lunedì 6 gennaio 2020

in Australia, intanto



Australia, bruciano anche le spiagge. Canberra assediata dal fuoco - Marinella Correggia

La discesa agli inferi continua negli Stati australiani del Nuovo Galles del Sud, dichiarato in «emergenza» e di Victoria, per la quale è «stato di disastro», dopo quattro mesi di fuoco. E come in una escalation bellica, le prossime ore saranno ancora più catastrofiche, per via delle temperature elevatissime – fra i 45 e i 50° C e dei forti venti. Nella devastazione ambientale e umana, si ammette una situazione fuori controllo.
ALTRI OTTO MORTI IN 48 ORE, decine di migliaia le persone interessate alle evacuazioni o comunque in fuga. Fra i poteri speciali che derivano dalle dichiarazioni di emergenza e disastro c’è la possibilità di forzare gli abitanti ad andare via. Il premier di Victoria, Daniel Andrews, ha detto in tivù rivolgendosi alle cosiddette 5K o leave zones, le zone rosse: «Dovete partire, non possiamo garantire per la vostra sicurezza». A Mallacoota, cittadina del Gippsland orientale irraggiungibile via strada, le navi della Marina militare stanno portando in salvo una parte dei quattromila fra residenti e turisti, molti dei quali hanno dovuto rifugiarsi sulle spiagge la notte di Capodanno. Per via aerea sono state salvate altre persone in difficoltà, ma le operazioni di soccorso sono ostacolate dal fuoco e dal fumo. Da diverse aree si scappa via terra verso i numerosi centri approntati dalle autorità.
L’ANDAMENTO DELLE FIAMME «ha superato ogni previsione scientifica da parte degli umani e dei computer» ha detto Shane Fitzsimmons, commissario del servizio rurale antincendi (Rfs) dello Stato pi colpito, con 4 milioni di ettari incendiati. «Il fuoco sta facendo quello che vuole del territorio», ha spiegato Andy Gillham del gruppo di controllo degli incidenti a Gippsland; «nei prossimi giorni alcune comunità vedranno le fiamme avvicinarsi praticamente da tutte le direzioni».
E ha continuato: «Non ci sono più posti sicuri in assoluto, ci sono solo posti un po’ più sicuri di altri». Le autorità di Victoria hanno dichiarato che 24 comunità sono tuttora isolate. I team di soccorso cercano di farsi strada per garantirne l’evacuazione prima che il rischio aumenti nel week end. Decine le persone irraggiungibili per la cui incolumità sussistono forti dubbi, per esempio a Gongeerah e Bonang. A Nowa Nowa, dove non c’è elettricità da lunedì, la fonte di informazioni e allerta è una radio condivisa da tutti nell’unico luogo adatto alla ricezione: il parcheggio di un supermercato convertito in accampamento e mensa.
A Genoa sono intrappolati cento abitanti. A rischio soprattutto sulla costa sud orientale i servizi essenziali: «Risparmiate l’acqua il più possibile; l’uso sta superando la capacità degli impianti». Sul lago Conjola, nel Nuovo Galles del Sud, un residente – la cui casa era stata incenerita poco prima – è riuscito a salvare due famiglie di campeggiatori facendo loro posto sulla sua barca, mentre il fuoco correva sulle due sponde.
LE FIAMME BUSSANO alle porte della capitale Canberra: immersa nel fumo degli incendi ha battuto New Delhi come città più inquinata del mondo. L’isola dei Canguri ha già perso 150.000 ettari, oltre a molte abitazioni e residence; «il fuoco è inarrestabile, molto più di quanto prevedessimo», ammette il Country Fire Service (Cfs), mentre i suoi 150 pompieri cercano invano di arginare l’avanzata dei roghi e il servizio di traghetti è impegnato nell’evacuazione. Erano attese per i prossimi giorni le navi da crociera.
CONTINUA IL SILENZIOSO URLO della natura arsa viva. L’intera biodiversità è a rischio. Per gli animali, al fuoco si aggiungono la mancanza di cibo, di acqua e ripari. Un articolo pubblicato dall’Università di Sidney, citando un esperto, il professor Chris Dickman, ha precisato che la stima di 480 milioni di animali probabilmente uccisi in questi quattro mesi di fuoco nel solo Nuovo Galles del Sud si riferisce unicamente a mammiferi, uccelli e rettili ed esclude insetti, pipistrelli, anfibi.
SE MAI SI SUPERERÀ l’emergenza (grazie alle piogge), come mitigare gli impatti degli incendi futuri? Con la prevenzione, la manutenzione dei territori, risorse a sufficienza e più serietà di fronte alla sfida climatica, in un’Australia che dipende molto dal carbone. Ora o mai più. E’ stato contestato dai residenti (ma anche un vigile del fuoco non ha voluto stringergli la mano) il primo ministro Scott Morrison nella sua visita alla località di Cobargo, uno degli epicentri della distruzione, due morti e tante case incenerite. Debole la sua difesa: «Io ascolto chi lavora sul campo ma la stagione dei fuochi si sta prolungando e si presenta più difficile per via della siccità». Ma l’agricoltore Craig Calvert, fra i tanti, ha denunciato ai media «l’incompetenza del governo che ha portato a questi disastrosi mesi di fuoco». Difficile anche ignorare il fatto che l’Australia ha speso, negli anni, molto di più in mezzi militari (e guerre) che nella prevenzione e protezione del territorio.


Incendi in Australia: l’apocalisse e le colpe dei governi conservatori - Pasquale Esposito

L’apocalisse australiana sembra non avere fine. E non odo pentimenti profondi in giro per il mondo tra i tanti che ancora non credo al riscaldamento globale e quelli, ancor di più, che pensano che le cose possano cambiare rotta intervenendo con cautela e moderazione.
I numeri che arrivano dall’Australia sono terribilmente dolorosi, di una devastazione infernale. Un intero ecosistema a partire dal New South Wales che è andato in fumo: quasi 6 milioni di ettari bruciati un’area sei volte più grande degli incendi del 2019 in Amazzonia, sicuramente alcune piante saranno scomparse per sempre, il fumo invade estensioni di territori incalcolabili, si stima che circa 500 milioni di animali siano stati uccisi, ci sono 23 morti, dispersi e molti feriti gravi, abitazioni e strutture ridotte in cenere ed è in corso un’evacuazione di massa dalle città della costa. Le temperature sono le più alte di sempre: ieri a Penrith si sono registrati 48,9° (la più alta temperatura sula Terra ieri) e nella capitale Canberra 43,6°.
Come giustamente ha scritto sul New York Times, lo scrittore Richard Flanagan, l’”Australia si sta suicidando con il clima”, infatti è “dal 1996 i successivi governi conservatori australiani hanno combattuto con successo per sovvertire gli accordi internazionali sui cambiamenti climatici a difesa delle industrie di combustibili fossili del paese. Oggi l’Australia è il maggiore esportatore mondiale di carbone e gas. Recentemente si è classificato al 57 ° posto su 57 paesi per azione sul cambiamento climatico”. Del resto il governo ha continuato per la sua strada negazionista fino a qualche settimana fa e , come scrive l’Economist, “dall’inizio di dicembre alcuni ex vigili del fuoco hanno invitato il governo a organizzare un incontro di emergenza per discutere la minaccia incombente, resa più urgente dal riscaldamento globale. Il primo ministro Scott Morrison, però, aveva altri progetti, e senza comunicarlo alla popolazione ha portato la famiglia in vacanza alle Hawaii. Dopo una pioggia di critiche e la morte di due pompieri in sua assenza, Morrison è tornato poco prima di Natale, ma ha respinto la richiesta di cambiare l’approccio della coalizione liberal-conservatrice per affrontare l’emergenza climatica” [2].
Le dimensioni della catastrofe le danno anche il fatto che alla fine il premier ha deciso dell’invio della più grande nave da guerra australiana per aiutare l’evacuazione dalle città sulla costa vittoriana e di richiamare 3.000 riservisti dell’esercito.
A proposito di navi e militari, Marinella Correggia ci ricorda che è “difficile anche ignorare il fatto che l’Australia ha speso, negli anni, molto di più in mezzi militari (e guerre) che nella prevenzione e protezione del territorio” [3].
Del resto quello di destinare inutili e dannose risorse ad armi e militari è un vizio ignobile di molti stati. Ma la guerra al riscaldamento globale non si fa con gli F35 o le portaerei.
[1] Richard Flanagan, “Australia Is Committing Climate Suicide”, https://www.nytimes.com/2020/01/03/opinion/australia-fires-climate-change.html?action=click&module=Opinion&pgtype=Homepage, 4 gennaio 2020
[2] “Gli incendi in Australia alimentano il dibattito sulla crisi climatica”, https://www.internazionale.it/notizie/2020/01/03/australia-incendi-clima, 3 gennaio 2020
[3] Marinella Correggia, “Australia, bruciano anche le spiagge. Canberra assediata dal fuoco”, https://ilmanifesto.it/australia-bruciano-anche-le-spiagge-canberra-assediata-dal-fuoco/, 4 gennaio 2020


Clima: l’Australia se ne frega del rapporto Ipcc e punta sul carbone

Lo Special Report on Global Warming of 1.5°C dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) appena approvato nel summit di Incheon, tenutosi in Corea del sud, sottolinea che  per limitare il riscaldamento globale entro 1,5° C  è essenziale l’eliminazione graduale  (ma rapida) dell’utilizzo del carbone per produrre energia, ma il vicepremier Michael McCormack, della destra sovranista del National Party –  che con i suoi voti tiene in piedi la fragile maggioranza guidata dal Partito Liberale –  ha detto subito che l’Australia deve «assolutamente» continuare a utilizzare e sfruttare il suo carbone.
L’Australia è uno dei più grandi esportatori di carbone del mondo, ma la Cina ne rimane il più grande consumatore di carbone del mondo. E anche da lì non vengono buone notizie: nonostante le assicurazioni date da Pechino, le immagini satellitari dimostrano che in Cina sono ripresi i lavori per realizzare centinaia di centrali elettriche a carbone. Secondo l’indagine di  CoalSwarm, in Cina si starebbero costruendo centrali a carbone per altri 259 gigawatt, cioè la stessa elettricità prodotta da tutte le centrali a carbone statunitensi, e i tentativi del governo comunista di chiudere molti impianti obsoleti sarebbero falliti. Ma alcuni ricercatori ritengono che la costruzione di queste centrali bbia più a che fare con il potenziamento dell’economia locale in Cina che con l’aumento delle emissioni. Glen Peters, del Centre for International Climate Research  di Oslo, ha detto a BBC News che «In Cina le centrali elettriche a carbone funzionano solo per metà del tempo e si potrebbe obiettare che la nuova capacità non è necessaria. Le nuove costruzioni di centrali elettriche a carbone sono probabilmente basate sul mantenimento dell’economia, in particolare dal punto di vista dei governi provinciali, piuttosto che essere necessarie per la produzione futura di elettricità».
Tornando a McCormack, il vicepremier australiano, ha detto a The Guardian che il suo governo non cambierà politica «solo perché qualcuno potrebbe suggerire che una specie di rapporto è la strada che dobbiamo seguire ed è tutto ciò che dovremmo fare». Liquidato così il rapporto Ipcc, frutto del lavoro di centinaia di scienziati  – compresi quelli australiani indicati dal suo governo – il leader della destra nazionalista  ha aggiunto che «Il carbone ha fornito il 60% dell’elettricità in Australia, 50.000 posti di lavoro ed è stata la principale esportazione del paese».
La ministro australiana dell’ambiente, la liberale Melissa Price, ha detto alla radio ABC che l’Ipcc in realtà avrebbe fatto un’inversione di rotta, chiedendo la fine del carbone entro il 2050 e sottolineando la necessitò di nuove tecnologie come mezzo per risparmiare il carburante inquinante.
In realtà il nuovo rapporto Ipcc  avverte che  per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5° C ed evitare così  una estinzione catastrofica di specie e la distruzione climatica, saranno  necessari «cambiamenti senza precedenti» e che per questo la produzione di energia da carbone dovrebbe terminare del tutto entro il 20500, che è l’esatto contrario di continuare a estrarre carbone come fa l’Australia (e gli Usa) o costruire centrali come fa la Cina.
La lobby del carbone sta spingendo per l’adozione della Carbon capture and storage (Ccs), una tecnologia sperimentale, costosissima e controversa che permetterebbe di stoccare la CO2 prodotta dalla combustione di combustibili fossli sottoterra o sotto il mare. Il rapporto Ipcc è d’accordo sulla necessità di diffondere tecnologie come la Ccs ed altre che catturano la CO2 dall’atmosfera, ma numerosi scienziati ed esperti fanno notare che i progressi tecnologici in questo settore sono troppo lenti per consentire il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni. Inoltre, le energia rinnovabile stanno diventando più economiche rispetto al carbone, un trend che – come dimostrano anche il fallimento delle politiche pro-carbone di Trump – e probabilmente continuerà.
Ma sia gli australiani che l’Amministrazione Usa fanno notare che la Cina produrrebbe circa 993 gigawatt di energia elettrica con il carbone e i nuovi impianti approvati aumenterebbero questa capacità del 25%. E’ anche vero che, a differenza di Canberra e Washington, il governo centrale di Pechino ha cercato di frenare questo boom emettendo più di 100 ordini di chiusura di centrali elettriche. Ma il rapporto di CoalSwarm e le  immagini satellitari suggeriscono che questi sforzi non sono stati del tutto efficaci. La Cina rimane il più grande emettitore di gas serra del mondo, seguito dagli Usa, mentre l’Australia è il 13esimo, ma gli australiani hanno forse il maggior indice di emissioni procapite.
Gli Australian Greens – all’opposizione insieme al Partito Laburista –  dicono che Il Rapporto speciale dell’Ipcc «Delinea una catastrofe climatica di dimensioni e impatto senza precedenti sulla nostra comunità e sulla natura se il riscaldamento globale aumenterà di oltre 1,5 gradi» e fanno notare che secondo gli scienziati «E’ improbabile che tutte le barriere coralline sopravvivano a un riscaldamento globale di 2 gradi, compresa la Grande barriera corallina; a 1,5 gradi l’innalzamento del livello del mare sarebbe di circa 10 cm in meno; A 2 gradi aumenta il rischio di cambiamenti di lunga durata o irreversibili, compresa la perdita di più specie ed ecosistemi. In termini di combustibili fossili, il rapporto rileva che, se si vuole rispettare il limite di 1,5 gradi, l’uso di carbone per produrre elettricità deve essere eliminato entro il 2050».
Jeremy Buckingham, responsabile green energy e risorse dei Verdi australiani  ha sottolineato che «Il rapporto speciale dell’Ipcc è una chiamata alle armi: il prossimo decennio è fondamentale nella lotta per proteggere le persone che amiamo e il nostro pianeta dai cambiamenti climatici pericolosi. Ecco perché la politica dei Verdi è quella di eliminare gradualmente l’estrazione di carbone nel Nuovo Galles del Sud (NSW) nei prossimi 10 anni. La scienza di questo rapporto chiarisce che non possiamo continuare a bruciare carbone e proteggere il clima. Il fallimento da parte del governo federale di avere un politica climatica o una politica energetica credibili».
Per Buckingham, «I prossimi anni faranno definitivamente la storia. Questo governo e il prossimo possono smetterla di giocherellare mentre il clima si scalda oltre il nostro controllo, oppure possono trasformare la nostra comunità, l’economia e il mondo naturale eliminando il carbone e alimentando il nostro mondo con il 100% di energia rinnovabile. Questa trasformazione porterà grandi opportunità per nuovi posti di lavoro e tecnologie innovative: l’Australia può passare dall’essere una miniera ad aprire la strada all’innovazione rinnovabile, esportando la nostra scienza, il nostro know-how e il combustibile solare pulito nel mondo. Il compito di eliminare progressivamente i combustibili fossili è ora urgentemente critico: se il mondo avesse agito dopo l’Earth Summit di Rio del 1992, il compito sarebbe stato più facile, ma Labour e Liberali, prendendo milioni di dollari dai donatori dei combustibili fossili, l’hanno stroncato».
Nel marzo 2019 in Australia si vota per il nuovo Parlamento federale e i Verdi promettono che  faranno della politica climatica ed energetica il tema centrale della loro campagna e Buckingham conclude: «I Verdi sono l’unico partito a occuparsi seriamente dell’emergenza climatica in Australia: quando gli altri partiti  prenderanno provvedimenti per i forti  livelli di riduzione delle emissioni di carbonio o ammetteranno e che non c’è futuro per il carbone o la gassificazione del carbone?»


Incendi in Australia: occhi aperti e…occhi chiusi per sempre - Doriana Goracci

Gli ecologi dell’University of Sydney stimano che 480 milioni di mammiferi, uccelli e rettili siano morti a causa delle fiamme, direttamente o indirettamente, dal mese di settembre 2019 ad oggi gennaio 2020.
Ho visto solo ora due video, uno risale alla fine di novembre, in cui una donna tenta e riesce a salvare un koala dal fuoco e un altro molto recente, 22 dicembre, dove si vedono fuggire i canguri.
Sono immagini drammatiche e l’Australia è lontana.
C’è nel web una bambina di 13anni, che piange mentre le viene detto che potrebbe essere arrestata fuori dalla residenza di Sydney del primo ministro australiano Scott Morrison, che intanto era in vacanza: si chiama Izzy Raj-Seppings, aveva un cartello con sè con su scritto “Sono stanca di guardare il mio futuro bruciare davanti ai miei occhi”
Quel giorno il deputato per i Verdi David Shoebridge è stato arrestato insieme ad altri manifestanti fuori dalla Kirribilli House di Sydney perchè stavano programmando di aspettare lì fino a quando il Primo Ministro Scott Morrison non sarebbe tornato per “affrontare la crisi climatica“.
Perdersi in Australia dà un delizioso senso di sicurezza diceva Bruce Chatwin che in Australia ci andò nel secolo scorso a raccogliere certi canti aborigeni ma sembra che non si trattenne così a lungo e non fu così accurata la sua ricerca.
Claude Levi-Strauss inizia così i suoi Tristi Tropici: “Odio i viaggi e gli esploratori”… Poi più in là: “Viaggi, scrigni magici pieni di promesse fantastiche, non offrirete più intatti i vostri tesori…ciò che per prima cosa ci mostrate, o viaggi, è la nostra sozzura gettata sul volto dell’umanità… Fra qualche secolo, in questo stesso luogo, un altro esploratore altrettanto disperato, piangerà la sparizione di ciò che avrei potuto vedere e che mi è sfuggito. Vittima di una doppia incapacità, tutto quel che vedo mi ferisce, e senza tregua mi rimprovero di non guardare abbastanza“.
Abbiamo anche visto i fuochi d’artificio a Sidney malgrado la richiesta di centinaia di migliaia di persone di fermarli.
Vediamo tutto e non riusciamo a fermare niente.
(*) ripreso da www.agoravox.it

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