QUI un libro di Italo Moretti, intitolato Sudamerica
STUDENTESSA: Ringraziamo il nostro ospite per aver accettato il nostro
invito, il giornalista Italo Moretti, che si è a lungo impegnato in America
Latina. Prima di cominciare la discussione, guardiamo insieme la scheda
filmata.
Inverno 1975, un inverno durissimo per l'Argentina: crisi economica e
guerra civile vanno sfibrando il paese. Si invoca il ripristino dell'ordine. E
l'ordine, con l'inizio della primavera del 1976, verrà ripristinato lasciando
una lunga scia di morti. La totalità degli organi di stampa, e anche la Chiesa
Argentina, salutano questo "golpe" militare fatto per
"necessità". Il consenso internazionale non verrà a mancare: Stati
Uniti, Inghilterra, Germania Federale, Italia e Vaticano, riconoscono il nuovo
regime militare. Jorge Videla, comandante in capo dell'Esercito, nuovo
Presidente dell'Argentina, un anno prima aveva dichiarato: "Morirà il numero
delle persone necessario per conseguire la sicurezza del paese". Qual
è il numero necessario di morti per conseguire la sicurezza di un paese? Cento,
mille, diecimila, centomila, un milione ... E in che cosa consiste la sicurezza
di un paese? E come perseguirla? In un secolo colmo di orrori, come il
Novecento, i militari argentini occupano un posto d'onore, non hanno
semplicemente offeso e calpestato diritti fondamentali, hanno inventato una
nuova forma della sopraffazione: la totale sparizione, la
cancellazione dell'identità.
"La giustizia ci ignora. Le autorità rispondono di non saperne niente, che nostro figlio non è mai entrato in un commissariato, né in una caserma, né in un carcere". Così testimonia una delle tante madri che sono sfilate a Plaza de Mayo, davanti alla residenza presidenziale, mostrando il nome e la foto del figlio o dei figli. Quei nomi sconosciuti, quei volti perennemente giovani fissati in fotografie ormai sbiadite, sono stati la sola, ostinata, irriducibile resistenza alla violenza della sparizione.
"La giustizia ci ignora. Le autorità rispondono di non saperne niente, che nostro figlio non è mai entrato in un commissariato, né in una caserma, né in un carcere". Così testimonia una delle tante madri che sono sfilate a Plaza de Mayo, davanti alla residenza presidenziale, mostrando il nome e la foto del figlio o dei figli. Quei nomi sconosciuti, quei volti perennemente giovani fissati in fotografie ormai sbiadite, sono stati la sola, ostinata, irriducibile resistenza alla violenza della sparizione.
STUDENTESSA: Chi è il desaparecidos e con quali criteri si muoveva la
macchina repressiva?
MORETTI: Il desaparecido è, come diceva Videla nella scheda, il primo
dittatore, il Presidente della Giunta Militare, chiunque si opponesse al metodo
di vita argentino. In sostanza secondo i militari argentini, bisognava
sradicare dalla radice della società argentina la sovversione, e per
sovversione si intendeva la giustizia sociale, l'uguaglianza, la solidarietà
umana. Ecco, chiunque fosse portatore di questi valori, entrava, per così dire,
nel mirino di questa efferata repressione.
STUDENTE: Scusi, vorrei sapere per quale motivo è stata scelta questa
strategia della sparizione, e non si è usato invece un altro tipo di
repressione.
MORETTI: Perché tre anni prima c'era stato in Cile un colpo di Stato, il
famoso colpo di Stato che porta il nome di Pinochet, che aveva abbattuto un
governo delle sinistre, e questo colpo di Stato fu molto spettacolare. Noi
fummo testimoni diretti della repressione. Ci fu consentito di visitare lo
Stadio Nazionale del Cile, nel settembre del '73. Queste immagini fecero il
giro del mondo e suscitarono una grande protesta. Memori di quella lezione, gli
argentini invece, dal 24 marzo 1976, misero in moto una macchina della morte
silenziosa, segreta e clandestina. Avevano organizzato 365 prigioni segrete
dove venivano rinchiusi operai, studenti, intellettuali, sindacalisti, suore,
seminaristi. Insomma, chiunque fosse a contatto coi poveri, diceva un generale,
era sovversivo, perché i poveri sono sovversivi.
STUDENTESSA: Quali sono gli elementi in comune, se eventualmente ci sono,
con la situazione del Cile, dopo il golpe militare del '73, o con altre realtà
dell'America Latina.
MORETTI: In comune queste società militari, questi eserciti, queste forze
armate, hanno l'ispirazione a un principio generale che viene conosciuto in
quegli anni come Dottrina della Sicurezza Nazionale. Concepita nelle scuole
militari di guerra degli Stati Uniti, questa dottrina dice alle forze armate
dell'America Latina: "Badate, Voi fino a ieri eravate preposti a
difenderVi dal nemico esterno, cioè sui confini della patria. Da oggi in poi il
vostro nemico è anche dentro il paese. Quindi voi dovete fare una doppia azione
militare, all'esterno, di cui si avrà sempre meno bisogno, e all'interno, dando
la caccia e sconfiggendo i nemici della patria che sono i sovversivi". Mi
si consenta una breve citazione, perché su questa questione della sovversione
si è parlato molto. Nel 1979 a Puebla, nel Messico, la Chiesa Cattolica che ha
avuto un atteggiamento molto difforme e molto contrastante, però fu chiamata a
discutere della tragedia argentina, dove si spariva a migliaia a migliaia e
dove le vittime di questa repressione erano i cosiddetti sovversivi. Ebbene,
che cosa dissero i vescovi latino-americani a Puebla? La lotta contro i
sovversivi, come succede in ogni caccia alle streghe o agli indemoniati, si era
convertita in una repressione generalizzata e demenziale, nella quale l'epiteto
di sovversivo aveva acquistato un senso tanto ampio quanto imprevedibile. Nel
delirio semantico erano molteplici i significati che la parola assumeva, tra
cui marxista, leninista, materialista, ateo, nemico dei valori occidentali e
cristiani. E così venivano classificati sovversivi quanti auspicavano una
rivoluzione sociale, come gli adolescenti che davano una mano ai poveri che
abitavano le baracche. Poveri i sovversivi, sovversivo chi li aiuta. E cadevano
nella rete dirigenti sindacali che si battevano per un semplice aumento dei
salari, ragazzi che avevano appartenuto a centri giovanili e studenteschi,
giornalisti non asserviti alla dittatura, pacifisti, suore e preti, che
portavano l'insegnamento di Cristo nei quartieri più miseri. Qualsiasi loro
amico è l'amico dell'amico, persone accusate per vendette personali o indicate
dai sequestrati sotto l'effetto della tortura. Tutti costoro erano in gran
parte estranei al terrorismo, che pure c'era, ed estranei ai gruppi della
guerriglia armata. I veri guerriglieri o morivano negli scontri o si suicidavano
prima di essere presi, sicché erano pochissimi quelli che finivano nelle mani
degli aguzzini. Questo Vi dice un po' quale era la categoria immensa dei
desaparecidos, e come fosse varia e articolata.
STUDENTE: Io non riesco a capire come mai, nonostante la risonanza dei
Mondiali di Calcio del '78 in Argentina, non sia emersa la verità su quanto
stava accadendo in quel periodo.
MORETTI: Mentre il golpe del Cile provocò una reazione fortissima, emotiva
e politica, i militari argentini potettero agire praticamente impuniti, cioè vi
era una sorta di complicità internazionale. L'amministrazione degli Stati
Uniti, il governo americano, era sostanzialmente neutrale, quindi era complice,
diciamo non complice, ma insomma solidale con i militari per ragioni geopolitiche,
in quanto l'area dell'America Latina è di egemonia statunitense. L'Unione
Sovietica, taceva e addirittura si opponeva a documenti votati alle Nazioni
Unite contro la dittatura militare argentina, perché aveva bisogno di comperare
il grano argentino dall'Argentina, che in quel momento aveva un governo
militare. Purtroppo tacque anche la Chiesa Cattolica argentina. Mentre in Cile
avevano avuto una Chiesa profetica, eroica, in Argentina, i vescovi, nella
misura di settantasei su ottanta, si schierarono a favore del colpo di Stato,
benché anche la Chiesa abbia avuto le sue vittime. Un vescovo è stato ucciso,
assassinato, solo perché stava indagando sull'assassinio di alcuni preti. Tra
le prime vittime della repressione ci sono, nei primissimi giorni, cinque padri
pallottini. Questo non è servito all'epoca, alla gerarchia cattolica, che oggi
fa il mea culpa, a non avallare il colpo di Stato operato dai militari.
STUDENTE: Vorrei chiederLe di approfondire l'atteggiamento che ha avuto la
stampa nei confronti del golpe militare; e anche come la Chiesa si è
comportata.
MORETTI: La stampa ha tenuto un tono, come si dice oggi, molto soft. Non ha
fatto mai molto notizia il golpe argentino. È vero che, come raccontava anche
la scheda, i militari abbattevano un governo screditato, un governo peronista
che era lacerato da una guerra interna. Si sparava nelle strade, l'economia
andava molto male. I militari argentini che hanno in questi ultimi
cinquant'anni, quelli che finiscono nell'Ottanta, alternato periodi di governo
a periodi di caserma; l'inventore della Sociologia argentina diceva che la
politica argentina è governata dalla legge del pendolo, che alterna governi
militari - poi i militari si stancano e capiscono che devono tornare in caserma
- e governi civili. Quindi, primo, veniva abbattuto un governo screditato,
secondo, non c'erano in Argentina quei punti di riferimento politici che
c'erano stati invece in Cile. Cioè il Cile presentava allora, e ce lo ha
tuttora, non l'abbiamo più noi, uno schieramento politico molto simile a quello
delle democrazie occidentali e della nostra democrazia in particolare: il Cile
aveva una Democrazia Cristiana, un Partito Comunista e un Partito Socialista. E
ora, se uniamo questa solidarietà, che scattava nei partiti omologhi italiani
ed europei, alla spettacolarizzazione del colpo di Stato cileno, in cui tutto
era visibile, si spiega come facesse molto più notizia il golpe cileno. Il
golpe argentino è un fatto su cui dovrebbero fare il mea culpa anche i grandi
mezzi di informazione. Io ricordo che nel '73 cercavamo un po' pateticamente di
trasmettere in Italia le interviste di queste donne italiane e figlie di
italiani - abbiamo quasi il 40% di italiani - che avevano perso i loro figli,
sangue del nostro sangue, e a Roma non accadeva niente. Non c'era nessun
atteggiamento neppure formale da parte del governo, contro questi militari
argentini, che avevano quindi la mano libera.
STUDENTESSA: Quali sono state le reazioni dell'opinione pubblica
internazionale?
MORETTI: Come dicevo prima le reazioni sono state molto blande, perché la
grande abilità dei militari argentini è stata quella di operare nell'ombra, nel
silenzio. I primi scomparsi sono dei primissimi minuti successivi alla
mezzanotte del 24 marzo 1976. Quando queste squadracce, che sono composte da
militari per lo più, soldati dell'Esercito, Aviazione, Marina e Polizia, perché
lì c'era stata una sorta di patto scellerato tra le forze armate, cioè
dividersi un po' le competenze, agire insieme e non tradirsi mai, non
ammettere mai nulla. Che cosa accadeva? Queste squadracce, soprattutto di
notte, il 60% dei sequestri avveniva di notte, irrompeva nelle case delle
persone da sequestrare, cominciava a aggredire e terrorizzare i congiunti,
picchiandoli spesso, cominciava a saccheggiare la casa di queste vittime e alla
fine incappucciavano la vittima, la trascinavano via, minacciando i congiunti,
i parenti, dicendo loro: "Se la vorrete rivedere viva, dovete
tacere". Quindi per molto tempo queste famiglie, terrorizzate, non scambiavano
opinioni con i vicini o con nessuno, nella speranza, lontani dal pensare che
questa macchina della morte fosse già in atto, lontani dal pensare che alcuni
dopo pochi giorni dall'arresto venivano torturati ed ammazzati - vedremo anche
come - e quindi la voce non circolava, cioè non diventava una questione
nazionale. Soltanto negli organismi dei diritti umani, dove noi giornalisti
andavamo a raccogliere le denunce, questa povera gente, queste mamme
soprattutto, che non volevano che i mariti rischiassero, sono state delle
grandi eroine le mamme argentine, nonne oggi, parlavano davanti alle nostre
telecamere e ai nostri microfoni, e denunciavano. Ma nel paese non accadeva
nulla. Nei giornali non c'era alcun riferimento. Nella televisione non si
parlava di quanto stava accadendo in questo paese. Eppure si spariva. E si
spariva a migliaia, al punto che siamo arrivati a poter valutare gli scomparsi
dai venticinquemila a trentamila. Pensate che a un certo punto si pose il
problema di come occultare i cadaveri. Non so se avete menzione di quello che
facevano poi a un certo momento, non essendo più possibile seppellirli come
n.n. cioè senza nome. Nei cimiteri normali, non essendo più possibile far
saltare in aria con la dinamite i loro corpi, a un certo punto la Marina ideò
un sistema che poi fu copiato dall'Esercito, che consisteva nell'ingannare le
vittime, ingannare i sequestrati. Si diceva loro che sarebbero stati portati in
una prigione pubblica, cioè che sarebbero affiorati, riapparsi. Si
praticava loro una prima iniezione. Questo accadeva soprattutto nella scuola
meccanica navale di Buenos Aires, che sorge di fronte a Rio de la Plata, uno
dei posti più ridenti di questa grande capitale argentina, li si portava notte
tempo all'Aeroporto di Buenos Aires, non l'Aeroporto Internazionale, bensì
l'Aeroporto cittadino, che serve per i voli interni e per i voli col Brasile e
con l'Uruguay. Si facevano salire quaranta persone per notte, e un medico
militare che contravveniva a quello che è il giuramento di Ippocrate - sapete
che dovrebbe impedire questi atti di violenza - praticava loro una seconda
iniezione, stavolta di Pentothal, e una volta storditi, i sequestrati - erano
quasi tutti giovani - venivano gettati nelle acque gelide del Rio de la Plata,
dove probabilmente morivano all'impatto, oppure morivano affogati. Ci sono, tra
le poche confessioni dei militari, perché nessuno parla in Argentina, ma tra le
poche confessioni vi sono quelle di alcuni ex ufficiali della Marina, che hanno
partecipato a queste operazioni notturne. Quindi pensate: per sistemare
quattromila e cinquecento cadaveri dovettero gettarli in mare.
STUDENTESSA: Quali sono state le forme di denuncia e di resistenza?
MORETTI: Resistenza direi nessuna. In Argentina c'erano due movimenti di
guerriglia. Cioè la tragedia argentina comincia, speriamo di non andar troppo
indietro, con il ritorno di Juan Domingo Perón, che era stato questo mitico
caudillo, questo mitico capo argentino mandato in esilio dai militari. Nel '73
Perón torna e dall'esilio di Madrid inganna migliaia di giovani, promettendo
loro che avrebbe introdotto nel peronismo elementi di socialismo. Quindi patria
peronista e patria socialista. Molti giovani credono in questa cosa e Perón li
incita anche alla violenza, per cui ci sono dei gruppi armati, uno che
apparteneva al peronismo e uno che apparteneva all'estrema sinistra. Erano
tre-quattromila persone. Al momento in cui c'è il colpo di Stato questa
guerriglia è stata già sterminata, ma ciononostante comincia la repressione
contro chiunque fosse sospettato di avervi appartenuto e contro chiunque avesse
avuto rapporti personali con questi. Tutto ciò però non consistette in una
resistenza. Non vi era alcuna possibilità di una resistenza di fronte a una
repressione scatenata in modo compatto dalle forze armate argentine: Esercito,
l'Aviazione, Marina e la Polizia Federale, che era molto complice. Per esempio
c'era la pratica che quando una squadraccia doveva presentarsi di notte, per
sequestrare una persona, il quartiere veniva isolato dalla polizia, affinché
nessuno capisse cosa stesse accadendo. Quindi non vi è stata alcuna resistenza,
purtroppo. O anzi, meglio così, perché sarebbe stata una strage. Le vittime
sarebbero state assai di più, se vi fosse stata una resistenza. La stessa cosa
si poteva dire, qualche anno prima, per il golpe del Cile.
STUDENTESSA: Quando e come è cominciata ad affiorare la verità sui
desaparecidos?
MORETTI: La verità è affiorata, diciamo così, se comincia nel '77 il
Movimento delle Mamme di Piazza di Maggio, le quali credono che i loro figli
siano ancora in vita, e cominciano, tutti i giovedì, a sfilare attorno
all'obelisco di Plaza de Mayo, di fronte alla Casa Rosada, che è il Palazzo
della Presidenza della Repubblica. E queste mamme recano sul fazzoletto bianco
i nomi dei figli scomparsi con la data della sparizione. Queste mamme vengono
duramente represse dalla Polizia a cavallo, con i gas lacrimogeni, però la
stampa internazionale le intervista e queste, con molto coraggio, raccontano
che i loro figli sono stati rapiti. Badate bene: la speranza di queste mamme di
riaverli in vita è stata tale che nel 1983, quando la dittatura è sconfitta, ci
sono ancora delle mamme che sperano che con il ritorno della democrazia
ritornino anche i loro figli, perché la motivazione che davano i militari,
nella loro ferocia, nella loro scaltrezza, era quella che questi giovani erano
nei campi di lavoro, erano nelle miniere, erano nelle prigioni, ma che
sarebbero tornati alla luce. In realtà questi giovani venivano uccisi dopo poco
tempo. E c'è una pratica terrificante, sulla quale stiamo adesso costruendo
un'ipotesi: è quella delle ragazze sequestrate. Le ragazze incinte, al momento
del sequestro, venivano portate al parto, sia che fossero incinte di due mesi,
che di otto o di nove, venivano uccise immediatamente dopo il parto, e il loro
bambino, la loro creatura, veniva data in adozione o a militari o a gente
vicino al regime. Sicché oggi c'è un altro fenomeno: la ricerca dei nipoti.
Girano per l'Argentina alcune centinaia di ragazzi e ragazze che non sanno di
essere figli di una mamma che fu trucidata nel 1977 - '78 -'79.
STUDENTE: Qualcuno dei responsabili di queste sparizioni sono stati
individuati e quindi puniti?
MORETTI: I responsabili sono tutti conosciuti. Purtroppo l'Argentina è
uscita dal regime con dei militari ancora forti, ancora in grado di
condizionare e di ricattare i primi governi democratici. Io ho avuto l'emozione
di assistere a un processo, nel 1985, contro i mandanti, gli ideatori di questo
massacro, perché il primo Presidente, liberamente eletto, di cui mi onoro di
essere stato amico, Raul Alfonsìne, chiese alla magistratura militare di
processare gli ideatori dello sterminio, che io chiamo genocidio, perché tale
fu. Fino a ieri per genocidio si intendeva lo sterminio di una etnia. In
Argentina è stato un genocidio ideologico. Ci fu un processo, che la
giustizia militare non volle indire, lo indisse la giustizia civile. Noi
vedemmo alla sbarra ammiragli e generali, uno accanto all'altro, in
perfetta divisa. E ci fu una sentenza esemplare: due di loro furono condannati
all'ergastolo. Ma immediatamente dopo questa sentenza le forze armate
cominciarono a ribellarsi, perché volevano la libertà dei loro superiori. E
allora il Presidente Alfonsìne non li liberò, ma fu costretto ad emettere
alcune leggi che in sostanza perdonavano i gradi medi e intermedi della
repressione, con la giustificazione che chiunque avesse obbedito a un ordine,
solo per il fatto di avere obbedito, anche se avesse compiuto un crimine,
sarebbe stato prosciolto e amnistiato. Cosa, dal punto di vista giuridico,
orripilante. Ma questo era l'effetto del ricatto. Quando viene al potere un
altro presidente che viene dal peronismo, ma è un uomo corrotto, viene subito a
patti con i militari e, pur di averne l'appoggio, cosa fa? Proclama un indulto,
per cui tutti questi generali di altissimo grado, cioè membri dei governi
dittatoriali, sono messi in libertà. Oggi alcuni di loro sono agli arresti
domiciliari - comodissimi arresti, eh! - soltanto perché la legge di amnistia
nei loro confronti non contemplava il reato di sottrazione di minori. E
siccome, come raccontavo prima, furono sottratti centinaia di bambini alle
mamme dopo il parto, e per questo reato, che è l'unico reato non amnistiato, ci
sono dei generali che in questo momento sono agli arresti domiciliari. Per il
resto c'è una impunità totale, per cui vi sono mamme che conoscono il volto e
il nome di chi ha torturato, di chi ha sequestrato la loro figlia.
STUDENTE: L'Argentina di oggi come fa i conti con questi avvenimenti?
MORETTI: L'Argentina di oggi comincia a fare i conti, fortunatamente. La
società argentina purtroppo ha chiuso un po' gli occhi davanti a questo dramma,
pressoché nella sua totalità. Io ho sempre detto ai miei amici argentini, senza
polemica, che la grande questione dei desaparecidos è stata più una questione
fuori dell'Argentina che non nell'Argentina. C'è stata una certa acquiescenza,
un certo non voler sapere. Io cito nel mio libro una frase terribile, che mi è
risuonata nell'orecchio, anche quando c'era il processo contro i generali
argentini. La frase dice: "qualcosa avranno fatto", ed era la frase
che molte famiglie argentine pronunciavano anche quando si davano conto e
sapevano e vedevano, talvolta con i loro occhi, che un giovane o una giovane
venivano sequestrati. Ecco. Per anni l'Argentina ha voltato le spalle a questo
dramma. Adesso che ci sono i processi, adesso che ci sono le nonne che
reclamizzano la ricerca dei nipoti, adesso che dall'Italia arriva l'eco di una
sentenza, adesso che c'è qualche pentito - pochissimi, sono pochissimi casi -,
adesso che la stampa finalmente si è liberata, perché è stata di una complicità
vergognosa, anche laggiù, mi si potrebbe obiettare che in regime di dittatura
nessuno è tenuto a compiere atti eroici -, ma insomma, l'assuefazione al regime
era indiscriminata! Adesso l'Argentina comincia a prendere atto di quello che è
stato il suo dramma, perché venticinque-trentamila scomparsi vuol dire che ci
sono venticinque-trentamila famiglie che vivono in questo dramma. E allora, per
esempio, il 24 marzo del 2001, quando si è "celebrato" il 25°
Anniversario del colpo di Stato, per la prima volta le mamme, le nonne di
Piazza di Maggio si sono viste contornate dall'affetto della testimonianza di
migliaia di persone, e c'erano ben centomila persone, per la prima volta, a
condannare l'Anniversario di questo colpo di Stato, e il senso che ha avuto e
avrà anche negli anni futuri della storia argentina. Quindi è un paese che
finalmente sta aprendo gli occhi, se pure in un contesto economico e sociale
drammatico, difficilissimo.
STUDENTE: So che molti ragazzi, figli di desaparecidos, sono stati adottati
da altre famiglie argentine. Volevo sapere come vive un ragazzo, sapendo che le
persone che più ama, potrebbero essere responsabili della sparizione dei suoi
genitori naturali.
MORETTI: Ecco, Tu hai toccato un tasto che è di strettissima attualità. Io
sono reduce dall'Argentina, dove ho il proposito, d'accordo con la Casa
Editrice, di scrivere un libro su questa questione, che è di altissimo
interesse umano, che ha aspetti anche di delicatezza autentica. Che cosa è
successo in Argentina? In Argentina è successo che dalle quattro alle
cinquecento ragazze, che spesso avevano la Vostra età, furono sequestrate
incinte, qualche volta all'insaputa dei genitori, ma nella più parte dei casi i
genitori erano consapevoli, perché queste ragazze erano sposate o avevano un
compagno. Se non morirono, se non abortirono sotto tortura, ma l'intento era
quello di portare la gravidanza al parto, questi ragazzi venivano consegnati
per lo più in adozione, che era una finta adozione, o venivano consegnati a
militari che, fraudolentemente, li iscrivevano al Registro dello stato civile
come loro figli. Sono passati tanti anni. Questi ragazzi sono cresciuti
chiedendo e non ricevendo risposte. Quando il terrore è venuto meno da parte
dei vicini di casa, sono cominciate ad arrivare le telefonate. Le telefonate a
chi arrivano? Tuttora - io ero nella stanza della Presidentessa delle Donne di
Piazza di Maggio, che si chiama Estella Carlotto, il cui nipote non si trova,
lei sa solo che si chiama Guido, perché lei fu una delle poche che vide il
corpo della figlia, dal quale corpo si vedeva palesemente che nel grembo non
c'era più nessuno, che aveva partorito - ci sono questi ragazzi in
circolazione, i quali spesso vengono a sapere, non perché che glielo dicono i
genitori, qual'è la verità, qual'è la loro vera identità. Allora cosa succede?
Perché accade questo? Perché finalmente è venuto meno il terrore, ci sono delle
persone, che vivono vicino a queste coppie che hanno allevato dei ragazzi figli
di scomparsi, che finalmente, dopo anni, hanno preso il telefono e hanno
chiamato le nonne di Piazza di Maggio, che sono questa Associazione Nazionale
di donne, che hanno la mia età, o qualcuna in più, qualcuna in meno, che vanno
alla ricerca dei loro nipoti perché sanno che questi nipoti vivono sotto altro
nome. Ne hanno già scoperti una novantina di questi ragazzi. Allora cosa
succede quando si scopre? Le nonne vanno dal magistrato e dicono: abbiamo il
sospetto che lui, lei, possa essere la nipote di una nonna di Piazza di Maggio.
E portano degli elementi. A questo punto il giudice può ordinare che il
soggetto, minore di età, sia sottoposto all'esame del sangue. E viene fatto
l'esame del sangue, viene fatto l'esame del DNA e si stabilisce - tutte le
nonne argentine nel frattempo hanno versato il sangue a una Banca Nazionale
Genetica - con un grado minimo di approssimazione, se queste ragazze o questi
ragazzi sono nipoti di queste nonne che li vanno cercando. Se la madre fosse
viva, il grado di approssimazione non esisterebbe. Ci sarebbe la prova al 100%.
Ma con queste tecniche genetiche oggi si arriva al 99,98 %. Si ha la sicurezza
se una ragazza è nipote di una nonna o di uno zio materno o di una zia materna.
A questo punto ci sono tre casi. Primo caso, il caso più brutto, il caso in cui
il ragazzo sia vissuto nelle mani di una famiglia, come dicono loro, se ne è
appropriato - loro li chiamano "genitori appropriatori" - nascondendo
al ragazzo la verità, per cui poi parlando con gli psicologi mi spiegavano che
qualsiasi ragazzo adottato ha due sentimenti: da una parte prova un senso di
abbandono, dall'altra sente il bisogno di ricercare le sue origini. Anche in
uno stato di adozione normale si verifica questo. Quindi quando l'adozione è
venuta in mala fede e il ragazzo viene a scoprire che il padre è un poliziotto,
un militare, che oggettivamente ha fatto parte della categoria dei carnefici,
allora spesso questo ragazzo ha una sorta di ripulsa, di rigetto. Abbandona la
famiglia nella quale è cresciuto e va a vivere con i nonni, con le nonne o con
gli zii, a seconda di chi sono i sopravvissuti, di chi sono i congiunti della
loro mamma o del loro papà. Poi c'è una seconda categoria di casi, ed è quella
in cui una coppia in quegli anni lì, sterile o non sterile, ha adottato in
assoluta buona fede un bambino di pochi mesi, perché come Vi dicevo all'inizio
di questa interessantissima trasmissione, in qualche caso, nella fretta, queste
squadracce della morte abbandonavano la creatura davanti a un orfanotrofio.
Nella maggior parte dei casi li davano in adozione. Allora, in questi casi,
nell'orfanotrofio il bambino cresceva come n.n., e lì poteva essere adottato. E
lì la coppia che lo adottava non aveva nessuna notizia sulla provenienza di
questo bambino e quindi era in perfetta buona fede. Quando dopo diciotto, venti
anni, la magistratura argentina, sotto l'impulso delle nonne scopre che in
realtà questo n.n., non è un n.n., è figlio di una scomparsa, a questo punto si
crea una situazione ideale, nel senso che la famiglia può dimostrare al ragazzo
di essersi comportata in perfetta buona fede, avendolo allevato con affetto, in
un ambiente sano. E si stabilisce una sorta di convivenza ideale, non fisica.
Il ragazzo rimane con chi l'ha cresciuto, con chi lo ha allevato, ma entra in
relazione anche con i nonni e con gli zii e c'è una sorta di grande famiglia.
Poi ci sono alcuni casi limitati, ma esistono e va detto con estrema onestà, di
ragazzi che, pur scoprendo che il genitore ha mentito, che il genitore era un
militare, che il genitore era un poliziotto, che il genitore in qualche modo
apparteneva alla categoria di chi si è sporcato le mani di sangue, ci sono due
o tre casi che io ho conosciuto, in cui i ragazzi, quando si è accertato il
fatto e la magistratura argentina ordina l'arresto del genitore, rimangono
solidali con i genitori adottivi. Ci sono due casi: una ragazza, che vive a Mar
del Plata e un ragazzo che vive a Buenos Aires, che ha una sorella più grande,
ha le due nonne viventi, ma che ha preferito rimanere. Pensate che questa
coppia di finti genitori si era separata, e si è riunita per difendersi meglio.
Il magistrato li ha fatto arrestare in attesa di giudizio. E il ragazzo, che
pure si era prestato a sottoporsi all'esame del sangue, pur sapendo che i due
non sono i suoi genitori, è talmente condizionato dall'aver vissuto con questa
famiglia, che rifiuta l'idea di scegliere e di andare a vivere con la sorella,
che pure esiste, perché questa mamma aveva già avuto una figlia, prima di
essere ammazzata, e di andare a vivere con la nonna. Questi è la tipologia dei
casi in cui si scopre che un ragazzo è figlio di una coppia di desaparecidos.
Non so se sono stato chiaro.
STUDENTE: Quali elementi di fragilità sono presenti nell'attuale democrazia
argentina?
MORETTI: La fragilità dipende da due fattori: l'assenza di un sistema
politico solido e una crisi economica e sociale gravissima. Cioè l'Argentina ha
conosciuto alla fine degli anni Ottanta una iperinflazione paradossale. A
questa inflazione il governo peronista ha posto rimedio con una misura che
paradossalmente annullava l'inflazione, ma non i suoi effetti. In che senso?
Nel senso che la moneta nazionale veniva parificata al dollaro, e quindi
l'Argentina degli anni Ottanta, Novanta ha privatizzato tutti i suoi beni,
tutti, e con quello che incassava poteva garantire la parità tra il dollaro e
la moneta nazionale. Però la moneta nazionale, che si chiama peso, talmente sopravalutata,
ha fatto sì che tutti i prodotti argentini non fossero più appetibili sul
mercato, perché carissimi, perché equivalenti a un dollaro, una moneta forte. E
questo ha penalizzato molto l'economia argentina. L'Argentina è gravata da un
debito con l'estero astronomico, che naturalmente deve pagare, che non pagherà
mai, ma di cui dovrà pagare e paga puntualmente gli interessi. Quindi ci sono
gli organismi mondiali che finanziano il pagamento degli interessi, affinché
poi il mondo della finanza delle banche non salti in aria davanti a una
inadempienza di questo paese, una disoccupazione che aumenta giorno dopo
giorno, una mancanza di competitività dell'industria argentina e quindi una
latente situazione di crisi sociale, che è avvertibile e che quindi rende
ancora più fragile le istituzioni. Pensate che all'inizio del mese di aprile,
il Presidente della Repubblica ha chiesto che fossero conferiti pieni poteri a
un ministro dell'economia, che si chiama Cavallo, figlio di piemontesi, e che
già aveva lavorato col governo di prima, dal punto di vista economico. E la
situazione è così debole che a questo ministro hanno conferito pressoché pieni
poteri, nel senso che può fare le leggi, può disporre di norme inedite, può
annullare leggi esistenti. Non può soltanto intervenire, per decisione del
Parlamento, sulle leggi di natura sociale, che riguardano il mondo del lavoro.
Ma la situazione è così scricchiolante, così impoverita, così preoccupante, che
anche l'opposizione, insieme all'alleanza di governo, ha dato pieni poteri a
questo ministro, nella speranza - vana, dicono i tecnici di economia - che
questo paese possa rimettersi in piedi. Quindi in un contesto così delicato il
quadro politico è molto fragile.
Puntata registrata l'11 aprile 2001
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