Firenze, sei bella come l’antifascismo! E anche il padre Dante lassù – nonostante qualche parere contrario – a me oggi pare proprio antifascista!
È facile
dire che cosa sia il fascismo: come ha detto il presidente Mattarella, il
fascismo è il contrario della Costituzione. Proprio come la mafia è il
contrario dello Stato: è l’antistato. Peppino Impastato diceva che la mafia è
una montagna di merda. Sì: proprio come lo è il fascismo: una montagna di
merda. Immaginiamo allora per un attimo che invece che a Firenze, il pestaggio
del Michelangiolo fosse avvenuto davanti a una scuola di Palermo, e che fosse
di stampo mafioso. Immaginiamo un Governo che non ne prendesse le distanze,
anzi cercasse di derubricarlo a “rissa”, negandone il carattere mafioso.
Immaginiamo che politici e giornalisti dicessero, a denti stretti, di essere
a-mafiosi: ma si rifiutassero di dirsi anti-mafiosi. Cosa penseremmo, se non
che c’è una enorme zona grigia di complicità con la mafia? Ecco, oggi nel
Paese, nella politica e nei media c’è una grande zona grigia di complicità con
i fascisti. Ma, ci dicono, questo Governo non c’entra nulla col fascismo! E io
dico: se il ministro della Scuola intimidisce una preside perché ha parlato di
antifascismo, dove siamo? Fascista è chi il fascista fa!
Come scrisse
un allievo del Michelangiolo, Piero Calamandrei, «mentre quelli, i fascisti,
picchiavano, una gran massa inerte li lasciava fare». Noi oggi siamo qua perché
non vogliamo lasciarli fare: vogliamo dire che siamo antifascisti. Non solo in
piazza: lo vogliamo dire a scuola, e all’università. Vedete, chi dice che a
scuola non si parla di antifascismo perché sennò si fa politica, sbaglia due
volte. Primo perché l’antifascismo è la religione civile della Repubblica: è la
premessa elementare perché ci sia libertà. La politica comincia dopo. E secondo
perché se in una classe di 30 ragazzi tre sono fascisti dichiarati e ventisette
si dicono apolitici, il risultato è uguale a 30 fascisti. E queste sono parole
della Lettera a una professoressa di don Lorenzo Milani.
Proprio don
Milani oggi è importante. Perché il fatto che anche Firenze ci siano ragazzi
che aderiscono a quella disperata ideologia della morte che è il fascismo, è un
problema che incolpa noi: a partire da me che, oltre a essere un genitore,
faccio il professore e il rettore di una università della Repubblica; e tutti
noi, che ci diciamo antifascisti. Perché oggi, al tempo del ministero
dell’Istruzione e del merito, la situazione è anche peggiore di quella che
Milani combatteva. La scuola è stata messa al servizio dello stato delle cose,
non del suo scardinamento. Serve a trasformare i ragazzi in capitale umano, in
merce nel mercato del lavoro, in pezzi di ricambio per il mondo così com’è. Fa
ancora parti eguali fra diseguali: e lo chiama ‘merito’. Manda ancora via i
malati, e cura i sani: e la chiama “selezione”. E così adesso è la stessa
democrazia ad essere a gravissimo rischio, tra astensionismo e ritorno del
fascismo: perché non si è lavorato a produrre “una massa cosciente”. Eppure è
solo a questo che serve la scuola – sono ancora parole di don Lorenzo – : «non
a selezionare una classe dirigente ma a formare una massa cosciente».
Vogliamo
davvero essere antifascisti? Riportiamo la scuola alla sua funzione
costituzionale: permettiamo che la scuola abbia una coscienza civile. Per non
tradire anche noi i nostri ragazzi: perché se accanto ai calci dei fascisti poi
si prendono anche la scuola del merito e dell’alternanza scuola lavoro, allora
davvero non c’è speranza. E non solo per i nostri ragazzi. Anche per quei
ragazzi fascisti che sono venuti a picchiare al Michelangiolo. Sono nostri
ragazzi anche quelli: anche di quelli ci sarà chiesto conto. E nessuno, anche
di voi ragazzi, pensi che la testa dei fascisti si apra a forza di colpi con la
chiave inglese: perché antifascimo e nonviolenza oggi sono una cosa sola. Ai
fascisti la testa gli si apre con una scuola giusta. Una scuola che faccia loro
amare la vita, e abbandonare quella oscena via di morte e violenza.
Un altro
grande allievo del Michelangiolo, Carlo Rosselli, ha spiegato nel 1934, tre
anni prima di essere ammazzato dai fascisti, cosa vuol dire essere
antifascisti: «Siamo antifascisti non tanto e non solo perché siamo contro quel
complesso di fenomeni che chiamiamo fascismo; ma perché siamo per qualche cosa
che il fascismo nega ed offende, e violentemente impedisce di conseguire. Siamo
antifascisti perché in questa epoca di feroce oppressione di classe e di
oscuramento dei valori umani, ci ostiniamo a volere una società libera e
giusta, una società umana che distrugga le divisioni di classe e di razza e
metta la ricchezza, accentrata nelle mani di pochi, al servizio di tutti. Siamo antifascisti
perché nell’uomo riconosciamo il valore supremo, la ragione e la misura di
tutte le cose, e non tolleriamo che lo si umilii a strumento di Stati, di
Chiese, di Sette, fosse pure allo scopo di farlo un giorno più ricco e felice.
Siamo antifascisti perché la nostra patria non si misura a frontiere e cannoni,
ma coincide col nostro mondo morale e con la patria di tutti gli uomini
liberi».
Eccolo tutto
intero l’elenco di quello che dobbiamo a questi nostri ragazzi. Una società
libera, e giusta: perché una cosa senza l’altra non regge. E invece abbiamo
costruito una società in cui i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sempre
più poveri. Una società in cui la persona umana è un mezzo, e non un fine.
Un’Europa in cui ci si fa ancora la guerra, usando i corpi di ragazzi come i
nostri, per le frontiere e le patrie. C’è un modo solo per essere credibili
nell’antifascismo che oggi qua proclamiamo. Attuare il progetto di Carlo
Rosselli: dal quale la Firenze e l’Italia che consegniamo ai nostri ragazzi non
potrebbero essere più lontane.
Quel
progetto è tutto scritto nell’articolo 3 della Costituzione antifascista:
«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,
senza distinzione di sesso di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto
la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Solo se
ricominceremo ad attuarlo, il nostro antifascismo sarà credibile. Perché allora
sarà vero. Viva Firenze antifascista!
È l’intervento svolto
dall’autore in piazza a Firenze all’esito del corto
antifascista del 4 marzo
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