Stella Moris Assange lancia un grido d’allarme a tutti coloro che fanno il giornalismo con coscienza. E anche a tutti coloro che ne dipendono per tenersi informati. Il Potere sta cercando di bendare e imbavagliare non solo Julian, ma anche la stessa informazione libera e il nostro #DirittoDiSapere.
La Sala dei Gruppi Parlamentari di
Montecitorio era stracolma martedì scorso per sentire Stella Moris, partner del
co-fondatore del sito WikiLeaks Julian Assange, spiegare come l’accanita
persecuzione giudiziaria di Julian è in realtà “un attacco alla libertà di
stampa”.
“E’ un segnale”, ha detto Stella,
voluto deliberatamente dal Potere “per scoraggiare gli altri giornalisti dal
fare come lui”, un segnale che mette a nudo “ciò di cui il Potere è capace”.
L’Europa ha pertanto il dovere di “mobilitarsi in difesa di Julian Assange” per
salvare “la libertà di stampa e di espressione”.
La 39enne avvocata – e da sempre
paladina dei diritti umani – ha lanciato questo suo appello nel quadro
dell’incontro sul “Caso Assange e il diritto alla verità”, promosso
dall’europarlamentare Sabrina Pignedoli con la collaborazione della deputata
M5s Stefania Ascari e con la presenza sul palco del Presidente dell’Ordine
nazionale dei giornalisti Carlo Bartoli, del giornalista ed ex deputato
Alessandro Di Battista e della vicedirettrice del Fatto Quotidiano,
Maddalena Oliva. Nella platea, oltre alla giornalista investigativa Stefania
Maurizi, autrice del celebre libro sul caso Assange Il Potere Segreto,
c’era una moltitudine di personalità venute dal mondo del giornalismo, della
politica e dell’associazionismo, nonché tantissimi cittadini comuni con
distintivi “Free Assange”.
“La battaglia di Julian è la
battaglia di tutti quanti noi,” ha esordito l’On. Pignedoli, riassumendo il
senso dell’incontro.
Carlo Bartoli ha poi preso la
parola annunciando che a Julian Assange verrà consegnata una tessera d’onore da
giornalista. “Siamo qui per difendere non solo la causa di un uomo incarcerato
ingiustamente, ma anche per difendere un principio che è quello della libertà
dell’informazione”. Per controbattere la calunnia secondo la quale Assange
sarebbe stato un pessimo giornalista perché avrebbe divulgato documenti senza
vagliarli accuratamente, Il presidente dell’Ordine dei giornalisti ha elogiato il
sito WikiLeaks proprio in quanto, con grande cura, “espunge tutte le
informazioni che potrebbero mettere qualcuno in pericolo.”
Alessandro Di Battista è poi intervenuto con un discorso che ha infiammato la platea. Se Assange dovesse morire in prigione, ha detto senza mezze parole, “tra i responsabili ci sarebbero anche i giornalisti che oggi stanno zitti per salvaguardare il proprio conto in banca, le proprie carriere, i propri spazi mediatici, trasformandosi soltanto in biechi sostenitori delle verità comode”. L’ex deputato M5s ha comunque riconosciuto come segno positivo che gli ex compagni di partito, inizialmente pro Assange e poi diventati reticenti, “ora tornano ad occuparsi di Julian: è una bella notizia davvero.”
L’effetto inibitorio sul
giornalismo voluto dal Potere con la persecuzione di Julian e che Stella
Assange ha denunciato nel suo intervento è già diventato purtroppo una realtà,
ha asserito poi la vicedirettrice del Fatto Quotidiano Maddalena Oliva. Quanti
articoli vengono soppressi oggi, ha aggiunto, e non solo in Italia. Due
giornalisti del Fatto Quotidiano sono stati recentemente espulsi dall’Ucraina
perché i loro report non erano graditi dal Potere e i colleghi giornalisti non
hanno denunciato il fatto; il pluripremiato giornalista statunitense Seymour
Hersh, poi, è stato recentemente condannato e zittito dai suoi colleghi della
stampa per aver rivelato chi ha distrutto il gasdotto Nord Stream (un atto di
guerra) lo scorso 26 settembre. “Ogni volta che cala il silenzio su una
vicenda,” ha concluso Oliva, “siamo complici tutti quanti, noi giornalisti in
primis; bisogna sempre avere il coraggio di porsi quella domanda in più.”
Comunque qualche speranza ancora rimane per la libertà di stampa e di espressione. Stella Assange ha ricordato come, lo scorso novembre, alcuni tra i maggiori giornali del mondo – The New York Times, The Guardian, Le Monde, El Pais e Der Spiegel – abbiano rotto il loro silenzio complice firmando un appello al Presidente Biden per chiedere la liberazione di Assange.
Lo scorso 27 gennaio, poi, Newsweek
magazine, rivista statunitense di attualità che si vanta di rappresentare il
consenso nel Paese (“siamo né troppo a sinistra né troppo a destra”), ha
pubblicato un lungo articolo di
Shaun Waterman basato su una intervista approfondita con Stella Assange. La
grande empatia e compassione evidenti nell’articolo sono una novità negli Stati
Uniti, dove da oltre un decennio Julian è stato oggetto di un’autentica caccia
alle streghe – assai più feroce che in Europa — per screditarlo presso
l’opinione pubblica.
Una grande empatia e compassione
contrassegnano anche la recensione apparsa
sul Los Angeles Times lo scorso 2 marzo a firma di Robert Abele, del film Ithaka,
che descrive gli sforzi del padre di Julian, John Shipton, per liberare il
figlio. Dopo aver espresso le solite riserve su Julian, forse per non smentire
troppo quanto egli aveva scritto in passato, Abele dichiara: “In ogni modo, il
fatto che gli Stati Uniti vogliono estradarlo e imprigionarlo a vita è qualcosa
che dovrebbe far rabbrividire i giornalisti di tutto il mondo, che si consideri
Assange un giornalista o meno; per il solo fatto di essere un editore, la sua
incriminazione è una minaccia per la democrazia.”
Comincia a tirare un’aria nuova
nell’Establishment statunitense. Era ora. Già da tempo i gruppi di base negli
USA stanno manifestando dappertutto per
la liberazione di Julian, anche davanti alla Casa Bianca.
Riprendendo le parole dell’On.
Pignedoli, Stella Assange ha concluso l’incontro sottolineando che “questo caso
è un caso politico, non legale; la soluzione dunque deve essere politica. Il
Regno Unito detiene Julian; gli Stati Uniti vogliono estradarlo; tra i due deve
frapporsi l’Europa per dire di NO e per salvarlo. Ognuno di voi può contribuire
così alla sua liberazione”
In altre parole: “Gente, fatevi
sentire!”
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