Qualche dubbio poteva già venire già 10 o 20 anni fa (condoni, leggi ad personam, Porcellum) e negli anni d’oro del renzismo, con la sua caterva di leggi respinte perché incostituzionali (legge Madia sulla Pa, Italicum, riforma delle banche popolari, mentre la sostituzione della Costituzione italiana con quella fiorentina è stata respinta direttamente da 20 milioni di italiani).
Ormai non c’è nemmeno più bisogno di modificarla, la
Costituzione: basta ignorarla. Sotto il governo Meloni si sta per realizzare il
sogno di tutti i governanti: il progressivo smantellamento dei suoi principi fondamentali
nella sostanziale acquiescenza di cittadini e istituzioni.
Cominciamo dalla progressività fiscale, art. 53:
“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro
capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di
progressività”. Chissà le risate che si fanno, a leggerlo, gli estensori
della flat tax, il sistema fiscale non progressivo basato su
un’aliquota fissa ideato dal premio Nobel ultraliberista Milton Friedman
(buffo: i fautori della legge sono i leghisti, notoriamente gente senza decoro,
spacciatisi per anni come forza politica di popolo, nemica delle élite, che
avrebbe rovesciato i poteri forti e il dominio dell’economia neo-liberista). La
legge-delega prevede 3 aliquote (chissà quanto sarà difficile ai ricconi
nascondere parte dei loro profitti per rientrare nell’aliquota più bassa!), a
scapito di chi guadagna meno. La asserita underdog Meloni
rifila la mascalzonata ai suoi elettori chiamandola “fisco amico”; amico di
chi, si capisce dal fatto che piace molto a Briatore, (im)prenditori,
proprietari immobiliari e padroncini vari.
Passiamo alla cosiddetta Autonomia differenziata,
richiesta dai presidenti di Veneto, Lombardia e Emilia-Romagna nel 2017 e
diventata dogma nazionale bipartisan. L’art. 5 della Costituzione dice: “La
Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”, dove
la seconda parte secondo i secessionisti giustifica la divisione dell’Italia e
dunque contraddice la prima. La bozza della riforma elenca 23 materie nelle
quali le regioni del Nord dovrebbero essere “autonome”, che significa poter
disporre di più soldi; il problema è che tra queste materie non ci sono minuzie
finanziarie, ma diritti fondamentali (salute, lavoro, istruzione, trasporti). I
magliari di destra e pseudosinistra assicurano che saranno rispettati i Lea,
livelli essenziali di assistenza, che la riforma Calderoli rinomina
sbarazzinamente Lep, livelli essenziali di prestazioni; il problema è che
questi Lep non sono mai stati stabiliti (ci prendono in giro: è chiaramente un
favore alla Sanità privata). Così siamo davanti a una legge ordinaria che
modifica una materia costituzionale e perdipiù smentisce l’art. 3 (pari dignità
sociale e uguaglianza dei cittadini) e l’art. 32: “La Repubblica tutela la salute
come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e
garantisce cure gratuite agli indigenti”. Anche questa riforma, stranamente,
piace di più alle regioni ricche.
Veniamo all’anacronistico art. 11, che dice: “L’Italia
ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”,
a sua volta ripudiato dall’incessante invio di armi all’Ucraina (deciso dal
governo con decreti senza passare dal Parlamento).
Siccome quel “ripudia” è un po’ forte, i sostenitori
dell’invio di armi si appellano alla seconda parte, quella in cui si dice che
l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle
limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la
giustizia fra le Nazioni”, che secondo loro legittima la guerra. In pratica i
Costituenti avrebbero scritto due parti, una delle quali confuta l’altra. Se
gli si fa notare che l’articolo parla di pace, non di guerra, citano l’art. 52,
“La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”, sfuggendogli
completamente che noi non siamo cittadini ucraini e non siamo tenuti a
difendere la Patria altrui. Allora si appellano ai “trattati internazionali”,
che avrebbero la preminenza sulla Costituzione; ma non c’è scritto in nessun
trattato internazionale che dobbiamo difendere un Paese non Ue e non Nato.
Allora, citando il presidente della Corte Costituzionale Amato, dicono che il
vincolo Nato ce lo impone e basta; bene, ma se è così questa è l’ennesima
conferma che la Costituzione non vale più o viene meticolosamente violata. Ci
sono altri segnali inequivocabili; citiamo per manifesta sgangheratezza la
proposta del ministro per così dire dell’Istruzione Valditara di pagare di più
i professori del Nord e meno quelli del Sud (che viola gli artt. 3 e 35) e la
sua ingerenza nella libertà di insegnamento (art. 33) con minaccia di “misure”
contro una preside colpevole di aver ricordato che la nostra è una Costituzione
antifascista. Pardon: era.
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