagne per il disarmo nucleare unilaterale, è sulla difensiva e non è in grado di sviluppare ulteriormente il collegamento con la tematica della nonviolenza.
E’ tempo di guerre, comunque: quella del Vietnam terrà la scena per molti anni e proprio contro la presenza dell’esercito statunitense sul suolo vietnamita, a difesa del regime corrotto di Saigon, si svilupperà con grande forza, a partire dalle università americane, un movimento di respiro mondiale, che si intreccerà con il moto libertario ed anti-autoritario del ‘68, si esprimerà con le canzoni di Joan Baez (43) e Bob Dylan (44), farà proprio lo slogan degli “hippies” “Fate l’amore, non fate la guerra”.
E’ un movimento che vuole la pace, ma è anche decisamente schierato contro l’intervento USA ( e non tutto definibile come pacifista – nelle manifestazioni risuona anche lo slogan “Vietnam vince perché spara -).
Prosegue intanto in Italia, anche se non a livello di massa, l’azione per l’obiezione di coscienza al servizio militare, che sarà ammessa e regolamentata nel 1972, con una legge molto restrittiva, e nel 1982, con una normativa più ampia: coloro che obiettano continuano ad essere incarcerati ed in loro favore intervengono, sulle orme di don Primo Mazzolari (45), padre Ernesto Balducci (46) e don Lorenzo Milani (47) (verranno entrambi processati in seguito a questi interventi – don Lorenzo non verrà condannato perché morirà prima della fine del processo che lo riguardava -).
La lotta contro l’installazione dei missili nucleari – Dopo la sconfitta degli Stati Uniti nel Vietnam, nel 1975, si avvia una nuova fase, anch’essa assai breve, di distensione fra le due massime potenze mondiali e si ha la Conferenza di Helsinki, in cui si inizia a discutere della riduzione degli armamenti.
Ma in effetti la competizione sul piano militare riparte quasi subito.
L’URSS costruisce gli SS20, dei missili molto veloci (e successivamente occuperà l’Afghanistan); gli USA e la NATO installano missili di notevole potenza, i Pershing ed i Cruise, in vari Paesi europei, fra cui l’Italia; il movimento per la pace riparte con l’obiettivo centrale del superamento dei blocchi – “dalla Sicilia alla Scandinavia NO alla NATO ed al Patto di Varsavia” – (da notare che la dirigenza del PCI, o meglio la sua maggioranza, si limita a richiedere, pragmaticamente, il riequilibrio dei blocchi e non il loro superamento).
Dopo che il Parlamento ha approvato, alla fine del 1979, l’installazione dei missili in Italia ed ha individuato, l’anno successivo, il luogo dove installarli – Comiso, in Sicilia – il pacifismo nostrano (sinistre extra-parlamentari e comunisti in prevalenza, ma anche una forte componente cattolica + le attivissime minoranze del movimento nonviolento) dispiega tutto il suo potenziale, nel quadro della mobilitazione europea contro i missili, per cercare di ostacolare tale atto: riprendono con regolarità le marce Perugia-Assisi; si organizzano alcune grandi manifestazioni a Roma (quella del 22/11/1983 vede un milione di partecipanti) e molte manifestazioni locali; si costituiscono comitati per la pace in tutto il Paese; si raccolgono firme, specialmente in Sicilia (sotto la spinta del segretario del PCI siciliano, Pio La Torre, che il 30 aprile 1982 verrà ucciso dalla mafia, molto interessata alla costruzione della base missilistica); si acquistano, tramite una sottoscrizione popolare, i terreni intorno alla zona su cui sorgeranno le rampe missilistiche, realizzandovi campeggi di militanti e pensando di costruirvi un Centro per la Pace; si moltiplicano digiuni e petizioni; si attua su parte del territorio nazionale un referendum autogestito; si va con una lunga marcia da Milano a Comiso sulla base di un appello firmato da alcuni intellettuali, fra cui Umberto Eco (48); si fanno a Comiso vari campi estivi – nell’estate del 1983, il campo estivo IMAC (International Meeting Against Cruise) culmina in tre giornate di blocco dei lavori della base, con una feroce repressione da parte delle forze di polizia -.
L’obbiettivo del disarmo nucleare – Nel frattempo si sono tenute due Conferenze Europee per il Disarmo Nucleare, una a Bruxelles nel 1982, l’altra a Berlino nel 1983 (alla loro preparazione ha lavorato, prima di morire nel novembre 1982, Lucio Lombardo Radice (49), intellettuale comunista da sempre su posizioni pacifiste e fautore del dialogo con i cattolici), e si sono susseguite iniziative pacifiste in varie parti d’Europa.
Il movimento assume posizioni nettamente disarmiste anche in Italia, provocando accese discussioni nel PCI, dove come abbiamo già accennato, prevalgono, nonostante una notevole simpatia del suo segretario Enrico Berlinguer (50) per i pacifisti, le indicazioni per un riequilibrio delle forze in campo, con un disarmo progressivo e bilanciato.
Figure oggi dimenticate, e che sarebbe invece opportuno ricordare, hanno avuto un ruolo determinante nel salvare il mondo dalla catastrofe nucleare: pensiamo al tenente colonnello sovietico Petrov – indubbiamente un “pacifista ad honorem” -, che, in un clima ancora di guerra fredda (nel 1983), non dette seguito a ciò che il protocollo gli prescriveva, di passare cioè alla immediata ritorsione dopo che aveva riscontrato un allarme, poi rivelatosi falso, circa il lancio di missili balistici intercontinentali da parte degli Stati Uniti. In lui prevalse il buon senso ed a lui quindi dobbiamo tutti noi se l’umanità non è tornata all’età della pietra (siamo ormai consapevoli infatti che, dopo una guerra atomica, i conflitti successivi verrebbero combattuti dai non molti sopravvissuti con le clave).
Dopo Cernobyl (51) la lotta al nucleare militare s’intreccia con quella al nucleare civile.
Il pacifismo si collega all’ambientalismo ed al femminismo e ne riceve nuovi stimoli.
Stanno maturando sul campo i contenuti ed i dirigenti che porteranno al salto di qualità che caratterizzerà il movimento nell’ultimo decennio del secolo (è in questo contesto che emerge, fra diverse altre, la figura di Tom Benetollo (52), morto nel 2004 a 53 anni, mentre, da presidente dell’ARCI, stava dando nuovi impulsi alla lotta per la pace ed anche alle prospettive della sinistra nel nostro Paese).
Il “movimento dei movimenti” ed il pacifismo del XXI secolo – Crollato il “Muro di Berlino” (1989) ed imploso l’ “impero” sovietico, molti hanno pensato che, finita la contrapposizione tra i blocchi, si potesse finalmente costruire per i popoli del mondo quella “pace perpetua” auspicata da Kant. Ma l’illusione è stata breve. Agli inizi degli anni ‘90, con la prima guerra all’Iraq, i pacifisti tornano in piazza.
Al Parlamento italiano la sinistra di opposizione, ansiosa di modernizzarsi (e di dimostrarsi così non “ideologica” e perciò di essere affidabile come “partito di governo”), comincia ad avere dubbi sull’assumere posizioni negative intransigenti nei confronti dei conflitti armati.
Pietro Ingrao (54), prestigioso leader comunista, fa risuonare comunque alto e chiaro il suo no alla guerra nelle aule parlamentari (e sarà un punto di riferimento anche per i nuovi movimenti pacifisti).
Le parole di Padre Balducci, allo scoppio del conflitto del Golfo nel 1991, hanno un carattere profetico, anticipando gli eventi del periodo successivo, fino ai giorni nostri:
“L’orizzonte 2000 … non è più come era prima dell’evento. Il suo asse si è spostato; se non sono crollati, si sono fatti vacillare gli spazi istituzionali, come l’ONU, dai quali fino a qualche mese fa ci era possibile guardare al futuro, anzi è vacillata una delle certezze che apparivano come un punto di non ritorno della modernità, il ripudio della guerra”.
Per il movimento pacifista l’impegno contro la guerra non avrà soste, perché, terminata la guerra del Golfo, si svilupperanno, nel corso del decennio, i conflitti scaturiti dalla deflagrazione della ex-Jugoslavia, un ciclo che si chiuderà nel 1998 con l’attacco alla Serbia da parte della NATO.
Operazioni di polizia e guerre umanitarie – Dalla guerra “operazione di polizia”, contro l’Iraq, si è passati alla guerra “umanitaria”, contro la Serbia, in cui si massacrano, tramite i bombardamenti, uomini, donne e bambini per salvare – questa è la ragione umanitaria del conflitto – altri uomini, donne e bambini dal massacro della pulizia etnica.
I pacifisti non si limitano a manifestare a casa loro, ma si recano nei luoghi dove la guerra infuria a cercare di fare opera di interposizione, ad attivare interventi di cooperazione, a cercare collegamenti con la società civile locale per tentare di fermare la logica perversa della guerra. Hanno anch’essi i loro caduti, ma i grandi organi d’informazione continuano a chiedersi: “Dov’è adesso il movimento per la pace? Dove si dono nascosti i pacifisti (o “panciafichisti”, come qualcuno, spregiativamente, li chiama)?”
Eppure sono loro a tenere alto il principio costituzionale del “ripudio della guerra” che il Parlamento, nella sua stragrande maggioranza, ignora.
Le marce Perugia-Assisi si fanno sempre più partecipate (con un grande e positivo mescolarsi di gruppi di persone, di striscioni, di slogan – scout e circoli parrocchiali avanti, o dietro, a pervicaci comunisti di Rifondazione, ritratti di Che Guevara (55) accanto a immagini di Gandhi, canti della tradizione anarchica e socialista insieme a “We shall overcome” – ed anche con qualche elemento di confusione, perché prendono parte alle Marce pure coloro che hanno approvato i bombardamenti).
Il movimento dei Social Forum – Ma è all’alba del terzo millennio che una nuova linfa comincia a scorrere nelle vene del pacifismo, una linfa che scaturisce dal movimento dei movimenti del Social Forum, quello contro la globalizzazione imposta dai poteri forti (Seattle (56), Porto Alegre (57), Genova (58), Firenze (59), Mumbay (60), Parigi St. Denis (61), Londra (62) sono le tappe più importanti che ne segnano il cammino).
Si diffonde così, e diviene senso comune, la presa di coscienza del divario crescente fra Nord e Sud del mondo, dell’accumularsi di ingiustizie che gravano sull’80% dell’umanità, di una situazione che è essa stessa causa di conflitto.
La pace, e la lotta contro la guerra ed il terrorismo che si alimentano a vicenda, si impongono fra gli obiettivi principali del movimento dei movimenti o movimento no-global.
Dopo l’attacco terroristico alle Torri Gemelle di New York si susseguono, condotte dal
governo USA e dai suoi alleati, la guerra all’Afghanistan e quella all’Iraq.
Lo schieramento pacifista ha ormai una dimensione mondiale, tanto è vero che, dopo la grande giornata di mobilitazione per impedire che si scateni la guerra all’Iraq (110 milioni di persone scese in centinaia di piazze in tutto il mondo), il “New York Times” parla dei pacifisti come della seconda potenza mondiale.
Ma la logica di guerra, a livello di potere, continua a prevalere.
Accanto ai conflitti principali, su cui si accentra l’attenzione, vi sono decine di cosiddette guerre dimenticate, che provocano anch’esse morti, feriti, profughi, immani sofferenze.
Un impegno non rispettato – Se don Milani ed i ragazzi della Scuola di Barbiana facessero oggi la ricerca che avevano condotto oltre cinquant’anni fa – se esistesse o meno una guerra giusta alla luce dell’articolo 11 della Costituzione – avrebbero l’amara sorpresa di vedere che l’Italia ha partecipato a varie guerre, nonostante il “ripudio” (una parola significativa, più forte del semplice “rifiuto”) scritto a chiare lettere nella Carta costituzionale, nei circa 70 anni trascorsi dalla sua approvazione.
Il “ripudio” dei/delle Costituenti era frutto della loro esperienza, della conoscenza diretta che essi avevano avuto degli orrori, delle sofferenze, delle distruzioni che i conflitti bellici provocavano, in special modo, sempre di più, per la popolazione civile.
Una conoscenza maturata durante le imprese coloniali del fascismo (frutto dell’aspirazione “mussoliniana” a porre l’Italia nel novero delle grandi potenze imperialiste), durante la partecipazione – vedi la Spagna – alle aggressioni reazionarie, sostenute dal nazismo, a ordinamenti repubblicani scelti dal popolo e, soprattutto, durante l’immane tragedia della II guerra mondiale, che aveva costretto gli italiani e le italiane che intendevano opporsi alla barbarie nazi-fascista a prendere le armi nella lotta partigiana, a sostegno delle truppe dei Paesi unitisi (dall’URSS agli Stati Uniti, dal “paese dei soviet” a quello capitalista per eccellenza) contro la minaccia per l’intera umanità costituita dalla Germania hitleriana e dai suoi alleati.
Una guerra per porre fine a tutte le guerre – Nelle aspirazioni di chi aveva preso le armi, specialmente di chi lo aveva fatto sulla base “di un patto giurato fra uomini liberi che volontari si adunarono per dignità e non per odio decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo” (per usare la bella definizione che dette dei partigiani Piero Calamandrei nella sua epigrafe “Lo avrai, camerata Kesselring, il tuo monumento …”), si trattava di una guerra che avrebbe posto fine a tutte le guerre, dando inizio ad un’epoca in cui giustizia e libertà avrebbero trionfato ovunque.
Purtroppo, tutto ciò non si avverò ed i conflitti armati ripartirono quasi subito, in varie parti del mondo, anche se la deterrenza atomica (le due potenze principali – USA ed URSS -, divise ormai dalla “guerra fredda”, possedevano entrambe le armi nucleari) evitò una nuova conflagrazione mondiale.
La guerra oggi è, nuovamente, anche sul suolo europeo, nell’Ucraina che subisce l’aggressione della Russia.
L’Europa, invece di inviare armi al Paese aggredito, dovrebbe operare perché si giunga al più presto al cessate il fuoco e si intraprendano le strade della diplomazia e della mediazione, anche attraverso una Conferenza Internazionale, per superare i problemi esistenti.
Per ora, però, si è scelto la via opposta.
La pace prima di tutto – Che fare allora? Quali prospettive per chi crede che la pace venga comunque prima di tutto?
Occorre far sì che riprenda vigore il movimento pacifista (che periodicamente sembra quasi scomparire, sopraffatto dalle disillusioni e dagli insuccessi, per poi rientrare in gioco con rinnovata energia), immettendolo in tutte le articolazioni della società, collegando sempre di più il suo percorso a quello della nonviolenza, ricercando forme più efficaci per incidere sulla politica istituzionale, riprendendo modalità e tecniche sperimentate in passato da ristrette elites, ma che varrebbe la pena cercare di estendere in ambiti più ampi (penso all’obiezione fiscale alle spese militari), avviando un confronto, che coinvolga le istituzioni, su iniziative come la difesa popolare non armata e nonviolenta (già negli anni ‘80 terreno di esperienze da parte di alcuni piccoli comuni), sviluppando i rapporti con gli enti locali per portare avanti insieme interventi di cooperazione internazionale decentrata e di diplomazia dal basso (nell’ottica delle indicazioni contenute, all’inizio di questo secolo, nella Carta del Nuovo Municipio (63)).
Pacifismo, ambientalismo, antifascismo – Pacifismo e ambientalismo sono facce della stessa medaglia e fanno un tutt’uno con l’antifascismo, di cui dobbiamo recuperare il valore fondante della nostra democrazia, alla luce della nostra Carta costituzionale, in un momento che vede ricomparire, con i neo-fascisti al governo, azioni squadriste e comportamenti inumani, con il rischio che il tutto passi nell’indifferenza generale.
Il nazionalismo, tipico dei fascismi di ogni epoca, oggi si esprime attraverso il sovranismo, che si affianca ad affermazioni come “prima gli italiani”, o “solo gli italiani”, tradotte poi
– in atti di respingimento dei/delle migranti,
– in attacchi alle ONG, che salvano i naufraghi in mare,
– nella non approvazione di leggi dovute come quella dello “jus soli”, che riconosce la cittadinanza a chi è nato in Italia o vi risiede da un certo numero di anni – già derubricata a “jus scholae”, che la riconosce invece a chi vi ha compiuto gli studi -.
Mentre sarebbe necessario, per dare un altro taglio alla globalizzazione, improntare la nostra azione alla già citata affermazione “nostra patria è il mondo intero”.
Il futuro dell’umanità passa attraverso la scelta di porre finalmente la guerra “al di fuori della storia” e, nello stesso tempo, di riuscire a tradurre in comportamenti diffusi e condivisi quelli che sono attualmente iniziative di gruppi ristretti, che si pongono con determinazione e continuità contro-corrente.
Esperienze contro-corrente – Penso, per fare qualche esempio collegato alla realtà fiorentina, all’esperienza di Mondeggi “fattoria senza padroni” e di “Contadino clandestino”, all’attività, nel campo dello sport, dell’associazione Lebowski, alla mobilitazione intorno ai lavoratori ed alle lavoratrici della GKN, che è riuscita ad aggregare molte energie a livello sociale, costituendo un punto di riferimento sul territorio, a livello locale, e non solo, alle occupazioni di immobili e spazi pubblici inutilizzati che li fanno divenire “beni comuni”.
Se ieri gli obiettivi del movimento pacifista potevano essere considerati utopici, oggi si dimostrano, sempre di più, di un estremo realismo. Perché è ad essi, da intrecciare con quelli della riconversione ecologica (per cui occorrono politiche ed anche comportamenti individuali radicalmente diversi), che si collega la speranza di sopravvivenza dell’umanità. E la pace deve essere realizzata non solo fra le nazioni e fra le persone, ma anche con gli altri esseri viventi, con la natura, con l’ambiente.
Non si tratta solo di rifiutare – di “ripudiare”, per usare il termine che troviamo nell’articolo 11 della Costituzione – la guerra e la violenza, ma anche di impegnarsi per costruire quell’altro mondo possibile, e sempre più necessario, che era nella prospettiva dei Social-forum dei primi anni 2000. In questo caso, non ci sono davvero alternative, come sosteneva Margareth Thatcher, ma in tutt’altro senso: o riusciamo, con una riconversione, che è, nello stesso tempo, economica, sociale, politica, a modificare radicalmente scelte e comportamenti, a livello collettivo e individuale, oppure la sorte dell’umanità è segnata (e i tempi utili per “riconvertirsi” si vanno sempre più restringendo).
Restare umani – Il “restare umani” (come diceva Vittorio Arrigoni, ucciso mentre era impegnato in iniziative a sostegno della popolazione palestinese), è la base comune di tale riconversione, il che significa tornare a dimensioni e modalità, nelle città, che permettano le relazioni fra le persone ed abbiano spazi ed occasioni per incontrarsi, per socializzare, per attività di mutuo soccorso, all’insegna della solidarietà e della cooperazione, con una netta inversione di rotta rispetto alle logiche dell’individualismo, della concorrenza, della rincorsa al successo, dell’essere ciascuno/a imprenditore e imprenditrice di se stesso/a, logiche dominanti a partire dalla fine degli anni ‘70 (e che si sono oggi “incattivite”, con notevoli tratti di disumanità).
Occorre, in altre parole ed in conclusione, cambiare radicalmente il vecchio motto “se vuoi la pace, prepara la guerra”, ritenuto per tanto tempo indicazione saggia e virtuosa.
Se vuoi la pace, per dirlo con le parole di Padre Balducci, opera, in ogni occasione ed in ogni momento, per preparare e costruire, pazientemente e con costanza, la pace. Che è,
nello stesso tempo, il presupposto ed il frutto dell’indispensabile azione per trasformare in profondità il mondo.
Note:
1) Amenofi IV: faraone egiziano della XVIII dinastia; regnò dal1367 al 1350 a. C..
2) Buddha: titolo con cui è designato il nobile Siddhartha Gautama; nato a Kapilavastu, nell’India settentrionale, visse dal 565 al 486 a. C. (circa). Fondatore del buddhismo.
3) Ashoka: re indiano della dinastia Maurya; regnò su quasi tutta l’India dal 274 al 237 a. C. (circa).
4) Tacito Cornelio: storico romano; visse dal 54/55 al 120 (circa) dell’era cristiana.
5) Francesco d’Assisi: nato nel 1182, ad Assisi, morto nel 1226; dalla prima comunità che si raccolse intorno a lui, ed a cui assegnò la regola evangelica dell’assoluta povertà, derivarono tre ordini francescani. Fu messaggero di pace in Oriente. Fu poi fatto santo.
6) Catari: quello dei Catari fu un movimento cristiano eretico (naturalmente secondo la Chiesa ufficiale) che si diffuse in Europa nei secoli XI e XII.
7) Fra’ Dolcino: nacque in Val d’Ossola nel 1250 (circa), morì a Novara nel 1307. Seguace dei gioachimiti, di coloro cioè che si rifacevano alle profezie di Gioacchino da Fiore, ne radicalizzò le posizioni e promosse un movimento cristiano al di fuori della Chiesa. Fu arso vivo.
8) Valdesi: seguaci di Pietro Valdo, riformatore religioso francese del secolo XII, costituirono un movimento ereticale che si trasformò poi, nel secolo XVI, in Chiesa Protestante.
9) Società degli Amici (detti anche Quaccheri): movimento protestante fondato in Inghilterra da George Foxnel nel 1624. I suoi membri furono poi esiliati in America. Sono ancora presenti negli
Stati Uniti ed hanno posizioni antirazziste e pacifiste
10) “La legge del Signore – L’uomo senza fucile (Friendly persuasion)”: film di William Wyler del 1953.
11) Sofocle: nato a Colono nel 496 e morto nel 406 a. C., greco autore di tragedie (gliene sono attribuite 130, di cui 7 giunte fino a noi).
12) Aristofane: nato nel 445 e morto nel 585 a. C.(circa) ad Atene, commediografo greco (sono giunte fino a noi 11 delle 40 commedie a lui attribuite).
13) Erasmo da Rotterdam: umanista olandese, visse dal 1466 o 1469 al 1536. Figura centrale della cultura europea del tempo, scrisse il saggio “Elogio della pazzia”.
14) Voltaire pseudonimo di Francois-Marie Arouet: scrittore e filosofo francese. Visse dal 1694 al 1778. Scrisse il “Trattato sulla tolleranza”.
15) Condorcet (Marie-Jean-Antoine Caritat, marchese di): matematico e filosofo francese, enciclopedista. Visse dal 1743 al 1794.
16) Immanuel Kant: filosofo tedesco, tra i più grandi dell’età moderna. Visse dal 1724 al 1804.
17) Karl Marx: filosofo, economista e uomo politico tedesco. Nato a Treviri nel 1818, morto a Londra nel 1883. Scrisse “Il Capitale”, teoria scientifica generale degli antagonismi di classe nella società capitalistica. Autore, con Friedrich Engels, del “Manifesto del partito Comunista” (1848).
18) Comune di Parigi: movimento rivoluzionario francese che ebbe il suo centro nella municipalità di Parigi (dal 18/3 al 28/5 del 1871), dove fu realizzata, per un periodo molto breve, la prima forma di autogoverno operaio e popolare.
19) Bolscevichi: frazione di sinistra del Partito Operaio Socialdemocratico russo. Artefici della rivoluzione sovietica del 1917 (la Rivoluzione di Ottobre).
20) Papa Benedetto XV: al secolo Giacomo Della Chiesa (Genova 1854 – Roma 1922). Eletto papa nel 1914.
21) Rosa Luxembourg: nata il Polonia nel 1871, fu fra i maggiori esponenti della corrente rivoluzionaria in seno al Partito Socialdemocratico tedesco. Fra i fondatori del 12
Partito Comunista di Germania – Lega di Spartaco (1918). Assassinata nel gennaio del 1919.
22) Vittorio Locchi: nato a Figline Valdarno nel 1889, caduto in guerra a Capo Matapan nel 1917.
23) Erich Maria Remarque: scrittore tedesco vissuto dal 1898 al 1970.
24) “All’ovest niente di nuovo”: versione filmica (regista Lewis Milestone – USA 1930)
del romanzo “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Erich Marie Remarque.
25) Thomas Woodrow Wilson: uomo politico statunitense, del Partito Democratico, vissuto dal 1856 al 1924. Presidente degli Stati Uniti dal 1913 al 1921.
26) Mohandas Karamchand Gandhi detto il “Mahatma”, ossia “Grande Anima”: uomo politico indiano vissuto dal 1869 al 1948. Principale artefice dell’indipendenza dell’India, raggiunta nel 1947 attraverso lotte basate sulla non violenza e sulla disubbidienza civile.
27) Lev Nikolaevic Tolstoi: scrittore russo vissuto dal 1828 al 1910. La sua opera è una delle più grandi espressioni della letteratura ottocentesca (“Guerra e pace”, “Anna Karenina”, “Resurrezione”).
28) Henry David Thoreau: scrittore statunitense appartenente al gruppo dei “trascendentalisti”. Visse dal 1817 al 1862.
29) Pablo Picasso: pittore e scultore spagnolo, visse dal 1881 al 1973 (nel 1904 si stabilì in Francia). Massimo esponente della corrente artistica del “cubismo”. Antifascista, fu vicino al Partito Comunista Francese.
30) Bertold Brecht: scrittore tedesco, autore di poesie, di opere di teatro e narrative; di ispirazione marxista. Visse dal 1898 al 1956. Oppositore del nazismo, fu esule dal 1933 al 1949. Tornò poi nella Germania dell’Est, dove fondò il “Berliner Ensemble Theater”.
31) Albert Einstein: fisico tedesco, naturalizzato svizzero (Ulm 1879-Princeton 1955). Enunciò la teoria della relatività generale (1916), che rivoluzionò il suo campo di ricerca. Premio Nobel per la fisica nel 1921. Antinazista, si trasferì negli USA all’avvento di Hitler in Germania.
32) Leo Szilard : fisico statunitense di origine ungherese (1898-1964).
33) Frederich Joliot-Curie: fisico francese (1900-1958). Con la moglie, Irene Curie, esponente importante della Resistenza francese.
34) Bertrand Russell: logico e filosofo inglese (1872-1970). Nobel 1950 per la letteratura.
35) Giorgio La Pira: giurista (Pozzallo 1904-Firenze 1977) – Fu sindaco ‘ di Firenze dal 1951 al 1957 e dal 1961 al 1966.
36) Aldo Capitini: filosofo ed educatore (Perugia 1899-1968). Teorico della non violenza, fu tra i fondatori del Partito d’Azione.
37) Pietro Pinna: primo obiettore di coscienza al servizio militare in Italia. Con Aldo Capitini, cofondatore del Movimento di Azione Nonviolenta.
37 bis) Pierluigi (Gigi) Ontanetti: nasce a Firenze il 12/11/1956; vive dal 1959 nel quartiere dell’Isolotto ed all’interno di quell’esperienza matura la sua scelta nonviolenta. Educatore scout.
Lavora come operaio edile. Partecipa ad iniziative di pace nel Sudafrica dell’apartheid, in
Congo, in Kossovo, in Palestina e, con “Beati i Costruttori di Pace”, a Sarajevo, dov’è presente quasi ininterrottamente durante l’assedio, negli anni 1993 e 1994. La sua morte, provocata dal cancro insinuatosi nel suo sangue in Kosovo a causa dell’uranio impoverito presente su quel territorio in seguito ai bombardamenti NATO, avviene il 16/2/2017. Ci ha lasciato un libro, “Un sorriso vi salverà – Pensieri di un Piccolo Uomo”, in cui sono raccolti alcuni suoi scritti.
38) Vercors, pseudonimo di Jean Bruller: scrittore francese (1902-1991).
39) Charles De Gaulle: generale e uomo politico francese (1890-1970). Presidente del governo provvisorio all’estero durante l’occupazione tedesca della Francia, in contrapposizione con il governo collaborazionista di Vichy, fu poi presidente dei francesi dal 1958 al 1969.
40) John Fitzgerald Kennedy: uomo politico statunitense (1917-1963). Fu presidente degli Stati Uniti dal 1960 al 1963. Assassinato a Dallas in seguito ad un complotto, su cui non è ancora stata fatta chiarezza. 41) Nikita Sergeevic Krusciov: uomo politico sovietico (1894-1971). Segretario generale del PCUS dal 1953 al 1964. presidente dell’URSS dal 1958 al 1964. Sostenne la politica di coesistenza pacifica con l’Occidente capitalistico.
42) Papa Giovanni XXIII: al secolo Angelo Giuseppe Roncalli, nato a Sotto ilMonte
nel 1881, morto a Roma nel 1963. Fu papa dal 1958 al 1963. Convocò il Concilio Vaticano II, nel segno dell’aggiornamento della dottrina e della pratica della Chiesa (nonché del dialogo entro la Chiesa – e tra la Chiesa e il mondo -.
43) Joan Baez: statunitense, cantante e autrice di canzoni (nata nel 1941). Ha dato voce agli ideali del movimento pacifista.
44) Bob Dylan: statunitense, cantante ed autore di canzoni (nato nel 1941). Negli anni ‘60 e ‘70, fondendo folk e rock, fu simbolo della protesta giovanile.
45) Primo Mazzolari: sacerdote antifascista (Boschetto di Cremona 1890-Cremona 1959). autore del libro “Tu non uccidere” (1955).
46) Ernesto Balducci: padre scolopio (Santa Fiora 1922-Cesena 1992). Promotore dell’esperienza caritativa del Cenacolo (1952), fondatore della rivista “Testimonianze” (1958) e delle Edizioni Cultura della Pace (1986), autore di molte opere di riflessione sul Vangelo e sul futuro dell’umanità (fra le altre, particolarmente importante “L’uomo planetario”).
47) Lorenzo Milani: sacerdote ed educatore (Firenze 1923-1967). Esiliato nel Mugello dalle autorità ecclesiastiche fiorentine, ha dato vita alla Scuola di Barbiana, che ha prodotto “Lettera a una professoressa”, una delle più incisive denunce della scuola di classe.
48) Umberto Eco: semiologo e studioso di estetica (Alessandria 1932 – 2016).
49) Lucio Lombardo Radice: matematico (Catania 1916- Bruxelles 1982). Intellettuale di formazione marxista, fu attivo nel dibattito politico e pedagogico (diresse la rivista “Riforma della scuola”, si impegnò particolarmente nelle iniziative per la pace e nel dialogo con i cattolici).
50) Enrico Berlinguer: uomo politico (Sassari 1922-Padova 1984). Segretario generale del PCI dal 1972 al 1984.
51) Cernobyl: località dell’Ucraina – a circa 120 chilometri da Kiev -, in cui nel 1986 si verificò un’esplosione nel reattore della centrale termonucleare con gravissimi danni per il territorio circostante e conseguenze per il resto del mondo.
52) Tom Benetollo: nato nel 1951 a Padova e morto a Roma nel 2004. Animatore del movimento pacifista italiano ed europeo, come esponente della FGCI (Federazione Giovanile Comunista) prima, del PCI dopo, dell’ARCI dal 1987. Presidente nazionale dell’ARCI dal 1987.
53) Pietro Ingrao: nato nel 1915 a Lenola; uomo politico, attivo nella Resistenza, dirigente del PCI, presidente della Camera dei Deputati dal 1976 al 1979.
54) Ernesto Guevara de la Serna, detto Che: politico cubano di origine argentina
(1928-1967). Protagonista della rivoluzione cubana, ebbe incarichi nel governo diretto da Fidel Castro, che lasciò per andare a organizzare la guerriglia in Bolivia, dove fu ucciso.
55) Seattle: città degli Stati Uniti sede, nel novembre del 1999, della prima manifestazione, che si allargò poi a livello mondiale, di contestazione del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio).
56) Porto Alegre: città del Brasile, sede dei primi tre Forum Sociali mondiali del gennaio del 2001, del 2002, del 2003.
57) Genova: sede nel luglio del 2001, di un incontro dei G 8 e delle manifestazioni alternative promosse dal Genova Social Forum, violentemente represse dalla polizia.
58) Firenze: sede del Forum Sociale Europeo nel novembre del 2002.
59) Mumbai: città dell’India sede del IV Forum Sociale Mondiale nel gennaio del 2004.
60) Parigi-St. Denis: sede del Forum Sociale Europeo nel novembre del 2003.
61) Londra: sede del Forum Sociale Europeo nell’ottobre del 2004.
62) Carta del Nuovo Municipio: documento che prospetta la centralità delle realtà locali per una globalizzazione basata sui diritti (in contrapposizione a quella imposta dai poteri dominanti), elaborato su iniziativa dei laboratori e dei ricercatori delle Università di Firenze, Bologna, Milano, Roma e Venezia, sottoscritto da numerosi amministratori ed esponenti dell’associazionismo e dei movimenti (ha dato luogo ad un’Associazione della Rete dei Nuovi Municipi, a cui hanno aderito numerosi assessori e consiglieri – di comuni, municipalità, consigli di quartiere – (è stato presentato e discusso nei Forum Sociale mondiali ed europei di Porto Alegre 2002, di Firenze 2002, di Parigi St. Denis 2003).
Bibliografia
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3) Aguiton, Christophe – “Il mondo ci appartiene – i nuovi movimenti sociali” – Ed. Feltrinelli 2001
4) Archivio del Movimento di Quartiere di Firenze, Comunità dell’Isolotto, Fondazione Michelucci – “Firenze crocevia di culture” – Polistampa 2010
5) ARCI – Comunità dell’Isolotto – FIOM/CGIL – Fondazione Michelucci – “Tracce di un’altra storia” – Polistampa 2002
6) Arendt, Hannah – “Libertà – Io sono Hannah Arendt” – Ed. Feltrinelli 2022
7) Associazione “Rosa Luxembourg” (a cura di) – “Donne e uomini nella politica: rappresentanza, partecipazione, conflitto” – Atti del Seminario svoltosi al Giardino dei Ciliegi, Firenze 2007
8) Balducci, Ernesto – “Il cerchio che si chiude” – PIEMME 2000
10) Biagioni, Moreno (a cura di) – “L’altra Firenze – Antologia” – Edizioni del Grande Vetro 2021
11) Bimbi, Linda (a cura di) – “Not in my name – Guerra e diritto” Editori Riuniti 2003
12) Boccia, Maria Luisa – “Con Carla Lonzi. La mia opera è la mia vita” – Ediesse 2014
13) Calamandrei, Piero – “Lo stato siamo noi” -Instant Book Chiarelettere 2011
14) Cannavò, Salvatore (a cura di) – “Un movimento per la pace – Per una storia del pacifismo” – Edizioni Alegre 2003 (Il Manifesto-L’Unità-Liberazione-Carta)
15) Capitini, Aldo – “Le tecniche della nonviolenza” – Ed. Linea d’ombra 1989
16) Cecconi, Andrea – Riccioni, Gianfranco (a cura di) – “Testimoni di speranza” – Fondazione Ernesto Balducci 2004
17) Chiesa, Giulietto e Vauro – “Afghanistan anno zero”- Ed. Guerini e Associati 2001 (per Emergency)
18) Comunità dell’Isolotto – “Oltre i confini – trent’anni di ricerca comunitaria” – Libreria Editrice Fiorentina 1995
19)“Contro la guerra – Pensieri per la pace” – Ed. Zelig 2001
20) De Martino, Giulio (a cura di) – “Antologia del dissenso – orizzonti politici e culturali
del movimento antiglobalizzazione” – Ed. Intra Moenia 2001
21) Fanelli, Antonio – “A casa del popolo – Antropologia e storia dell’associazionismo creativo” – Donzelli 2014
22) “Fare la pace – Pacifismo e nonviolenza alle soglie del Terzo millennio” – Kaos Edizioni 1992
23) Holloway, John – “Cambiare il mondo senza prendere il potere – Il significato della rivoluzione oggi – Ed. Intra Moenia 2004 (per i Cantieri di Carta)
24) Giannoli,G. I.-Morante, S.-Mordenti, R.Quintili, P. (a cura di) – “Culture per la pace” -Ed Manifestolibri 2003
25) Giovannini, Fabio – “I generali della pace” – Ed. Datanews 2003 26) Hack, Margherita – “Nove vite come i gatti- I miei primi novant’anni laici e ribelli” – Rizzoli 2012
27) Ingrao, Pietro – “La guerra sospesa” Ed. Dedalo 2003
28) Jampaglia, Claudio – Bendinelli, Thomas (a cura di) – Porto Alegre – Il Forum Sociale Mondiale” – Ed. Feltrinelli 2002 (per ATTAC Italia)
29) Lanfranco, Monica – Di Rienzo, Maria G. – “Donne disarmanti – Storie e testimonianze su non violenza e femminismi” – Ed. Intra Moenia 2003
30) La Pira, Giorgio – “Le città sono vive” – La Scuola 2005 (1957)
31) Lonzi, Carla – “Sputiamo su Hegel – la donna clitoridea e la donna vaginale” – Scritti di rivolta femminile 1978 (1971)
32) Marrone, A. – Sansonetti, P.“Nè un uomo né un soldo – Una cronaca del pacifismo italiano del Novecento” – Ed. Baldini Castaldi Dalai 2003
33) Martini, C. – “Capaci di sognare – Riflessioni sul nuovo pacifismo – Ed. Baldini Castaldi dalai 2003
34) Marzi, L. – “Il Giardino dei Ciliegi – Storia e intrecci con altre associazioni in Firenze e in Toscana (1988-2015)” – Edizioni dell’Assemblea regione Toscana 2016
35) Michelucci, Riccardo – “Guida alla Firenze ribelle” – Ed. Voland 2016
36) Milani, Lorenzo – “Epistolario – Vent’anni di storia italiana (a cura di Gianfranco Riccioni) – Pagnini Editore 2009
37) Orsetti, Lorenzo (Heval Tekoser Piling) – “Orso – Scritti dalla Siria del Nord Est” – Red Star Press 2021
38) Pieroni Bortolotti, Franca – “Appunti sulle origini del movimento femminile tra ‘800 e ‘900” – Sezione Formazione e Scuole di Partito del PCI – Claudio Salemi Tipografo Editore 1986
39) Pizzo, Anna (a cura di) – “Un altro mondo in costruzione – Le idee del movimento globale” Ed. Baldini & Castoldi 2002
40) “La politica della nonviolenza – Per una nuova identità della sinistra alternativa” – Ed. Liberazione 2004
41) Piro, Nico – “Maledetti pacifisti (Come difendersi dal marketing della guerra)” – Ed. People 2022
42) “Porto Alegre 2 – Il mondo diverso” – Ed. ARCI Book 2002
43) Rai, Milan- “Iraq – Dieci ragioni contro la guerra” – Ed. Einaudi 2001
44) Rajneesh, O. – “Filosofia della non-violenza” – Ed. Millelire Stampa Alternativa 1993
45) Sansonetti, Piero- “Il manuale della nonviolenza” – Ed. L’Unità 2004
46) Sansonetti, Piero – “Dal ‘68 ai no-global – Trent’anni di movimento” – Ed. Baldini & Castoldi 2002
47) Sansonetti, Piero(a cura di) – “La democrazia possibile – Il Cantiere del Nuovo Municipio e le nuove forme di partecipazione da Porto Alegre al Vecchio Continente” Ed. Intra Moenia 2002 (per i Cantieri di Carta)
48) Scuola di Barbiana – “Lettera a una professoressa” – Libreria Editrice Fiorentina 1967
49) Terzani, Tiziano- “Lettere contro la guerra” – Ed. TEA 2004
50) “Testimonianze” – Rivista (dal 1958)
51) “Zapruder” – Rivista di storia della conflittualità sociale (dal 2002)
Sulla base di queste esperienze ha curato diverse pubblicazioni, fra le quali: “Scuola e quartiere” (1969), “Le radici della partecipazione: Firenze e il suo territorio” (2006), “Firenze crocevia di culture” (2010). Ha scritto articoli e saggi su quotidiani e periodici, fra cui “L’Unità”, “Il Manifesto”, “Alternativa di base”, “I Quartieri”, “Fuori binario”, “Il Grande Vetro”, “Guerre e Pace”, “Pressenza” (on line), “Testimonianze”, “Volere la luna” (on line).
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