domenica 5 marzo 2023

I pogrom dei coloni ebrei, da troppo tempo carnefici

(cioè li fanno i coloni israeliani, con l'aiutino dell'esercito più "morale" del mondo)


Settlers are NOT innocent civilians


I nostri cuori sono con i sopravvissuti al pogrom di Hawara - Gideon Levy


Quando ti trovi nella strada principale di Hawara –ora sotto una sorta di coprifuoco–, mentre i coloni teppisti passano, fermandosi solo per provocare i residenti, e i volti allarmati e spaventati di donne e bambini fanno capolino dalle finestre sbarrate – il tuo cuore sa esattamente con chi stai. Non c’è alcun dilemma. Nel tuo cuore, nella tua anima e per i tuoi valori, sei con le vittime.

Non hai nulla in comune con i teppisti che scendono dalle loro auto con la loro andatura da padroni e le loro grandi kippas, sputando frasi malefiche a una manciata di residenti che, dopo quella notte, hanno paura anche solo a respirare di fronte a loro. L’ebraico è l’unica cosa che rimane in comune tra un ebreo israeliano con un residuo di compassione e coscienza e coloro che hanno organizzato un pogrom nella città la notte precedente. Non hai nulla in comune nemmeno con quelle donne con i loro enormi copricapi che stanno all’ingresso di una città che non è la loro, reggendo le bandiere israeliane –le uniche consentite qui–, sorvegliate da un veicolo militare. Cosa sono loro per me, o io per loro?

Questo accade nei territori occupati. Le spalle ai manifestanti, il viso ai soldati: i soldati sono gli amici dei tuoi figli e i figli dei tuoi amici, ma il tuo cuore è con coloro che stanno dietro a te. Loro sono le vittime e sono nel giusto. Bianco e nero. Gli americani dicono: “Le tue idee dipendono da dove ti trovi”. Ma ad Hawara è il contrario: Il posto in cui ti trovi dipende dalle tue idee. Ti trovi ad Hawara, o in qualsiasi città o villaggio palestinese occupato, perché così ti dice il cuore.

Non ha più senso fingere buoni sentimenti. Non ha senso diffondere slogan contro la “violenza da ambo le parti“. La violenza nei territori non è simmetrica, né lo è la giustizia. Se i coloni e i loro fiancheggiatori non provano compassione verso le loro vittime quando le sfrattano, le saccheggiano o le sottopongono a un pogrom, allora non si può provare compassione o solidarietà con i persecutori e i loro atti. Anche quando subiscono sacrifici difficili da sopportare [come la perdita di due giovani fratelli], non si può dimenticare chi è la vera vittima e da che parte sta la giustizia.

A volte è anche difficile simpatizzare con i soldati. Non si può simpatizzare con il soldato che assalta, anche se è uno della tua gente. La nazionalità, l’eredità, la lingua e la cultura comuni perdono il loro significato alla luce delle azioni compiute. L’uniforme e l’esercito che hai venerato nella tua infanzia sono stati gravemente macchiati. Anche gli atti di coraggio che ti sono stati raccontati da bambino non appartengono più a loro. I combattenti palestinesi che li affrontano sono più coraggiosi di loro e più disposti al sacrificio. Chiunque sia pronto a morire sotto il “rullo compressore” israeliano, ad affrontare comportamenti più che barbari, è una persona coraggiosa pronta a sacrificare tutto. Come si può non ammirarlo, anche quando è diretto contro di te e il tuo popolo?

La destra ha attaccato coloro che hanno organizzato raccolte di fondi per le vittime del pogrom di Hawara. La sinistra sionista, essendo la sinistra sionista, ha immediatamente macchiato il nobile gesto con lo spregevole tentativo di far controllare ai pensionati dello Shin Bet il ‘record di sicurezza’ di coloro che hanno ricevuto le donazioni. Non importa. Il gesto rimane nobile, nonostante la grottesca sinistra sionista.

Come ci si può opporre alle donazioni ai sopravvissuti di un pogrom perpetrato dal proprio popolo? Israele, che ha inviato aiuti ai sopravvissuti di un terremoto in Turchia, non è disposto a inviare un aiuto anche minimo alle vittime dei suoi stessi facinorosi, che hanno ottenuto il plauso implicito ed esplicito di tutta la destra dello spettro? Nemmeno un bulldozer per liberare le centinaia di scheletri di auto bruciate? Nemmeno un risarcimento per coloro che sono rimasti senza casa a causa degli occhi deliberatamente chiusi dell’esercito, che pensa che il suo compito sia quello di proteggere i rivoltosi?

Quando si hanno davanti le vittime dell’occupazione, non ci sono dubbi morali. La scelta tra Haroun Abu Aram e il soldato che gli ha sparato al collo, paralizzandolo per il resto della sua breve vita, perché cercava di recuperare un generatore, è assolutamente chiara. Il tuo cuore è con Haroun, che nel frattempo è morto.

https://www.haaretz.com/opinion/2023-03-02/ty-article-opinion/.premium/our-hearts-are-with-the-survivors-of-the-hawara-pogrom/00000186-9ed6-daeb-ad8f-bff701ed0000

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

da qui 



 

Perché non ci sono due facce nel pogrom di Huwara - Haggai Matar

 

Domenica mattina 26 febbraio, un uomo palestinese ha ucciso due coloni israeliani – i giovani fratelli Hillel e Yagel Yaniv – che percorrevano in auto le strade della città palestinese di Huwara, nella Cisgiordania occupata. Più tardi, in giornata, centinaia di coloni hanno scatenato una furia di alcune ore in Huwara e in diversi villaggi vicini, bruciando decine di auto e di case (alcune con persone all’interno), lanciando sassi contro le ambulanze, ferendo palestinesi e uccidendo bestiame. Un uomo palestinese, Sameh Aqtash, è stato ucciso da colpi di arma da fuoco sparati dai coloni o dai soldati che li proteggevano.

L’attacco a Huwara, che molti definiscono un pogrom, ha generato in Israele una protesta pubblica contro i coloni che lo hanno commesso. Migliaia di persone sono scese in strada lunedì sera in diverse città, per protestare contro l’occupazione e in solidarietà con la popolazione di Huwara. Gli israeliani hanno raccolto oltre un milione di shekel in 24 ore per sostenere le vittime. I commentatori dei telegiornali e i membri della Knesset appartenenti all’opposizione hanno criticato aspramente i coloni, l’esercito che non ha agito per fermarli e gli alti ministri del governo che hanno incoraggiato la distruzione della città (uno di questi ministri, il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, ha raddoppiato i suoi messaggi di pulizia etnica anche dopo l’evento). I leader politici di tutto il mondo hanno subito seguito l’esempio. Mercoledì, durante le massicce proteste della ‘Giornata di Rottura’ in tutto il Paese, i manifestanti hanno cantato “Dov’eri a Huwara?” di fronte agli agenti di polizia.

In risposta, molti esponenti della destra israeliana e i loro lacchè nel mondo hasbara hanno sostenuto che è tendenzioso ‘preoccuparsi solo’ degli attacchi degli ebrei contro i palestinesi e ignorare l’uccisione dei due fratelli israeliani da parte di un palestinese. C’è molto da dire in risposta a questa affermazione, e quanto segue è un tentativo di farlo. In breve:

1. È tragico che vengano uccise delle persone. Tutte le persone. Essere umani significa preoccuparsi e soffrire quando si perdono delle vite. Questo è sempre vero, e certamente lo è nel caso dei giovani fratelli. Il mio cuore va ai genitori che hanno perso due figli in un solo colpo. Se questo non è chiaro a tutti –come dovrebbe– e se si sostiene che qualcuno “non si preoccupa” di queste morti significa voler disumanizzare gli altri. L’affermazione è ancora più scandalosa quando proviene, come spesso succede, dagli stessi politici che giustificano gli assalti israeliani contro i palestinesi e mostrano poco o nessun rimpianto per le morti di questi ultimi.

2. Esiste un intero sistema progettato per prevenire e rispondere alle uccisioni di ebrei israeliani. C’è un esercito, una forza di polizia, una polizia di frontiera, uno Shin Bet, persino un Mossad se necessario, e un intero Stato costruito esclusivamente per proteggere gli ebrei. I palestinesi, invece, non hanno nessuno che li protegga. L’esercito spesso tace di fronte agli atti di terrore dei coloni, oppure si unisce a loro e li appoggia, come abbiamo dimostrato in passato nel caso di milizie congiunte di coloni e soldati che attaccano e uccidono i palestinesi.

In casi rari ed estremi, come nel caso di Huwara questa settimana, è possibile che i soldati intervengano e salvino i palestinesi dalle loro case in fiamme per evitare che muoiano. Tuttavia, quegli stessi soldati non penserebbero mai di sparare ai rivoltosi, come avrebbero fatto senza dubbio se fossero stati palestinesi, o di effettuare arresti di massa; solo cinque coloni delle centinaia che hanno partecipato all’attacco sono stati arrestati – tra l’altro, non per aver attaccato i Palestinesi, ma per aver attaccato i soldati – e tutti sono stati rapidamente rilasciati (per fare un paragone, più del doppio di questo numero è stato arrestato durante la protesta nonviolenta di sabato scorso contro il Governo a Tel Aviv, e più di quattro volte questo numero è stato arrestato durante le manifestazioni di mercoledì).

Anche ora, tre giorni dopo, l’esercito continua a parlare di “caccia al terrorista”, cioè all’uomo palestinese che ha sparato ai due fratelli israeliani, ma nessuno parla della caccia a chi ha ucciso Sameh Aqtash, o a chi ha dato fuoco alle case delle famiglie di Huwara. Ecco perché dobbiamo gridare con forza soprattutto contro i terroristi ebrei.

3. C’è una differenza tra le azioni di singoli individui di un gruppo oppresso che uccidono persone del gruppo potente, e la violenza della parte forte che viene impersonata dallo Stato o sostenuta da esso. I pogrom come quelli che abbiamo visto a Huwara, così come i bombardamenti dell’aviazione israeliana a Gaza che distruggono intere famiglie, non sono un’anomalia, ma una caratteristica del regime che abbiamo creato in questo paese.

4. Di conseguenza, la nostra responsabilità come israeliani per le azioni di altri israeliani, cioè di chi detiene tutto il potere, non è la stessa della nostra responsabilità per le azioni dei palestinesi.

5. C’è qualcosa di ingannevole nell’inquadrare questa storia esclusivamente intorno all’uccisione dei due fratelli israeliani a Huwara, come se le azioni dei coloni fossero una mera “reazione”, un botta e risposta iniziato dai palestinesi. Solo pochi giorni prima, l’esercito israeliano ha ucciso 11 persone a Nablus, alcune armate e altre no, in un brutale raid alla luce del giorno; non c’è motivo di “far partire l’orologio” solo dall’uccisione dei fratelli Yaniv. Inoltre, ai palestinesi sono stati negati per decenni i diritti fondamentali dal regime israeliano – ma questo raramente, se non mai, influisce sul modo in cui questi eventi vengono inquadrati.

6. Il che mi porta al mio punto finale: questa non è la storia di “due parti che si combattono”. Non c’è uguaglianza sotto l’apartheid. C’è una superpotenza regionale che possiede uno degli eserciti più forti e sofisticati del mondo e che gode di un enorme sostegno internazionale, mentre calpesta milioni di persone emarginate dal suo regime militare razzista. La responsabilità ultima per tutto ciò che accade in questo Paese, compresa l’uccisione dei due fratelli, è dello Stato che perpetua questa ingiustizia e oppressione, e di tutti noi come suoi cittadini.

I Palestinesi come popolo, e persino l’Autorità Palestinese, che per anni ha operato come subappaltatore dell’occupazione israeliana, non hanno modo di prevenire il prossimo attacco da parte di Palestinesi singoli, o quello successivo. Anche Israele non può prevenire tutti gli attacchi, ma ciò che può e deve fare è scegliere un percorso basato sull’uguaglianza e sulla giustizia per tutti.

 Grazie a Sol Salbe per l’assistenza nella traduzione dall’ebraico.

https://mail.google.com/mail/u/0/?shva=1#inbox/WhctKKXpXhhQSzQwBbHhDVvfBQPVWXjmSpBVrMkXBKkqLqHNJCnzmcvwpdHpxGLvhglKPRL

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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La ferocia dei coloni israeliani ad Hawara non è uno shock ma la vita quotidiana dei palestinesi in Cisgiordania - Roberta Aiello

https://www.valigiablu.it/hawara-devastazione-coloni.../

Case bruciate, auto carbonizzate, alberi distrutti. C'è ancora un intenso odore acre nella città di Hawara, a nord della Cisgiordania. Per più di cinque ore, domenica scorsa, la furia dei coloni israeliani si è abbattuta armata di pistole, spranghe di ferro, pietre, taniche di benzina in uno dei più gravi episodi di violenza di massa commessi da loro negli ultimi anni, all'indomani dell'omicidio di Hillel e Yagel Yaniv, residenti dell'insediamento di Har Bracha, uccisi da un uomo palestinese.

«I coloni hanno attaccato la nostra casa, hanno sfondato le finestre, bruciato le auto e i camion di mio nipote. Hanno cercato di entrare nel mio autosalone e di dargli fuoco», ha raccontato a BBC News Abdel Nasser al-Junaidi, residente della cittadina che si trova a circa sei chilometri da Nablus.

«L'esercito non ha fatto nulla per difenderci. Ha sostenuto i coloni e li ha protetti. Gli spari provenivano sia dai coloni che da loro. Eravamo terrorizzati. È stato un attacco orribile e barbaro», ha proseguito al-Junaidi.

L'esplosione di violenza – avvenuta nello stesso giorno in cui Israele si è impegnato a fermare la creazione di nuove unità di insediamento per quattro mesi e a bloccare l'approvazione di qualsiasi nuovo insediamento per sei – è ancora sotto gli occhi di tutti. Abitazioni distrutte, negozi dati alle fiamme insieme a decine e decine di auto. Lunedì Hawara si presentava come una città fantasma, sotto assedio. Con negozi chiusi e strade vuote. Solo i coloni potevano transitare per le strade della città e la maggior parte lo ha fatto con aria di sfida e con 'rozza provocazione': suonando i clacson, mostrando il dito medio e urlando slogan come “morte agli arabi”. Lo racconta Gideon Levy sulle pagine di Hareetz.

Questa rabbia incontenibile ha provocato una vittima. Due persone sono state colpite e ferite, una terza è stata pugnalata e una quarta picchiata con una spranga di ferro. Altre 95 sono state soccorse a causa dell'inalazione di gas lacrimogeno. Un'escalation d'ira che, forse, avrebbe potuto essere fermata perché prevedibile. Avvenuta in uno dei territori più militarizzati al mondo, tra l'altro.

Chiudere un occhio come è stato fatto nei giorni scorsi – dice l'ex presidente della Knesset, Mickey Levy, parlamentare del partito centrista Yesh Atid – rievoca ricordi dimenticati. Quando le forze di difesa israeliane fecero altrettanto nel 1982, nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila, consentendo alle milizie falangiste libanesi di commettere terribili massacri. Fortunatamente, domenica, non c'è stato nessun massacro, perché i coloni si sono accontentati di seminare distruzione, ma nessuno poteva sapere anticipatamente come sarebbero andate le cose. Se i rivoltosi avessero voluto massacrare anche la popolazione, nessuno si sarebbe opposto. Nessuno ha fermato i falangisti a Sabra e Shatila, e nessuno si è opposto ad Hawara. Si rimane in attesa della prossima azione ritorsiva, dopo che nessuno verrà assicurato alla giustizia e punito per il pogrom di domenica. Per Levy, una nuova versione di Sabra e Shatila è solo rimandata e nessuno sta facendo nulla per fermarla.

da qui

 




 

Editoriale di Haaretz : Il mondo intero ha visto i coloni israeliani bruciare Hawara

La violenta furia di centinaia di coloni palestinesi della Cisgiordania a Hawara, sulla scia dell'attacco terroristico in cui sono stati uccisi Hillel e Yagel Yaniv, residenti dell'insediamento di Har Bracha, è andata avanti per più di cinque ore.

Centinaia di coloni hanno lanciato pietre e incendiato case e veicoli. Un uomo di 37 anni è stato ucciso e circa 100 persone sono rimaste ferite. “Sono entrati ovunque , hanno incendiato case e vandalizzato auto”, ha detto ad Haaretz Abed al-Rahman, un residente di Hawara. Ha chiarito che alcuni degli aggressori portavano pistole e altri hanno lanciato bombe molotov nelle case . “Dall'interno delle case si sentivano solo grida. Molte famiglie sono corse fuori per paura di essere bruciate vive".

Non commettere errori sull'identità dei rivoltosi. Yesh Atid MK Yoav Segalovitz ha capito bene quando ha specificato : "Queste non sono persone che sono impazzite, sono sostenute dai politici". Non è una questione di interpretazione. Questo è ciò che il deputato parlamentare Zvika Fogel di Otzma Yehudit ha ritenuto opportuno dire lunedì in risposta al pogrom .Alla domanda se fosse soddisfatto dei risultati della rivolta, ha risposto: "Sono molto contento, anche, perché ad Hawara hanno capito che esiste un equilibrio del terrore . Le forze di difesa israeliane non lo stanno raggiungendo al momento".

Ricorda queste osservazioni la prossima volta che una persona "pienamente giusta" pronuncia le parole "deterrenza" e "governabilità". Questo è esattamente ciò che intendono. “In qualsiasi posto dove i terroristi escono per uccidermi, sì, voglio vedere quel posto bruciare. Brucia metaforicamente”, ha detto Fogel per spiegare la sua visione della governabilità. In effetti il mondo intero ha visto bruciare Hawara. Non metaforicamente.

Anche il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir ha affermato di "capire i sentimenti" dei rivoltosi. Sebbene sia passato attraverso la formalità di sintetizzare "Questo non è il modo", non ha lasciato dubbi sui suoi veri sentimenti riguardo a ciò che è accaduto. Un kahanista dichiarato , conosce sicuramente molto bene il testo della canzone "May Your Village Burn".

 

In modo preoccupante, anche l'IDF e la polizia sembravano aver perso il controllo degli eventi domenica e non sono stati in grado di fermare il pogrom. Questo è motivo di grave preoccupazione, dal momento che gli eventi nell'area di Nablus potrebbero molto probabilmente innescare uno scontro più ampio in Cisgiordania, di cui l'establishment della difesa ha a lungo avvertito.

E tutto questo sta accadendo quando il governo israeliano è guidato da un imputato criminale controllato da sfrenati estremisti nazionalisti e razzisti. Un governo che, invece di curare la sicurezza dei suoi cittadini e dei soggetti sotto il suo controllo, sta smantellando la democrazia, incendiando la regione e minando le fondamenta dello Stato.

da qui

 

 

A Jenin, aiutare i feriti significa rischiare la vita - Amira Hass

 

Alle squadre di soccorso è stato vietato l'accesso all'area dei raid militari a Jenin per soccorrere i feriti senza un precedente coordinamento, cosa che secondo i palestinesi non è fattibile durante i raid di arresto
16 febbraio 2023
Dall'inizio di gennaio, i residenti del campo profughi di Jenin e le squadre di soccorso palestinesi della città sanno che le forze di difesa israeliane impediscono alle ambulanze di accedere in tempo reale all'area dei raid militari per soccorrere i feriti. L'esercito ha ordinato ai dipendenti dell'Autorità palestinese di inviare un messaggio in tal senso alle squadre di soccorso durante i raid di gennaio a Jenin, hanno riferito ad Haaretz i residenti del campo.
Per esperienza, i residenti sanno anche che chiunque si avvicini ai feriti per prestare i primi soccorsi sta rischiando la vita: un cecchino israeliano probabilmente gli sparerà. È così che un cecchino ha ucciso Jawad Bawaqneh, 57 anni, il 19 gennaio. È anche il modo in cui un soldato o un cecchino dell'IDF ha sparato e colpito il parabrezza anteriore di un'ambulanza guidata dal 51enne Fadi Jarrar il 26 gennaio.
I portavoce delle forze armate e il coordinatore delle attività governative nei territori hanno affermato in risposta ad Haaretz che non c'è nulla che impedisca il salvataggio dei feriti, ma che deve essere coordinato per "prevenire danni a passanti innocenti".
 Tuttavia, rispondono i palestinesi, il coordinamento richiede tempo e non è fattibile in una situazione di urgenza medica dove contano le vite umane.


La Croce Rossa, che a volte funge da intermediario tra l'IDF e i medici palestinesi, non affronta direttamente questa disparità. Il 26 gennaio, il giorno in cui un raid a Jenin ha provocato la morte di 10 palestinesi, l'organizzazione ha pubblicato un avviso generale in cui si afferma che l'evidente atto di accedere ai feriti non è stato onorato. “Il personale medico, le unità e le strutture mediche devono essere protette e rispettate in ogni circostanza per garantire alle comunità colpite il continuo accesso alle cure”, si legge nell'insolito avviso inviato ad Haaretz in sostituzione di una risposta diretta alla 

nostra domanda.

 

Grida di aiuto

Jawad Bawaqneh era stato un insegnante di educazione fisica in un liceo di Jenin, amato da generazioni di studenti, un uomo sorridente, “un amico dei suoi figli”. Nella casa di famiglia sulla strada principale a nord del campo profughi di Jenin, era il più anziano degli 11 che vivevano lì. La più piccola è sua nipote di 18 mesi.
Giovedì 19 gennaio la famiglia è stata svegliata verso le 2:30, come gli altri residenti del campo, al suono della sirena.  Quando i rumori delle esplosioni e degli spari  sono aumentati , la famiglia si è riunita in una camera da letto interna appartenente ai genitori. Hanno esperienza, ha spiegato il figlio maggiore Farid Bawaqneh. Una volta, durante una delle precedenti incursioni dell'esercito, i proiettili hanno colpito la stanza dei bambini.
Verso le 4 del mattino del 19 gennaio, hanno sentito grida di aiuto dalla strada. Nonostante il pericolo, sbirciarono dalla finestra e hanno visto che sulla strada sul lato orientale della loro casa d'angolo, accanto a un piccolo negozio di telefonia mobile, giaceva un uomo che gemeva per il dolore. La prima ad accorrere da lui è stata Jawad, Alaa, 34 anni, anche lei insegnante di educazione fisica.
Tenendosi vicino al muro esterno, Alaa lo ha percorso per tutta la sua lunghezza fino a raggiungere il ferito, che secondo lei giaceva a circa otto metri dalla porta della loro casa. Successivamente si è scoperto che l'uomo era Adham Jabareen, un membro della Jihad islamica. Non conosceva l'uomo, come avrebbe detto in seguito all'investigatore sul campo di B'Tselem Abd al-Karim al-Sa'adi. E' riuscita a trascinarlo per due o tre metri prima che suo padre si unisse ad aiutarla, in pigiama.
Farid, che era accanto a suo padre, ha detto ad Haaretz la scorsa settimana che "In seguito ci siamo resi conto che la grande quantità di sangue che si era accumulata sotto la schiena di Adham, rendeva più facile trascinarlo". Il padre si è inginocchiato, ha afferrato l'altra mano del ferito e insieme alla figlia ha continuato a tirarlo. Farid pensa che suo padre sia riuscito a tirare il ferito per non più di 40 centimetri quando all'improvviso, davanti ai suoi figli sconvolti, la sua testa è caduta all'indietro e la schiena si è piegata , lentamente, verso il gradino fuori dall'ingresso.
Un proiettile lo aveva colpito alla spalla sinistra e gli aveva perforato il petto. La sparatoria proveniva da est, dall'alto. Farid ha trascinato il padre ferito sulla soglia. Quando la testa e il petto di Jawad erano già all'interno della tromba delle scale e i suoi piedi erano ancora fuori dalla soglia, altri colpi sono stati sparati contro di lui ed è stato ferito di nuovo, ha detto Farid. Alcuni buchi , causati da quella sparatoria, sono già visibili all'ingresso della farmacia accanto e del ficus lì vicino.
Un'ambulanza della Mezzaluna Rossa che cercava di raggiungere il sito è stata ritardata di circa 45 minuti, ha detto Mahmoud al-Saadi, il direttore dell'equipaggio dell'ambulanza dell'organizzazione. L'auto della famiglia Bawaqneh era parcheggiata nel cortile interno . Così  Alaa   ha accompagnato suo padre all'ospedale, dove è stato dichiarato morto. Successivamente, anche il corpo di Jabareen è stato portato in ospedale. Farid dice di non essersi accorto se, mentre giaceva ferito, accanto a lui c'era una pistola. Era buio e c'è stata un'interruzione di corrente, ha detto.

La Mezzaluna Rossa e la famiglia presumono che la fonte del proiettile letale che ha ucciso Bawaqneh fosse  su un alto edificio a circa 250 metri a est della casa di famiglia, dove i soldati dell'IDF avevano occupato un appartamento al quinto piano la notte della sparatoria. Gli inquilini dell'appartamento hanno visto i soldati posizionare un fucile su un treppiede nel soggiorno, dalla cui finestra si vede il campo e la casa dei Bawaqneh, e hanno sentito gli spari da una stanza adiacente dove i soldati li avevano rinchiusi.
Blocco di un'ambulanza

Una settimana dopo, il 26 gennaio, l'esercito e la polizia israeliana hanno nuovamente invaso, e inaspettatamente, in pieno giorno. Fadi Jarrar, proprietario di una modesta compagnia privata di ambulanze e lui stesso autista di ambulanze, stima di aver sentito la sirena alle 6:55 o alle 7:00. La sua casa, sopra l'ufficio, è vicina al campo. Lui e il paramedico che lavora con lui, Mohammad Balawi, hanno subito preso una delle tre ambulanze della compagnia e sono stati raggiunti da un volontario, un infermiere dell'ospedale. Volevano avvicinarsi il più possibile a chiunque avesse bisogno di cure e soccorsi all'interno del campo.
La Mezzaluna Rossa aveva già riferito della prima vittima, Iz al-Din Salahat, 22 anni, un poliziotto delle forze palestinesi e un membro della sua squadra di calcio. Quando Salahat ha notato i soldati israeliani sotto copertura, ha sparato contro di loro, hanno detto i residenti del campo. È stato immediatamente colpito alla schiena, hanno aggiunto. I soldati stessi non sono stati visti nei vicoli. Alcuni sono rimasti in jeep blindate e altri sono stati collocati in alcune postazioni di tiro ai piani superiori degli edifici che avevano occupato all'inizio.
Ad ogni entrata del campo c'era un mezzo militare che bloccava l'ambulanza di Jarrar, così ha fatto una deviazione, guidando lungo il pendio della collina su cui è costruito il campo. “Gli shabab [i giovani palestinesi e i loro aiutanti] ci hanno indirizzato verso un vicolo che scende al Jorat al-Dahab ”. In questo quartiere si trovava la casa dove vivevano gli attivisti della Jihad islamica ricercati dall'esercito israeliano. L'esercito l'ha bombardata con nove missili LAU dopo che gli uomini si erano apparentemente rifiutati di uscire.
Quando si salvano vite, ogni minuto è importante. Per noi, come équipe mediche, nel momento in cui un uomo armato viene ferito smette di essere armato e diventa una vittima che deve essere salvata”.
Jarrar ha parcheggiato la sua ambulanza in un posto sicuro, come ha detto lui – in altre parole, non nell'area tra le jeep corazzate dei soldati e i giovani del campo armati di fucili o sassi. Come sempre, lui e il suo team si sono preparati per il momento in cui sarebbero stati informati che qualcuno era stato ferito, avrebbero prestato i primi soccorsi o si sarebbero precipitati in ospedale.
Dopo un po' qualcuno ha infatti gridato che c'era un ferito. Jarrar è avanzato un po', sul pendio del vicolo, e i due paramedici sono scesi dall'ambulanza, tornando con un uomo leggermente ferito. "Ci sono state molte sparatorie", ha detto Jarrar. Mentre i suoi colleghi curavano l'uomo, ha notato un giovane che era stato colpito ed è crollato. Alcuni giovani lo hanno portato verso Jarrar, che ha fatto avanzare l'ambulanza di circa mezzo metro verso di loro. La parte anteriore del veicolo sporgeva un po' oltre il muro della casa ed entrava nel vicolo perpendicolare a loro.
Poi due colpi hanno perforato il parabrezza anteriore davanti al sedile del passeggero, creando due fori . Non ha avuto il tempo di avere paura o di pensare al paramedico Balawi, che  stava curando il primo ferito. Il secondo uomo portato per le cure è rimasto gravemente ferito. Mentre i due paramedici cercavano di fermare l'emorragia, Jarrar ha iniziato a guidare in retromarcia. Pensa che fossero circa le 9:00, ma non ne è sicuro.
All'uscita hanno incontrato un bulldozer militare, che non ha permesso loro di proseguire in direzione dell'ospedale (a circa tre o quattro minuti di distanza). Invece la deviazione è durata circa 15 minuti. Hanno appreso il giorno successivo che l'uomo ferito aveva ceduto alle sue ferite. Se il bulldozer non avesse bloccato l'ambulanza, se non fosse stato loro richiesto di fare una lunga deviazione, la sua vita sarebbe stata salvata? Non lo sappiamo. Poi i tre sono tornati nello stesso angolo del campo per curare gli altri. Due settimane dopo, Jarrar non aveva ancora sostituito il parabrezza dell'ambulanza con buchi. "Costa 2.000 ($ 565) shekel, e non abbiamo quella somma", ha detto.

Erano ben consapevoli del rischio quando si sono recati al campo. La Mezzaluna Rossa a Ramallah li aveva informati che l'esercito non permetteva alle ambulanze di entrare nell'area del conflitto. Collegato o no, ha detto Jarrar, "Il 19 gennaio, due jeep dell'esercito proprio accanto al mio ufficio ci hanno impedito di uscire o salire sulle ambulanze".
I soldati che ritardano il lavoro delle squadre mediche palestinesi, anche sparando e colpendo le ambulanze, non è una novità, a Jenin e altrove. La differenza, ha detto Mahmoud al-Saadi, “è che questa volta ci hanno ufficialmente informato che le ambulanze non possono entrare nell'area degli incidenti”. La Mezzaluna Rossa lo ha appreso per la prima volta da un membro del comitato di collegamento militare palestinese, circa 15 minuti dopo l'inizio del raid del 19 gennaio.
Ecco come funziona: qualche ufficiale israeliano – di solito dell'ufficio di collegamento e coordinamento distrettuale – contatta la sua controparte palestinese e gli dà l'ordine oralmente (mai per iscritto), che dovrebbe trasmettere al pubblico palestinese. Al-Saadi non ricorda esattamente chi ha chiamato il 26 gennaio, "Ma sapevamo con certezza che gli israeliani stavano vietando ancora una volta l'ingresso delle ambulanze al campo". Circa un'ora e un quarto dopo, la Croce Rossa gli comunicò che le ambulanze potevano viaggiare, ma "con cautela".
La Mezzaluna Rossa ha 25 dipendenti e sei ambulanze che lavorano a turni. Quando ci sono irruzioni, circa l'80% del personale lavora, alcuni su base volontaria. All'interno del campo, i volontari portano i feriti alle ambulanze indipendentemente dal pericolo e dalla distanza. "Non vogliamo trovarci direttamente all'interno della scena della sparatoria", dice al-Saadi. “Lavoriamo con attenzione, ma il nostro obbligo di salvare vite viene prima di tutto, e questa è la nostra missione. A volte, durante i raid, evacuiamo anche persone che soffrono di ansia o addirittura di infarto dovuto alla paura. È successo che i soldati ci hanno impedito di raggiungerli.
Quando si salvano vite, ogni minuto è importante. Per noi, come équipe mediche, nel momento in cui un uomo armato viene ferito smette di essere armato e diventa una vittima che deve essere salvata. Il divieto ufficiale israeliano, impostoci, di operare correttamente durante un raid è nuovo per noi e mi preoccupa. Ho paura sia per la squadra che per i feriti.
Nel raid più recente, le squadre della Mezzaluna Rossa hanno aiutato 20 feriti e altri due che stavano soffocando per l'inalazione di gas lacrimogeni. Se avessimo iniziato a coordinarci con l'esercito su come raggiungere ogni individuo ferito, coordinamento che richiede tempo, avremmo perso almeno quattro dei feriti gravi".
Al-Saadi è combattuto tra la dedizione professionale e la responsabilità nei confronti dei feriti e la paura per il benessere delle sue squadre, non solo a causa della sua posizione di direttore. Nel 2002, durante i raid dell'IDF nel campo profughi durante la seconda intifada, ha lavorato come paramedico a Jenin insieme a un medico della Mezzaluna Rossa, il dottor Khalil Suleiman. Il 4 marzo è stato coordinato con l'esercito. Nonostante ciò, i soldati hanno sparato un missile LAU contro l'ambulanza, che ha preso fuoco. Al-Saadi e un altro paramedico sono riusciti a districarsi, ma i soldati hanno continuato a sparare contro di loro. Il dottor Suleiman è morto in ambulanza e l'ospedale governativo di Jenin è stato intitolato a lui. L'ambulanza bruciata si trova ancora oggi nel cortile della Mezzaluna Rossa di Jenin.
"Mia moglie non mi ha riconosciuto quando è venuta in ospedale", ha detto al-Saadi. Le numerose operazioni su tutto il corpo che ha subito per quasi cinque anni sono visibili sulle mani e sul viso. Quando parla del grave infortunio, delle ustioni e dei dolori, non sembrano passati 20 anni.
Il 24 gennaio di quest'anno, in altre parole, due giorni prima del grande raid a Jenin, il sito di informazione palestinese Sada News ha riferito che “le forze di occupazione israeliane hanno informato il Comitato di collegamento palestinese del divieto di ingresso di giornalisti, squadre di soccorso e ambulanze durante gli attacchi delle forze di occupazione”. Il rapporto aggiunge che il motivo della decisione è “salvaguardare il benessere dei giornalisti e delle squadre di soccorso”, e che in pratica ciò significa l'esecuzione dei feriti, che non saranno curati in tempo. I fotografi palestinesi hanno detto ad Haaretz che l'esercito ha davvero impedito loro di entrare nel campo il 26 gennaio.
Alla domanda di Haaretz se il rapporto fosse corretto, il 24 gennaio il portavoce del coordinatore delle attività governative nei territori ha risposto che “l'IDF consente il libero accesso alle équipe mediche e dei media in tutta la Giudea e la Samaria.
Nel corso dell'attività operativa per prevenire il terrorismo, c'è un colloquio con le entità palestinesi interessate, al fine di renderle consapevoli dei possibili rischi, e quindi di aiutare a prevenire danni a spettatori innocenti, comprese le squadre mediche e dei media". Il portavoce dell'IDF e il COGAT non hanno risposto a un'altra domanda dettagliata di Haaretz riguardante l'apparente processo di coordinamento che dovrebbe esistere tra palestinesi e israeliani, al fine di garantire il rapido ingresso delle squadre di soccorso.
Il portavoce dell'IDF e del COGAT hanno inviato la stessa risposta di prima, aggiungendo la frase: "L'affermazione secondo cui le forze israeliane impediscono alle squadre mediche di somministrare cure mediche non è corretta". Il portavoce dell'IDF ha risposto che "le circostanze della morte delle persone uccise [incluso Bawaqneh] il 19 gennaio 2023 sono in fase di esame". Una fonte della difesa ha affermato che non è stata presentata alcuna denuncia in merito allo sparo sull'ambulanza di Jarrar e, se ce n'è una, "sarà esaminata come al solito".
Jarrar ha specificato  di aver presentato una denuncia dopo che i soldati hanno sparato  sull'ambulanza al checkpoint di Jalameh l'anno scorso, e che non ne è venuto fuori nulla. "So che non ha senso presentare un reclamo."

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