domenica 26 marzo 2023

È come se la Costituzione fosse già stata abrogata – Daniela Ranieri

Qualche dubbio poteva già venire già 10 o 20 anni fa (condoni, leggi ad personam, Porcellum) e negli anni d’oro del renzismo, con la sua caterva di leggi respinte perché incostituzionali (legge Madia sulla Pa, Italicum, riforma delle banche popolari, mentre la sostituzione della Costituzione italiana con quella fiorentina è stata respinta direttamente da 20 milioni di italiani).

Ormai non c’è nemmeno più bisogno di modificarla, la Costituzione: basta ignorarla. Sotto il governo Meloni si sta per realizzare il sogno di tutti i governanti: il progressivo smantellamento dei suoi principi fondamentali nella sostanziale acquiescenza di cittadini e istituzioni.

Cominciamo dalla progressività fiscale, art. 53: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Chissà le risate che si fanno, a leggerlo, gli estensori della flat tax, il sistema fiscale non progressivo basato su un’aliquota fissa ideato dal premio Nobel ultraliberista Milton Friedman (buffo: i fautori della legge sono i leghisti, notoriamente gente senza decoro, spacciatisi per anni come forza politica di popolo, nemica delle élite, che avrebbe rovesciato i poteri forti e il dominio dell’economia neo-liberista). La legge-delega prevede 3 aliquote (chissà quanto sarà difficile ai ricconi nascondere parte dei loro profitti per rientrare nell’aliquota più bassa!), a scapito di chi guadagna meno. La asserita underdog Meloni rifila la mascalzonata ai suoi elettori chiamandola “fisco amico”; amico di chi, si capisce dal fatto che piace molto a Briatore, (im)prenditori, proprietari immobiliari e padroncini vari.

Passiamo alla cosiddetta Autonomia differenziata, richiesta dai presidenti di Veneto, Lombardia e Emilia-Romagna nel 2017 e diventata dogma nazionale bipartisan. L’art. 5 della Costituzione dice: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”, dove la seconda parte secondo i secessionisti giustifica la divisione dell’Italia e dunque contraddice la prima. La bozza della riforma elenca 23 materie nelle quali le regioni del Nord dovrebbero essere “autonome”, che significa poter disporre di più soldi; il problema è che tra queste materie non ci sono minuzie finanziarie, ma diritti fondamentali (salute, lavoro, istruzione, trasporti). I magliari di destra e pseudosinistra assicurano che saranno rispettati i Lea, livelli essenziali di assistenza, che la riforma Calderoli rinomina sbarazzinamente Lep, livelli essenziali di prestazioni; il problema è che questi Lep non sono mai stati stabiliti (ci prendono in giro: è chiaramente un favore alla Sanità privata). Così siamo davanti a una legge ordinaria che modifica una materia costituzionale e perdipiù smentisce l’art. 3 (pari dignità sociale e uguaglianza dei cittadini) e l’art. 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Anche questa riforma, stranamente, piace di più alle regioni ricche.

Veniamo all’anacronistico art. 11, che dice: “L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, a sua volta ripudiato dall’incessante invio di armi all’Ucraina (deciso dal governo con decreti senza passare dal Parlamento).

Siccome quel “ripudia” è un po’ forte, i sostenitori dell’invio di armi si appellano alla seconda parte, quella in cui si dice che l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”, che secondo loro legittima la guerra. In pratica i Costituenti avrebbero scritto due parti, una delle quali confuta l’altra. Se gli si fa notare che l’articolo parla di pace, non di guerra, citano l’art. 52, “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”, sfuggendogli completamente che noi non siamo cittadini ucraini e non siamo tenuti a difendere la Patria altrui. Allora si appellano ai “trattati internazionali”, che avrebbero la preminenza sulla Costituzione; ma non c’è scritto in nessun trattato internazionale che dobbiamo difendere un Paese non Ue e non Nato. Allora, citando il presidente della Corte Costituzionale Amato, dicono che il vincolo Nato ce lo impone e basta; bene, ma se è così questa è l’ennesima conferma che la Costituzione non vale più o viene meticolosamente violata. Ci sono altri segnali inequivocabili; citiamo per manifesta sgangheratezza la proposta del ministro per così dire dell’Istruzione Valditara di pagare di più i professori del Nord e meno quelli del Sud (che viola gli artt. 3 e 35) e la sua ingerenza nella libertà di insegnamento (art. 33) con minaccia di “misure” contro una preside colpevole di aver ricordato che la nostra è una Costituzione antifascista. Pardon: era.

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