Care Compagne e Compagni, le vostre voci che in questi giorni sono giunte
fino a me, portate dall’allegro scoppiettio dei fuochi d’artificio, e che
entrano ogni giorno nella mia cella con lettere e telegrammi, sono il segno che
il Movimento NoTav non lascia solo
nessuno, che il “si parte e si
torna insieme” non è
soltanto un efficace slogan, ma un grido reale di lotta generosa e
fraterna.
Quelle cascate di stelle multicolori nella notte
di Capodanno, alte sulle mura del carcere, erano un ponte capace di
legare a voi non solo me, ma Giorgio, Mattia, Luca e anche Turi,
geograficamente lontano, ma vicino nella bellezza e nella verità delle ragioni
che ci accomunano.
E ho sentito più che mai vicine le nostre ragazze e i nostri ragazzi
rinchiuse nel carcere domestico, i tanti che non possono tornare in Valle o
percorrerla a causa dei fogli di via, i costretti alla firma quotidiana, i
sottoposti a sorveglianza speciale, i multati con salate sanzioni pecuniarie…
Anche le altre detenute stavano alla finestra,
consapevoli che quel saluto luminoso era anche per loro, da parte di una
collettività solidale di cui cominciano a chiedermi e imparano a conoscerne la
storia e le ragioni.
Sappiamo che non c’è più tempo. Bisogna agire qui
e ora per evitare la catastrofe sociale e ambientale, “ridestando i morti
e ricostituendo l’infranto” che la follia del capitale lascia dietro di sé
“nella quotidiana dimostrazione e saccheggio che esso chiama progresso”.
È il momento di essere lucidi e irriducibili, di
mettere in pratica il coraggio e la tenerezza che abbiamo imparato nei giorni
indimenticabili delle Libera Repubblica della Maddalena, un’esperienza che ci
ha creato legami indissolubili da ogni parte del Paese, anzi, del mondo.
La solidarietà che può salvarci è quella che sa
farsi coscienza critica, ribellione attiva al sistema di cui la mia
vicenda non è che la cartina di tornasole: il tribunale che impugna le bilance
della legge è l’altra faccia della guerra all’uomo e alla natura.
Quella guerreggiata con le armi contro
i “popoli di troppo”, con le ruspe contro
i territori destinati ad essere corridoi di traffico per merci, capitali, grandi sporchi
interessi; con la guerra tra poveri contro la solidarietà che fa vivere con manganelli, lacrimogeni e manette contro le popolazioni
che, in nome del diritto alla vita e all’autodeterminazione, alzano le
barricate della resistenza e del conflitto.
In realtà l’unica colpa imputabile al Movimento No Tav è un grande merito:
“veder chiaro nella notte” l’agire di conseguenza.
Le nostre imputazioni sono i nostri meriti: per questo ho deciso di non
piegarmi al tribunale che mi condanna, di non chiedere sconti di sorta. La mia
carcerazione non è che l’atto finale, sancito dai tre livelli di giudizio che
hanno derubricato a reato una
giusta e doverosa protesta sociale, decretando anni di carcere non solo
a me, ma a ragazze e ragazzi, i migliori dei nostri giovani.
Ora, chiusa in questa cella, tocco con mano
l’ingiustizia e l’inutilità del carcere, la cui unica vera funzione è quella
del controllo sociale, sugli ultimi, su chi non ha voce. Non può venire
riscatto dalla vendetta, dalla “pena” che proprio in quanto tale, non ha alcuna
funzione educativa. Qui tutto è
pena, deprivazione di diritti, irrazionalità, tanto più sviante, quanto più
subdola: un mondo al contrario in cui si vaga nel vuoto.
Il popolo incarcerato sogna l’amnistia: ne
discutono continuamente, chiedono notizie, parlano del bisogno di casa, di lavoro, indispensabile
comprovante della libertà. Vi è la giustizia
sociale la vera alternativa al carcere, l’unica prevenzione veramente
efficace… il resto ono buone, inutili intenzioni: poco più che parole al vento
della prepotenza di sempre.
La salvezza sta nel conflitto comune di noi oppressi contro l’oppressore di
sempre.
Con amore,
Nicoletta
(Fonte: Notav.info)
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