I tempi sono fuori sesto, diceva Amleto, e mi fa rabbia che tocchi a me rimetterli a posto. Solo in un tempo scardinato è possibile rispondere a un’aggressione fascista minacciando di sanzioni un’insegnante antifascista, o dare la colpa di una strage in mare a genitori snaturati che, chissà perché, hanno portato con sé i figli su una barca clandestina e precaria.
Per questo tocca a noi, con rabbia serena, rimetterli a posto scendendo in
strada come antifascisti a Firenze e come antirazzisti a Milano. Che poi è la
stessa cosa.
Nel 1939, una nave chiamata Saint Louis attraversò l’Atlantico cercando di
portare in salvo 937 ebrei rifugiati dalla Germania nazista. Le autorità del
nuovo mondo - a Cuba, negli Stati Uniti, in Canada - furono tutte concordi nel
rifiutargli il permesso di sbarcare.
La nave dovette riattraversare l’oceano e tornarsene in Europa, dove almeno un
terzo di quelle persone furono assassinate dei campi di sterminio nazisti.
Nel 2023, i rifugiati delle guerre, delle catastrofi climatiche, della povertà
e della mancanza di futuro non hanno nemmeno una nave che provi a portarli in
salvo. Devono attraversare il mare come possono, ma ancora una volta trovano i
porti chiusi e se muoiono è colpa loro.
In questi tempi fuori sesto i criminali sotto processo sono Mimmo Lucano che
aveva provato ad accoglierli, o il contadino francese Cédric Herrou.
Colpevole di solidarietà verso i migranti attraverso le Alpi.
Ha proprio ragione l’improbabile ministro Valditara: non c’è pericolo di un
ritorno del fascismo. Da un lato, è’ improbabile che torni il fascismo del
folklore, coi gagliardetti, gli slogan, i gerarchi in camicia nera che saltano
nel cerchio di fuoco, il fez con la nappa. Dall’altro, non “tornerà”, perché
non se n’è mai andato, il fascismo che chiudeva i porti ai rifugiati ebrei del
1939 e che adesso li chiude ai rifugiati africani e mediorientali col colore
sbagliato e la pelle sbagliata. Per questo le due manifestazioni di oggi a Firenze
e Milano sono la stessa cosa: è lo stesso fascismo quello che aggredisce chi
non è d’accordo e quello che lascia morire chi non è uguale. L’ipocrita «prima
gli italiani» di Salvini e complici e successori significa solo gli «italiani»:
sono non-italiani e non hanno diritti i “clandestini” fuori dei confini; e
dentro i confini sono «antitaliani» (questi sì proprio come nel ventennio)
quelli che non si accodano disciplinatamente al consenso verso chi comanda.
Nel 1984 immaginato da George Orwell, il senso delle parole si rovesciava: «La
guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza». Nel 2023 in cui
viviamo noi, abbiamo fatto molti passi avanti su quella strada. Antifascismo e
solidarietà sono reati, le vittime sono colpevoli, i carnefici buoni
samaritani, lasciar morire la gente è pietà. Nei suoi discorsi, Giorgia Meloni
- madre, cristiana, ma soprattutto italiana - ci insiste ripetutamente. «Siamo
umani, noi», proclama, «noi siamo quelli umani che si pongono il problema del
destino di persone che stanno in difficoltà e per evitare che muoiano in mare
con nostro grande dolore gli diciamo di non partire, vantando una politica di
respingimento come un atto umanità e di buoni sentimenti.
In quanto madre, Giorgia Meloni non ha una parola umana per i ragazzi massacrati
di botte dai fascisti a Firenze; in quanto cristiana, non ha niente di umano da
dire sugli esseri umani morti per mancanza di soccorsi nel mare della Calabria.
D’altra parte, è in nome di umani sentimenti paterni che il suo accolito
Piantedosi dà ai loro stessi genitori la colpa della morte di bambini che
sarebbe stato suo compito salvare. E non ci dimentichiamo che il suo alleato
Matteo Salvini schedava i rom perché «non come ministro, ma come papà» voleva
«salvare quei bambini che crescono nella schifezza» di campi che sarebbe stato
suo dovere rendere vivibili.
Ma sarebbe stato, ed è, anche dovere nostro. Abbiamo senz’altro il cuore dalla
parte giusta, ma non basta. Anche una solidarietà rassegnata rischia di
risolversi in inerzia, che è una forma attenuata di indifferenza. Ho cominciato
con Amleto, finirei con Yeats: le cose vanno in pezzi, scriveva, perché «ai
migliori manca ogni convinzione, mentre i peggiori sono pieni di intensità
appassionata». Basta ascoltare i comizi di Giorgia Meloni per capire di che
cosa parlava. Ebbene, è arrivato il momento di scrollarci ci dosso il torpore
interiorizzato di chi si sente sconfitto, e di ritrovare le nostre convinzioni
, le nostre passioni, la nostra intensità. Forse non è troppo tardi per provare
a rimettere il mondo in sesto.
(Pubblicato
su il manifesto del 4 marzo 2023 con il titolo completo Mondo alla rovescia. Rimettiamolo in sesto, ribellarsi è giusto)
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