“La Corsica sempre aggredita, sempre occupata, mai domata”. Così era scritto, al tempo del suo indipendentismo, su una maglietta. La stessa cosa si potrebbe dire per l’Afghanistan.
In compenso
l’Afghanistan non ha mai aggredito nessuno, se i Talebani han fatto terrorismo
non è mai stato terrorismo internazionale, ma terrorismo interno contro gli
occupanti e stando ben attenti che gli “effetti collaterali” colpissero il meno
possibile i civili. Per dare ai Talebani la patente di “terroristi
internazionali” c’è voluto l’11 settembre. Ma è stato evidente fin da subito, o
quasi, che i Talebani non c’entravano nulla con l’attacco alle Torri Gemelle di
cui la dirigenza talebana era completamente allo scuro. Del resto il Washington
Post e il Wall Street Journal hanno rivelato che
l’aggressione all’Afghanistan e all’Iraq era stata già predisposta da mesi (noi
prendiamo sempre il peggio dagli americani non il meglio che è la loro libertà
di stampa).
Ma facciamo
un passo indietro. A metà degli anni Trenta dell’Ottocento l’Afghanistan è
stato oggetto delle mire coloniali dell’Impero inglese. Ci fu una guerra fra i
britannici e gli afgani che gli inglesi persero. Per questo, e soprattutto per
quello che accadrà poi, l’Afghanistan è chiamato “la tomba degli Imperi”. Poi
ci fu un secolo di relativa tranquillità in cui gli afgani continuarono a
vivere secondo le loro tradizioni, la loro cultura, la loro legge che è
quella sharia che manda in bestia gli occidentali e i
Panebianco di tutte le risme.
Nel 1979
l’Afghanistan svegliò gli appetiti dell’URSS che voleva occupare il Paese e
imporre il comunismo. Ma agli afgani non andavano a sangue né gli occupanti,
tantomeno il comunismo. Furono aiutati dagli americani, in funzione
antisovietica, con i missili terra-aria Stinger, che si portano a spalla. Ma di
questi missili i combattenti afgani vennero in possesso solo verso la fine
degli anni Ottanta e, quando cominciarono a cadere gli aerei e gli elicotteri,
i russi ebbero il buon senso di filarsela.
Poiché si
era creato un vuoto di potere iniziò un sanguinoso conflitto fra i grandi
combattenti che avevano sconfitto l’URSS, i “signori della guerra”, Massud,
Hekmatyar, Ismail Khan, Dostum. I “signori della guerra” sbattevano fuori dalle
case i legittimi proprietari per metterci i loro seguaci, uccidevano a piacere,
stupravano a piacere. Ci fu la ribellione della popolazione afgana che sotto il
comando del Mullah Omar, guida militare, politica, spirituale, ricacciarono
Massud nel Panshir, costrinsero Hekmatyar e Ismail Khan a riparare in Iran e
Dostum, il più impresentabile (anche se poi farà parte dei governi Quisling a
guida americana) a ritornare in Uzbekistan. Disse il giovane Omar: “Come
potevamo restare fermi mentre si faceva ogni sorta di violenza sulla povera
gente e si stupravano le donne?”. Ne salvò parecchie che erano cadute nelle
grinfie dei “signori della guerra”, questo era il suo modo di difendere le
donne.
Il Mullah
Omar arrivò al governo nel 1996 e volle chiamarlo “Emirato islamico
d’Afghanistan”, non Califfato perché il califfo si presenta come discendente di
Maometto mentre Omar non aveva di queste pretese. E furono i soli sei anni di
pace di quel Paese.
All’inizio
gli americani accolsero con favore la presa del potere da parte dei Talebani
perché così avevano un unico interlocutore per i loro affari, che si
concentravano su un grande gasdotto che dal Turkmenistan, attraversando tutto l’Afghanistan,
conduceva al Pakistan, cioè al mare. Gli americani erano convinti che la
gestione di quel condotto sarebbe stata dell’Unocal, un’impresa statunitense in
cui erano presenti Dick Cheney e Condoleezza Rice. Invece Omar decise di
affidare l’impresa alla Bridas argentina, diretta dall’italiano Alberto
Bulgheroni. Ignoranti come sempre dei costumi dei tanti Paesi cui impongono la
loro presenza gli americani arrivavano a Kabul e dopo due ore erano già
ripartiti convinti di aver concluso l’affare. Invece Bulgheroni sapeva che agli
afgani piacciono lunghe, e spesso estenuanti, trattative attorno a una tazza di
tè. Ma non fu solo per questo che Omar decise per la Bridas. Capiva bene che la
Unocal non era solo la Unocal ma il cappello che gli americani intendevano
mettere sull’Afghanistan. Cominciarono allora le indignate lagnanze, in specie
del segretario di Stato Albright, per il mancato rispetto, fino ad allora
ignorato, dei “diritti civili” da parte dei Talebani. Era il preludio della
guerra. Che è stata una guerra puramente ideologica: non ci piacevano i costumi
di quella gente e poiché non ci piacevano i loro costumi abbiamo occupato quel
Paese per vent’anni causando 400mila morti civili per concluderla poi con la
più vergognosa delle sconfitte. Gli occidentali avevano schierato il più
potente, armato e numeroso esercito del mondo e sono stati sconfitti da gente
che combatteva quasi a mani nude, kalashnikov e mitra. I Talebani non avevano
nemmeno i missili Stinger contro bombardieri, caccia e droni. Bisognerebbe
convincersi, una volta per tutte, che non si fa una resistenza di vent’anni se
non si ha l’appoggio della maggioranza della popolazione.
E veniamo
all’Afghanistan di oggi che dall’agosto 2021 è governato dai Talebani. Non c’è
notizia, in Occidente, che non sia data per metterli in cattiva luce. Ha
suscitato scandalo che i Talebani abbiano abolito la festa di S. Valentino, “è
una festa occidentale, consumistica, estranea ai nostri costumi”. Ha fatto
scandalo, con qualche ragione in più, che i Talebani stiano rastrellando gli
anticoncezionali dalle farmacie. E questo per chi si è battuto per legittimare
l’aborto è un obbrobrio. È che da quelle parti si ha una concezione diversa
della famiglia e del rapporto fra i sessi. La donna deve pensare al focolare e
a far figli, in compenso l’uomo ha l’obbligo di mantenere l’intera famiglia. E
questo dovrebbe farci riflettere. In Italia a furia di LGBTQ il tasso di
natalità è precipitato all’1,2 percento. In Afghanistan che pur dopo vent’anni
di occupazione sconta una situazione economica pessima il tasso di natalità è
al 4,75 percento.
A gennaio un
attentato ha ucciso due donne che si stavano recando al lavoro. Data così, nuda
e cruda, com’è stato fatto dai media occidentali sembrava che i Talebani si
fossero accaniti, come al solito, sulle donne. Invece era un attentato Isis.
Interessante quanto ha affermato il portavoce della Corte Suprema Ahmad Fahim
Qaweem: “Sfortunatamente abbiamo perso due giudici donne nell’attacco di oggi”.
E ha aggiunto “più di 200 giudici donne lavorano per la Corte Suprema”. Mi pare
quindi azzardato affermare che in Afghanistan le donne non abbiano
accesso a un lavoro, anche apicale, anche delicato. E sarebbe curioso che
queste donne arrivino a tali ruoli senza aver studiato, mentre gli occidentali
sostengono che non hanno accesso ai licei e alle università.
Il 22 giugno
2022 c’è stato un terremoto in Afghanistan nella regione di Khost: più di 1500
vittime. Sarebbero state molte di meno, perché in quella zona non si
costruiscono case in pietra e tantomeno palazzi, se una contemporanea alluvione
non avesse spazzato via casupole e uomini. Niente a che vedere per numero di
vittime col recente terremoto in Turchia e in Siria per il quale si sono
mobilitati molti paesi e organizzazioni di volontariato, anche se il generoso e
dovuto soccorso a quelle popolazioni va anche a favore del tagliagole Erdogan e
del dittatore siriano Assad. Per gli afgani nessun aiuto. Invece di sprecare
lacrime ipocrite sulla situazione afgana sarebbe meglio che le banche americane
e inglesi restituissero i 9 miliardi di dollari che ai tempi di Karzai e di
Ghani la Banca nazionale afgana aveva depositato sui loro conti. Come sarebbe
bene che all’Afghanistan venga dato un seggio all’Onu. Perché uno Stato sia
tale occorre che abbia tre presupposti: una popolazione, un territorio, un
governo. E l’Afghanistan li ha.
Io sono
stato sempre demonizzato per il mio appoggio ai Talebani. Devo sempre chiarire
che non ho nulla a che spartire con la loro ideologia, che mi è lontanissima.
Dei Talebani apprezzo quei valori che chiamo “pre-ideologici, pre-politici,
pre-religiosi”: coraggio, lealtà, onestà, difesa dei più deboli, che il Mullah
Omar ha incarnato nel modo più pieno.
Il lettore si chiederà, forse, perché mentre c'è una guerra in corso fra Russia e Ucraina io mi occupo delle guerre afgane. Il motivo è smeplice anche se indiretto: gli afgani hanno respinto tre occupazioni (inglesi, russi, occidentali) senza avere l'aiuto di nessuno, anzi, da quando sono entrati in gioco i Talebani, avendo contro il mondo intero o quasi. Zelensky non fa che chiedere armi e aiuti economici ai Paesi europei (oltre ovviamente agli Stati Uniti) benchè l'Unione Europea dal punto di vista dei trattati internazionali non abbia nessun obbligo nei confronti dell'Ucraina che non fa parte né della Ue né della Nato.
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